Pubblicato su Science lo stato dell’arte e le prospettive dei nanomateriali in campo energetico
Lo sviluppo esponenziale del settore dell’elettronica di consumo (computers, telefoni cellulari, tablets) e dei veicoli elettrici, accoppiata all’evoluzione di dispositivi medici e tecnologie di frontiera come wearables e “internet of things” hanno reso l’elettricità la maggiore fonte di energia per la stragande maggioranza di queste applicazioni. L’evoluzione continua di questi dispositivi e la necessità di immagazzinare l’energia proveniente da fonti rinnovabili quali ad esempio celle solari e impianti eolici necessita una profonda rivisitazione dei sistemi convenzionali di accumulo energetico.
Indiscutibilmente, è necessario diversificare le tecnologie di immagazzinamento energetico, progettando le tecnologie per l’energia verde del futuro in preparazione all’uscita dal fossile entro il 2050, e raggiungere un significativo miglioramento delle performance. Di fatto, la stragrande maggioranza dei piani di sviluppo per l’energia sostenibile sono basati sul controllo del consumo energetico e lo sfruttamento di risorse rinnovabili.
La criticità per l’attuazione di questi piani di sviluppo è legata al continuo miglioramento della tecnologia di immagazzinamento energetico. Il problema principale è comunque legato al fatto che i materiali elettrochimici convenzionali sono arrivati al culmine del loro sviluppo e difficilmente potranno tenere il passo con il progresso tecnologico attuale. E’ quindi indispensabile sviluppare nuovi materiali con proprietà elettrochimiche superiori rispetto ai materiali convenzionali.
In questo contesto, materiali di dimensioni nanometriche (sulla scala dimensionale del miliardesimo di metro), che possiedono alta conducibilità accoppiata ad alta resistenza meccanica e flessibilità, permetteranno di ridurre il peso ed al contempo impartire proprietà di flessibilità ai dispositivi. Queste caratteristiche sono fondamentali per lo sviluppo di dispositivi di nuova concezione, dove flessibilità e leggerezza hanno un ruolo determinante.
In un report pubblicato sulla rivista Science (“Energy storage: The future enabled by nanomaterials”), un team di ricercatori Internazionali ha analizzato gli sviluppi avvenuti negli ultimi vent’anni nel campo dei nanomateriali per immagazzinamento energetico, delineando i passi futuri necessari per il raggiungimento della sostenibilità energetica. “Su scala di laboratorio è stato recentemente dimostrato che batterie e supercondensatori basati su nanomateriali hanno raggiunto performance nettamente superiori rispetto ai dispositivi commerciali sia in termini di densità di energia e potenza” afferma Francesco Bonaccorso ricercatore dei Graphene Labs dell’Istituto Italiano di Tecnologia e Direttore Scientifico di Bedimensional S.p.A. e coautore della pubblicazione.
“La sfida adesso è rivolta verso l’implementazione effettiva dei nanomateriali in dispositivi commerciali. Qui l’attività di trasferimento tecnologico e innovazione deve necessariamente coinvolgere i grandi produttori di batterie e supercondensatori”. Infatti, come evidenziato nell’articolo, è fondamentale superare lo scetticismo diffuso della comunità industriale delle batterie. I problemi principali che rendono dubbiosi i “battery manufacturers” sono legati sia alla stabilità e alla durata sia ai costi associati all’uso dei nanomateriali.
Effettivamente, come analizzato nella pubblicazione, l’alta area specifica superficiale dei nanomateriali li rende molto reattivi con l’elettrolita, causando processi irreversibili che compromettono le performance elettrochimiche e la stabilità e durata dei dispositivi. L’aggregazione dei nanomateriali quando assemblati negli elettrodi dei vari dispositivi energetici è un’altra problematica importante da risolvere. In aggiunta, i costi e la manufatturabilità dei nanomateriali sono altri elementi che al momento hanno precluso il loro uso massivo in dispositivi commerciali. Ad oggi, solo alcuni nanomateriali come il grafene, i nanotubi di carbonio, carbone nero e nanoparticelle di silicio, vengono utilizzati, principalmente come additivi, in dispositivi commerciali.
“Le strategie future per una integrazione sempre più dirompente dei nanomateriali nei dispositivi di immagazzinamento energetico di prossima generazione è legata all’ingegnerizzazione dell’assemblaggio dei nanomateriali in elettrodi con geometria controllata” afferma Bonaccorso.
Il valore aggiunto dell’esistenza di una “miriade” di nanomateriali è il fatto che essi possiedono proprietà diverse e complementari e che possono essere combinati insieme come dei mattoncini Lego per creare delle strutture simili a dei sandwich multistrato, con proprietà dettate dalla composizione e scelta dei nanomateriali costituenti la struttura.
Per esempio, è strategico combinare nel processo di fabbricazione degli elettrodi di una batteria nanomateriali ad alta conducibilità come il grafene con altri come alcuni ossidi (MnO2 o Nb2O5).
La realizzazione di elettrodi con un’architettura così sofisticata però potrebbe non essere compatibile con l’uso di tecniche di produzione convenzionali, richiedendo invece l’utilizzo e lo sviluppo di processi di manifattura avanzati ed innovativi come la stampa ink-jet, 3D printing, deposizione roll-to-roll. “L’utilizzo di questi processi produttivi ha il valore aggiunto della possibilità di realizzare dispositivi energetici flessibili, indossabili come ad esempio in giacche da montagna in grado di alimentare il nostro smartphone o in elementi di arredo in grado di alimentare il nostro ecosistema domotico, ma anche l’integrazione delle batterie e supercondensatori in elementi strutturali, come ad esempio nel telaio di un’autovettura o sulla cover di uno smartphone”, conclude Bonaccorso.
In uno scenario scientifico e commerciale così complesso e variegato è difficile fare una stima del tempo che dovremmo attendere per poter accedere a queste nuove tecnologie legate all’accumulo e lo stoccaggio dell’energia. La necessità però è concreta e molti team di ricerca si stanno muovendo nel mondo già da tempo attirando fondi pubblici e privati. La soluzione al grande problema energetico globale è alle porte e potrebbe misurare non più di qualche miliardesimo di metro.