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Navigando nell’Oceano della complessità

Intervista a Sauro Succi in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro (Sailing the Ocean of Complexity, Lessons from the Physics-Biology Frontier,Oxford U.P., June 2022)

Sauro, quali sono i temi affrontati in “Sailing the Ocean of Complexity”?

Il libro esplora molti fronti, il primo tra questi è un approfondimento scientifico che riguarda una serie di fenomeni che si evidenziano e si pongono tra fisica e biologia. In particolare, il processo di protein folding.

Mi sono emozionato nel vedere come fenomeni che sono di una complessità apparentemente inarrivabile possono essere descritti seppur in forma approssimata con i metodi della fisica teorica e computazionale; forse non riesci a tradurre appieno ma sono utili per avvicinare il lettore al mondo della complessità. Trovo che questa sia un’opportunità meravigliosa e non solo per un teorico come me. Un’altra chiave di lettura del libro, forse meno poetica e per certi aspetti un po’ “polemica” nei confronti dei media, riguarda l’attenzione che questi ultimi hanno principalmente per fenomeni agli estremi fisici, come le particelle elementari da una parte e il cosmo all’altro estremo, lasciando da parte la fascia intermedia che invece è proprio quella che ci riguarda più da vicino e nella quale la complessità esprime i propri picchi. Mi interessava quindi comunicare al grande pubblico questo tema assai poco esplorato, forse con la sola eccezione delle neuroscienze. Ma oltre questo conosciuto aspetto, vi è un enorme sorgente per il sapere che è racchiuso nella scienza della complessità. Si tratta di entrare in questo mondo che è sotto gli occhi inconsapevoli di tutti. La mia idea è quindi quella di rendere partecipe il lettore attraverso il mio scritto, dello stupore e dell’emozione del fisico teorico che, attraverso gli strumenti teorici e computazionali, ha accesso almeno ad una parte della complessità che fiorisce all’interfaccia tra fisica e biologia. La divulgazione di questa visione vorrebbe compensare l’assenza quasi assoluta della pubblicistica su questo tema (fortunatamente il Nobel della Fisica 2021 a Giorgio Parisi sta smuovendo un po’ le acque in questa direzione).

In questa carenza comunicativa che descrivi e che la tua fatica editoriale cerca di colmare, non intravvedi una scarsa propensione alla divulgazione da parte degli scienziati?

È vero ma fino ad un certo punto. Se agli scienziati vengono concessi degli spazi in ambito mediatico dedicati alla divulgazione scientifica queste opportunità vengono colte con impegno, e spesso anche con buoni risultati. Quando ho collaborato all’iniziativa “La scienza a scuola” (Zanichelli) ho esposto, con le modalità adatte per quell’uditorio, i principi della scienza della complessità ai ragazzi delle scuole superiori, ed è stato un successo.

Non credi che solo il termine complessità evochi nel largo pubblico un senso d’inadeguatezza alla comprensione?

Ovviamente le definizioni contano e inoltre la tendenza da parte della pubblicistica alla massima semplificazione non aiuta la crescita della sensibilità in ambito scientifico e non solo. Quando Richard Feynman venne insignito del Nobel per la Fisica un giornalista gli chiese di sintetizzare in una frase l’elemento portante che sosteneva la motivazione all’assegnazione del premio. La sua risposta fu che se avesse potuto rispondere a questa domanda con una sola frase non avrebbe ottenuto il premio Nobel. Quindi non tutto è semplificabile e immediatamente comprensibile. Fatta salva la capacità del divulgatore, il lettore su alcuni temi si deve anche impegnare con un’attenzione partecipata. Viviamo in una società dove tutto deve avvenire rapidamente con il minimo sforzo ed il massimo risultato. Io mi voglio sottrarre allo slogan “perché devi imparare qualcosa se lo puoi trovare sul web?” e quindi vorrei che il mio lettore potesse trarre dal libro quella profondità, quell’impegno e quell’entusiasmo che sono state la molla del mio lavoro e che vorrei dunque trasferire.

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