Chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale
Cos’è realmente il “valore”? Chi crea ricchezza? Come decidiamo il valore delle cose che produciamo e quanto spetta a chi le realizza?
Accolto con grande favore dalla critica, l’ultimo saggio di Mariana Mazzucato “Il valore di tutto. Chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale” esorta a ripensare profondamente il tema del “valore”. Questione cruciale per ogni teoria economica ma relegata, negli ultimi decenni, ai margini del dibattito pubblico.
A giudizio dell’autrice – docente di Economia dell’innovazione e del valore pubblico presso l’University College London dove dirige l’Institute for Innovation and Public Purpose – la distinzione tra i processi di creazione e di estrazione del valore è oggi alterata da una narrazione mainstream che disconosce la funzione di attore produttivo svolta dallo Stato, attribuendola invece a settori finanziari divenuti, a seguito di una lunga stagione di deregolamentazioni, sempre più autoreferenziali, orientati a dinamiche di breve termine e all’estrazione di valore. Per Mariana Mazzucato, questa rappresentazione genera conseguenze profonde sull’assetto e sulle prospettive della comunità: rallenta l’innovazione, ostacola l’adozione di modelli di sviluppo più inclusivi, determina una crescente disuguaglianza sociale.
Sono gli effetti di una visione economica riconducibile al marginalismo, implicazioni, spesso celate nella narrazione mainstream, su cui “Il valore di tutto” intende fare luce, proponendosi come “un libro che ci obbliga a mettere in discussione convinzioni date ormai per scontate sul funzionamento dell’economia e su coloro che ne traggono profitto”, come rimarca Martin Wolf, chief economics commentator del Financial Times.
Una parte significativa del saggio è dedicata all’analisi critica di temi spesso ai margini del dibattito economico: la scarsa distinzione tra attività finanziarie e produzione di valore; l’uso perverso dei brevetti che operano limitando – piuttosto che favorendo – l’innovazione; il mancato riconoscimento della funzione produttiva dello Stato e delle reti sociali.
Numerose sono le riflessioni originali sviluppate del libro, tra esse, merita certamente di essere segnalata l’analisi dell’autrice sulla relazione tra l’innovazione e l’estrazione del valore. Un approfondimento che verte soprattutto sulle esternalità della rete dei grandi player digitali e sulle politiche dei brevetti del settore farmaceutico, mostrando, con solide argomentazioni e riferimenti quantitativi, come i soggetti provati operino estrazione di valore aggiungendo al profitto industriale quote in realtà ascrivibili al quadro degli investimenti pubblici.
Si tratta di dinamiche che si sono consolidate negli ultimi decenni, dove l’estrazione del valore è stata premiata più della sua creazione, complice una narrazione che ha confuso chi estrae profitti e chi produce effettivo valore.
“Il valore di tutto” è un saggio di grande originalità e, al tempo stesso, un invito – ispirato a una visione rinnovata della funzione dello Stato nella crescita e nell’innovazione – ad operare lungo una prospettiva più inclusiva, dove la creazione di valore generi benefici per tutti. Come sottolinea Robert Costanza, su Nature, l’opera di Mariana Mazzucato è “un convincente appello a ripensare il valore come la chiave per realizzare il mondo che tutti noi desideriamo” [1].
L’autrice suggerisce il superamento della teoria della Public Choice di James Buchanan e propone modelli di crescita rinnovati, dove lo Stato possa svolgere un ruolo centrale nello sviluppo dell’innovazione e nella creazione di valore. Una funzione da remunerare in quanto tale, non necessariamente attraverso le tasse, perché è necessario che lo Stato sia remunerato per i benefici che produce quando crea innovazione attraverso gli ingenti investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico. È opinione di Mariana Mazzucato che gli investimenti strategici dello Stato restino fondamentali per l’innovazione, “l’innovazione è un processo collettivo, con diverse istituzioni pubbliche che giocano un ruolo chiave”, tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche furono rese possibili dal settore pubblico che agisce come un investitore di prima istanza.
Accanto al riconoscimento del ruolo economico svolto dello Stato, l’autrice sottolinea la necessità di superare la preminenza delle strategie a breve termine, recuperando la propensione ad investire in funzione di prospettive di realizzo a lungo termine e rimettendo in campo il cosiddetto “capitale paziente”. Non si tratta quindi di riproporre, in una prospettiva keynesiana tradizionale, l’intervento correttivo dello Stato a rimedio di situazioni contingenti, ma la visione del settore pubblico come attore attivo della creazione di valore e soggetto continuativo dell’innovazione e dello sviluppo tecnologico.
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RIFERIMENTI
[1] Robert Costanza “How to retool our concept of value”
https://www.nature.com/articles/d41586-018-04534-1
SCHEDA DEL LIBRO
Titolo: Il valore di tutto. Chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale
Titolo originale: The Value of Everything: Making and Taking in the Global Economy
Autori: Mariana Mazzucato
Editore: Laterza
Anno edizione: 2018