Cura e innovazione
Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare e teologo, intrattiene da tempo con i nostri ricercatori un vivace scambio culturale. Il suo ultimo libro “Tecnologia per l’uomo. Cura e innovazione” è l’occasione per ritornare a leggere quanto Benanti anche in questo scritto elabori su un tema d’interesse universale: il significato etico e antropologico della tecnologia. Il volume, secondo l’autore, ha un obiettivo molto preciso: far emergere come il pontificato di Francesco accolga la sfida che le tecnologie, specie quelle digitali, ci lanciano quotidianamente e in che direzione il pontefice ci inviti a procedere perché il grande potere della tecnologia sia uno strumento al servizio della ricerca e costruzione del bene comune. Per approfondire questi concetti il testo è organizzato in tre grandi capitoli. Il primo sviluppa il concetto di tecnica e tecnologia, il secondo invita il lettore a meditare sulle domande che oggi la tecnologia ci pone ripercorrendo anche alcune tappe significative nella relazione tra tecnologia e riflessione della Chiesa che ben si comprendono seguendo il cammino della Dottrina Sociale di quest’ultima. Il terzo capitolo affronta la contemporaneità che Benanti introduce con una domanda: come vivere e abitare la Digital Age? Il filo conduttore di questo libro è l’impegno dell’autore nel cercare di trasferire attraverso analisi e citazioni di filosofi, in particolare nel primo capitolo, affinché si comprenda come l’innovazione possa accompagnarci verso un autentico sviluppo umano. Raggiungere questo obiettivo non è semplice e se ne ha la prova quando l’autore, nella seconda parte del testo, ci accompagna in una originale e chiarificatrice analisi per comprendere come, oggi, l’etica della tecnologia interroga l’artefatto tecnologico e il suo utilizzo. Langdon Winner nel suo scritto del 1980 “Do Artifacts Have Politics?” si chiedeva provocatoriamente se gli artefatti tecnologici avessero una funzione politica. Winner dimostra come le macchine e tutto ciò che permette la produzione industriale debbano essere valutati non solo per il loro contributo all’efficienza e alla produttività, non solo per gli effetti collaterali positivi e negativi per l’ambiente ma anche per gli effetti che possono produrre ponendosi come forme di potere e autorità. Interessante per chiarire questo concetto l’esempio che propone Winner. Una serie di cavalcavia costruiti nello stato di New York tra gli anni venti e sessanta su strade che conducevano a Long Island avevano misure fuori standard, erano più bassi che nel resto del paese. Ciò permetteva all’esiguo numero di bianchi che possedeva le automobili di raggiungere le spiagge, escludendo tutte le altre minoranze etniche che viaggiavano in autobus troppo alti per passare da quei cavalcavia. Questo efficace esempio dimostra secondo Benanti come la tecnologia diventando, in questo caso infrastruttura, non possa essere compresa come un qualcosa di neutrale. Nella progressiva tecnologicizzazione della società l’idea di una relazione mano-artefatto, continua l’autore, come unico momento etico sembra non più capace di proporre lo strutturarsi di relazioni, scelte con valore etico e possibilità che fondano il complesso tecnologico e ne sostengono il funzionamento. L’etica nel suo porre in questione la tecnologia deve anche portare la sua incalzante domanda di senso a questo livello: difficile da vedere ma efficacissimo nel plasmare i limiti della libertà del suo utente. Benanti nell’ultima parte del volume analizza la posizione odierna della Chiesa sul tema tecnologico e la presenza del digitale come forma di tecnologia dominante ripercorrendo il testo dell’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” dalla quale si trae che: “La tecnologia ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano … Tuttavia non possiamo ignorare che le capacità che abbiamo acquisito “ci offrono un tremendo potere”. Anzi danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano e del mondo intero. Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo”. L’enciclica sottolinea come ci sia bisogno di una “coraggiosa rivoluzione culturale” per recuperare i valori e la percezione di ciò che è importante nel processo di trasformazione tecnologica. Quando la tecnologia, sottolinea Benanti, diventa strumento di attuazione del pensiero unico, di quello che il pontefice definisce “pensiero tecnocratico”, allora la sua natura si perverte e diviene strumento di disumanizzazione e di distruzione della casa comune saccheggiandola, danneggiandola irreparabilmente e configurandosi come attuazione efficientissima del danno ecologico.
Titolo: Tecnologia per l’uomo
Autore: Paolo Benanti
Editore: San Paolo
Anno edizione: 2021