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Didattica inclusiva al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova

Intervista alla Professoressa Tiziana Canfori, docente di accompagnamento pianistico e delegata del Direttore per l’inclusione

Due giorni di incontri tra esperti al Conservatorio Paganini per fare il punto sulla didattica inclusiva. La Professoressa Tiziana Canfori, docente di accompagnamento pianistico e delegata del Direttore per l’inclusione, fa parte del coordinamento nazionale dei delegati per le disabilità e i DSA (disturbi specifici dell’apprendimento N.d.R.) dei Conservatori di Musica. Al suo tenace impegno è dovuta l’organizzazione del convegno seguito in presenza e on line da un folto pubblico.

Professoressa Canfori come nasce l’idea di questo convegno?

Mi sono resa conto seguendo il tema delle disabilità che vi è un bisogno in diversi conservatori di interpretazione e chiarimento su questo argomento. La didattica inclusiva vede le scuole di istruzione musicale che svolgono un programma di studi universitario buone ultime, dopo secondarie, superiori e univerità, nell’affrontare il percorso della didattica inclusiva. I conservatori si confrontano non solo con aspetti organizzativi ma anche con retaggi culturali che devono superare lo storico concetto dell’accademia esclusiva con quello più moderno e socialmente utile dell’inclusività.  Alla luce di queste considerazioni siamo intervenuti nella didattica superando l’idea che uno studente del conservatorio sia emanazione e quasi proprietà del professore che lo segue. Egli è invece con i suoi progressi e con i suoi problemi un patrimonio di tutta la scuola. Per dare un senso pratico a questa visione sono stati costruiti rapporti molto fruttuosi con università di Genova e IIT che hanno portato nuove competenze e spunti che ci fanno comprendere come la musica potrebbe essere utile in ambito medico e psicologico.

Tra i tanti argomenti trattati ve ne è uno, la musicoterapia che forse è un tema un po’ abusato. Non trova che questo argomento sia lontano da quanto si prefigge il Conservatorio?

La mia risposta concerne due aspetti: il primo riguarda l’analisi dello stato odierno della musicoterapia nel nostro Paese che vede tanta buona volontà in una organizzazione abbastanza caotica che non prevede un albo specifico dei musicoterapisti. Il musicista con i suoi titoli entra in un’associazione e poi può lavorare indifferentemente con dei bambini o con degli anziani senza inserirsi in percorsi educativi, formativi o terapeutici definiti attraverso parametri professionali certi. Il livello più importante a mio modo di vedere sull’utilizzo della musicoterapia ritorna invece al rapporto con università e centri di ricerca con i quali sviluppare un’idea comune di questa disciplina per farla studiare in percorsi universitari paralleli che prevedano, per esempio, fisiologia, neurologia, psicologia e musica procedere insieme. Ciò dovrebbe avvenire già nel triennio e non successivamente attraverso dei master. La figura del musicoterapeuta non può essere sbilanciata o verso la musica o verso gli aspetti medici e terapeutici ma deve essere integrata in un piano di studi che si sviluppi nel tempo. Così avremo insieme il bravo terapeuta e il musicista competente.

I giovani dovrebbero essere il bacino naturale entro il quale l’ascolto della musica o il suo studio hanno il miglior e salvifico utilizzo. Gli episodi abbastanza diffusi di violenza anche tra i giovanissimi fanno pensare che giovani e musica non stiano più insieme. Cosa ne pensa?

La musica è diventata essenzialmente, nel modo in cui si guarda al mondo giovanile, un bene di consumo: quando un politico parla di musica propone uno studio di registrazione oppure offre facilitazioni per concerti glamour oppure assistiamo al fiorire dei talent. Tante facce di un consumo molto grezzo e poco formativo. Invece, io vedo un notevole numero di giovani che incanalano la loro creatività nello studio della musica che diviene anche un notevole supporto per il loro sviluppo mentale e per la costruzione di solidi rapporti sociali e professionali. I ragazzi che utilizzano strumenti classici o antichi, oppure si cimentano nella musica elettronica o pop, devono essere protagonisti del loro futuro e non semplici fruitori paganti di una macchina del presunto divertimento che li tiene a distanza.

Professoressa, con IIT abbiamo iniziato ormai da un triennio un’interessante collaborazione. Ci conferma che con i vostri allievi riusciremo a comporre le colonne sonore per i nostri video?

Sì, confermo e sottolineo l’importanza di questo scambio molto formativo tra i ricercatori dell’IIT e i nostri professori e allievi. Come promesso il prossimo impegno sarà una performance musicale tra i nostri allievi e i vostri robot. A sottolineare la collaborazione tra Conservatorio e IIT nel corso della prima giornata del Convegno Monica Gori responsabile del gruppo di ricerca U-VIP Unit For Visually Impaired People ha proposto attraverso un brillante intervento la sua esperienza con i bambini non vedenti che utilizzano i dispositivi che Gori e il suo gruppo hanno messo a punto.

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