Intervista a Matteo Bonfanti, Direttore del Technology Transfer di IIT
Ci eravamo lasciati a maggio con la chiusura di un investimento seed di 800mila euro e prospettive future promettenti, ma la start up Fleep Technologies non si è fermata lì. A pochi mesi di distanza e in un contesto economico globale tutt’altro che favorevole, la start up fondata a maggio 2019 dai ricercatori IIT Giorgio Dell’Erba, Mario Caironi e Paolo Colpani, ha completato il suo primo seed round da 900mila euro con l’ingresso di un fondo di Venture Capital, Eureka Ventures che si è aggiunto ai precedenti investitori. Abbiamo intervistato Matteo Bonfanti, Direttore del Technology Transfer di IIT che ha seguito l’iter di formazione della start up Fleep Technologies a partire dai banconi del laboratorio al CNST di Milano.
Matteo, come interpreti l’ingresso di questo ulteriore investitore in Fleep?
Come una sorta di ciliegina sulla torta di un percorso ben articolato con cui la start up Fleep Technologies è stata capace di riunire un sindacato di investitori completo e unico nel suo genere. Partendo da un “venture builder” come Pariter Partners con un doppio ruolo di fondatore e investitore, che ha poi consentito l’ingresso dei due principali gruppi di Business Angels Italiani (Italian Angels for Growth e Club degli Investitori) e una corporate importante e innovativa come Elemaster e che a loro volta ha consentito di attirare un fondo di Venture Capital. Questo gruppo così eterogeneo dimostra la validità di Fleep e ne accresce le competenze, oltre a garantire di avere investitori disposti a investire anche in futuro, un doppio valore aggiunto.
Possiamo dedurre che ci sono anche in Italia investitori attivi e attenti al trasferimento tecnologico nel settore del deep tech?
Non molti ma ce ne sono; l’importante è trovare quello che possa fare da “catalizzatore”, come è stato Pariter in questo caso, cioè un tipo di investitore che voglia effettivamente impegnarsi nella start-up “hands-on”, fare da apri pista e generare un positivo effetto valanga.
Fleep è un esempio concreto dei progressi della ricerca nell’ambito dei nuovi materiali per individuare sostituti validi del silicio e altri materiali difficilmente smaltibili. La sostenibilità, che è una delle sfide sociali che IIT si pone di affrontare nel suo piano strategico, è il futuro del trasferimento tecnologico?
Ti rispondo come ho risposto durante il webinar che abbiamo organizzato assieme all’Università Bocconi in cui abbiamo riunito i nostri scienziati di Smart Materials con un esperto di economia sostenibile: non penso che le tecnologie sostenibili siano il futuro ma il presente. Questo perché la sostenibilità è un vero cambio di paradigma che necessità di tre pilastri: 1) tecnologie efficaci (ce ne sono già e altre stanno arrivando), 2) contesto normativo e economico a supporto (ti ricordi lo scalpore ad inizio 2020 per aver introdotto l’obbligo dei sacchetti in bioplastiche nei supermercati?) e 3) la cultura delle persone e del consumatore finale per adottare realmente queste soluzioni. Senza la partecipazione attiva dei cittadini la sostenibilità non si potrà mai diffondere in modo pervasivo tra tutti noi.
E perché ritieni che ora sia già diffusa questa cultura?
Voglio fare un esempio pratico e diretto, me ne ha dato conferma una pubblicità di snack e pasta che ho visto in TV in questi giorni. Lo spot termina con “incarto 100% compostabile”. Questa frase è un’autentica rivoluzione. Se solo pochi anni fa un direttore marketing avesse proposto al suo Amministratore Delegato di vendere più snack associando nella mente del consumatore l’idea di confezione “che si butta nella pattumiera dell’umido”, si sarebbe dovuto cercare un altro lavoro. Questo secondo me dimostra che i consumatori oggi prediligono già soluzioni eco-sostenibili.
Piccoli ma grandi segnali dal mercato che ci dicono molto rispetto alla direzione che si sta prendendo!
Esatto, si dice che le disruptive innovations non arrivano mai in modo netto frontale da chi è già leader sul mercato, ma arrivano di lato, in modo quasi nascosto, da chi meno te lo aspetti, come possono essere i 3 secondi finali di una pubblicità di una marca di biscotti che è nota ai più solo per essere lo sponsor di una squadra di calcio.