Per il suo importante contributo nell’ambito della psicofisiologia
Per il 2021 il premio è stato assegnato a Cristina Becchio, P.I. di IIT a capo del Laboratorio Cognition, Motion and Neuroscience.
Nel corso della cerimonia di premiazione in occasione del Congresso Nazionale SIPF 2021 a Palermo, Becchio ha tenuto una lectio magistralis dal titolo “Mindreading at the intersection of encoding and readout”.
Cristina, ci illustri in sintesi il tuo intervento?
L’intervento ha avuto come tema il mindreading, un tema molto dibattuto nell’ambito delle neuroscienze cognitive, di cui in realtà sappiamo poco. Nel 2018 la rivista Nature dedicava la copertina del numero di ottobre al mindreading nella seppia: https//www.nature.com//articles/d41586-018-07023-7. Le seppie hanno cellule epiteliali specializzate (cromatofori) che possono cambiare il colore. I cambiamenti di colore riflettono stati interni alla seppia e possono essere usate per mandare segnali. La tesi che ho sostenuto è che la cinematica del movimento costituisce l’equivalente umano dei cambiamenti di colore della seppia. Come i cambiamenti di colore nella seppia, il modo in cui ci muoviamo veicola informazioni sui nostri stati interni. Nel mio laboratorio studiamo il codice cinematico, ovvero come l’informazione è codificata nel movimento e come viene letta.
Ti è stato conferito un premio alla carriera. Quali sono i passaggi fondamentali del tuo percorso professionale?
Il primo passaggio, fondamentale, è stata la scelta di studiare filosofia sapendo di essere in realtà interessata al funzionamento della mente e del cervello. Potrebbe apparire una scelta contradditoria, ma si è trattato di una scelta consapevole, che rifarei. Un secondo passaggio fondamentale è stata la scelta di applicare per un grant ERC e, dopo averlo vinto, di utilizzarlo in IIT per costruire un vero laboratorio, in cui far crescere la mia ricerca. Un terzo passaggio, la scelta di dimetterti nel 2020 dalla posizione di Professore Ordinario per dedicarmi a tempo all’attività di ricerca in IIT.
Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
Fare scienza migliore di quella che ho fatto. La decisione di abbandonare l’Università per dedicarmi alla ricerca a tempo pieno è stata in funzione di questo obiettivo ed è questo l’obiettivo che mi propongo di realizzare. Negli anni in IIT, con i miei collaboratori abbiamo lavorato duro per aumentare il rigore metodologico delle nostre ricerche e la riproducibilità dei dati e costruire una solida base concettuale e sperimentale per lo studio del codice cinematico. L’obiettivo ora è sfruttare questa base per andare oltre, esplorare nuove idee, sviluppare soluzioni che sfidano i paradigmi attuali, dallo studio della cinematica fetale a ricerche che sfruttano il movimento dell’arto fantasma per realizzare un controllo protesico più intuitivo.
La comunità scientifica, e il premio SIPF lo certifica, apprezza il tuo lavoro. Un valore ulteriore è dato dal fatto che sei una donna e in passato, come sai, i riconoscimenti a esponenti del mondo femminile erano piuttosto scarsi. Sta cambiando qualcosa?
Vorrei che il fatto di essere donna non fosse considerato un valore ulteriore. Il fatto che venga considerato tale è indice di un problema di uguaglianza di genere che permane. Si tratta di un problema di cui a lungo, personalmente, non mi sono ‘accorta’. Un po’ perché il problema non riguarda le fasi iniziali e intermedie di carriera. In queste fasi, le donne rappresentano una quota maggiore di scienza e tecnologia rispetto al passato e fra i candidati dottorandi, la rappresentanza femminile oggi supera addirittura quella degli uomini, anche nelle discipline STEM. La proporzione donne/uomini si inverte tuttavia a stadi più avanzati di carriera, dove la presenza femminile si riduce progressivamente, fino al cosiddetto soffitto di cristallo. Si tratta di un soffitto apparentemente invisibile, ma difficilmente valicabile, da alcuni (anche donne) descritto più come un mito che una realtà.
Che si trattasse di una realtà, personalmente, l’ho scoperto battendoci la testa.
Non me lo aspettavo e questo mi ha fatto riflettere. Non ho soluzioni facili da proporre. Mi limito a due riflessioni. Oggi si chiede alle organizzazioni di dotarsi di un gender equality plan. Questi piani dovrebbero esplicitamente affrontare il problema del soffitto di cristallo, a partire da una valutazione, anche numerica del problema. Produrre dati circa la proporzione uomini/donne, senza considerare la distribuzione sui diversi ruoli, non dovrebbe più essere ritenuto sufficiente. La seconda riflessione riguarda la consapevolezza e i modelli: è importante che non solo si diffonda la consapevolezza del problema, ma che passi anche l’idea che il soffitto di cristallo può e deve essere valicato. E per questo penso sia importante, anche qui parlo per esperienza personale, l’esempio di donne e scienziate che lo hanno valicato. E’ importante vedere che può succedere.