L’incontro di Isabella Chantre con la mano robotica: tecnologia e comunicazione, di Claudio Rossetti
L’estate scorsa i colleghi della Direzione Comunicazione di IIT invitavano per un seminario nella sede di Morego la giornalista scientifica Roberta Villa. All’incontro partecipano molti nostri ricercatori e la giornalista presenta sui social un video di una nostra ricercatrice che con la mano Hannes stringe un bicchiere di carta. Isabella, che non ha una mano, segue Roberta Villa sui social. Vede il video e prende contatto con IIT.
Inizia qui la storia di Isabella con Hannes che vi raccontiamo.
Isabella, è sempre difficile intervenire su argomenti che coinvolgono la sfera personale, intima delle persone. Raccontare di non avere una mano e certamente argomento delicato. Da dove vuole iniziare?
Innanzitutto, va detto che io sono nata così, senza una mano.
È stata, nella sfortuna una fortuna perché come si può ben comprendere diverso è psicologicamente e praticamente nascere senza una mano dal perdere una mano per una qualsiasi evenienza. Comunque, non mi sono mai sentita menomata e conduco la mia vita con grande serenità e determinazione non arrendendomi mai dinanzi agli ostacoli che si pongono per tutte le donne che, come me, devono crescere dei figli. Nel mio caso tre. Ho sempre cercato di cavarmela da sola. Ho frequentato il liceo artistico, dipingo e faccio sport, cucino e porto a spasso i miei cani. Sono serena.
Le protesi che sono state nel tempo realizzate sono progressivamente migliorate sia per l’efficienza sia per l’evoluzione estetica. Qual è stata la sua esperienza?
La mia prima protesi elettrica l’ho indossata nel 1981. Avevo nove anni e forse anche perché ero molto piccola non mi sono trovata molto bene. La usavo solo per sciare e poi la riponevo in un cassetto. Ho convissuto sempre con la stessa protesi estetica dell’INAIL. Poi, dopo quasi cinquant’anni, ho saputo di Hannes e quando l’ho potuta avere ho finalmente capito cosa volesse dire avere una seconda mano. Si tratta di una sensazione indescrivibile. Se dietro Hannes non ci fosse tanta scienza, direi che si tratta di una magia.
Come ha saputo che i ricercatori di IIT avevano messo a punto la nuova mano protesica Hannes?
Tanti anni fa Alessandra Puato, giornalista del Corriere della Sera, mi aveva parlato dello straordinario lavoro di ricerca che veniva sviluppato all’IIT di Genova, ma non avevo fatto mente locale sugli aspetti dedicati alla protesica. La giornalista e divulgatrice scientifica Roberta Villa è, come Alessandra, una mia carissima amica e l’estate scorsa ho visto un suo video in Instagram girato in un centro IIT che ha sede a Genova.
La Villa ha presentato in quell’occasione Chiara Storchi, Technician del laboratorio congiunto IIT-INAIL, Rehab Technologies di IIT, che stringeva nella mano Hannes un bicchiere di carta. Sono stata colpita e sorpresa dai movimenti della mano protesica e ho chiesto a Roberta di mettermi in contatto con Chiara.
A settembre sono stata invitata al Center for Convergent Technologies di IIT, e Giulia Caserta, Technician di Rehab Technologies, mi ha proposto di testare Hannes. Occasione che ho colto con entusiasmo.
È stata una prova che poi si è successivamente consolidata. Oggi utilizzo Hannes, che fin dal primo incontro mi ha dato una emozione indescrivibile. Nel video girato quel giorno si intuisce la mia felicità. Dopo quel test, quando utilizzai una mano del laboratorio, e stata messa a punto una protesi su misura per me e dopo un primo periodo di adattamento ora non posso più separarmi da Hannes.
Come la sta aiutando Hannes nelle sue attività quotidiane?
Con Hannes posso fare tutte quelle numerose, e a volte piccole, azioni che si fanno solitamente nel corso di una giornata. Sono tantissime e sono parte della routine quotidiana: dall’allacciarsi una scarpa, a portare i cani a spasso avendo a disposizione due mani, o aprire un pacchetto. Insomma, come poter finalmente usare una seconda mano che non ho mai avuto. Sono riuscita con una mano a tenere i miei cani, due pastori australiani, e nell’altra un sacchetto! Sono ancora un po’ timorosa usando Hannes in cucina perché ho paura di rovinarla a contatto con pentole, fuoco, e attrezzi vari.
Forse, mi permetto un consiglio, il guanto di Hannes andrebbe un po’ rinforzato per una versione da chef ma nel frattempo gli amici di IIT mi ne hanno prontamente inviato uno nuovo.
L’estetica delle protesi è un valore aggiunto molto importante per gli utilizzatori. Qual è il suo parere su questo aspetto?
Molto positivo, ed esprimo questo parere a ragion veduta. Prima di giungere ad Hannes mi ero impegnata nel cercare di valutare tutte le protesi in commercio per poter poi scegliere quella più adatta alle mie esigenze, sicuramente pratiche, ma anche estetiche. La mia conclusione è stata che le altre protesi in commercio hanno delle complessità tecnologiche che impegnano troppo l’utilizzatore. Hannes vince perché il suo utilizzo e semplice come deve essere una mano: versatile con dei movimenti aggraziati che, quando ho visto il video di Roberta Villa, mi hanno conquistato.
Vi sono a suo modo di vedere delle opportunità di miglioramento anche nel sistema assistenziale per ottenere Hannes?
Io sono cittadina svizzera e utilizzo il sistema assistenziale privato e ciò permette la velocizzazione delle pratiche per spese sanitarie e di acquisto della mano protesica. Per quanto ne so, sono più lunghi i tempi attraverso il servizio sanitario nazionale italiano. Peralto, se si approfondisce il tema dei costi delle mani protesiche il valore di Hannes sul mercato è molto competitivo.
Vi sono tante persone, nel nostro Paese, che per motivi diversi hanno perduto un arto. Le ripercussioni psicologiche e pratiche di accadimenti tanto traumatici sono evidenti. Cosa comunicare a queste persone sulla scorta della sua esperienza?
È molto importante comunicare e diffondere questa esperienza attraverso tutti i canali disponibili. La mia impressione è che molte persone senza una mano, non sappiano che è possibile utilizzare Hannes. Gli aspetti psicologici condizionano la vita di molti che si sono trovati per motivi diversi a dover convivere con una menomazione. Uno su tutti, la paura di mostrarsi. L’aspetto estetico delle protesi può essere un ulteriore motivo che rende difficile l’utilizzo e quindi l’evidenza di avere come, nel mio caso, una mano artificiale. Le protesi che si utilizzavano in passato erano statiche, con improbabili colori che riproducevano la pelle. Questi arti artificiali non invitavano certamente all’esibizione. Le protesi oltre che essere funzionali, devono essere belle e così si supera il problema di tenerle nascoste. Bisogna far vedere la nostra mano artificiale perché è una parte di noi e la dobbiamo poter rendere il più attrattiva possibile come la mano naturale. Si tratta di sensibilizzare sull’eccezionale sviluppo tecnologico delle protesi che si concretizza in Hannes, lavorare sulla costruzione di una positiva percezione degli arti artificiali sia da parte degli utilizzatori sia di tutte le persone. Siamo al cospetto di autentici miracoli tecnologici, che aiutano tante donne e uomini a vivere meglio ed avere un normalissimo ruolo sociale, personale e professionale.
Io mi impegno quotidianamente nel diffondere queste idee grazie alla mia positiva esperienza con Hannes e spero di continuare ad essere testimonial di questa bellissima storia.