Intervista a Piero Carninci, Deputy Centre Director all’IMS – RIKEN di Yokohama in Giappone
Piero Carninci è genetista di fama internazionale e vive in Giappone da quasi 25 anni. Lavora come Team Leader del “Laboratory for Transcriptoem Technology” e anche Deputy Centre Director all’IMS – RIKEN di Yokohama, in Giappone. Da poco gli è stato chiesto di creare il centro di genomica dello Human Technopole, il “ponte tra Italia e Giappone” come ama definirlo.
Tra le sue passioni non c’è solo la genomica, è un uomo molto impegnato nello sport: palestra, corsa, football. Una vita dedicata al tenere “mens sana in corpore sano”.
Ciao Piero, come stai innanzitutto e come sta il Giappone?
Grazie Valentina, mi fa molto piacere sentirti. Io sto bene.
In Giappone sto bene. Il Giappone è stata la mia “America”, sono arrivato 25 anni fa a Tsukuba, ho trascorso gli ultimi 12 anni a Yokohama, una citta col mare, il porto e le colline. Mi ricorda Trieste per la vivibilità, perché ti fa sentire a tuo agio ma anche per i ristoranti, i bar, gli amici nei locali che chiudono ben dopo mezzanotte, per gli amici dello stadio, per gli amici della squadra di calcio. Per la curiosità delle persone che incontri, che ti rispettano e ti fanno sentire a tuo agio. E tanti poi il Giappone è pieno posti bellissimi, tra mare, montagna e natura. Il Giappone sta abbastanza bene anche in queste settimane, a parte l’emergenza COVID-19 si intende, ma sembra non toccarci troppo (ancora).
Sono residente oramai da tanti anni e mi permetto anche di criticarne alcuni aspetti, cosa che un ospite non farebbe.
Il mestiere del ricercatore è fatto di meeting, viaggi dentro il paese in cui si lavora e in giro per il mondo. Diciamo così, è uno dei mestieri che intende il peregrinare come una componente del mestiere stesso. Quante volte all’anno eri abituato a volare per lavoro?
Io faccio di solito 10-12 voli intercontinentali all’anno. Talvolta anche di più. Il che significa volare una settimana in Europa, avere problemi di fuso orario, ritornare, avere di nuovo problemi di fuso orario, spesso quindi vivere una metà del proprio tempo a combattere con le ore sbagliate. O a sforzarsi. O a studiare come sto maledetto fuso orario potrebbe funzionare!
Hai dovuto annullare qualche volo in queste settimane o per le settimane che verranno? Che viaggi erano? (meeting per progetti, meeting per paper, conferenze internazionali?)
Sarei dovuto andare a Washington nei giorni 30 e 31 marzo per lo Human Cell Atlas meeting assieme al NIH, ma per il virus siamo tutti in teleconferenza. Strano stare attaccati al computer fino alle 5 del mattino da casa, vedere scienziati e amici ognuno a casa propria. Ovviamente col meeting notturno siamo svantaggiati. Sono stati trasferiti online anche lo Human Genome Meeting – HGM 2020 (che doveva svolgersi in Australia a Perth, 6-9 aprile), il The Biology of the Genomes (a New York i primi di Maggio), mentre un meeeting a Milano ed un altro in California (tutti calendarizzati per il mese di Maggio) sono stati cancellati. Posticipato invece lo EuroScience Open Forum – ESOF2020 di Trieste. E vediamo se la lista si allungherà.
Ho visto che il mese scorso sei rientrato dalla Lombardia già in piena emergenza COVID-19. Cos’ha fatto il tuo Istituto per tutelare te e i colleghi al tuo rientro?
Non hanno attivato delle misure di sicurezza ufficiali subito, quindi mi sono auto-isolato per 14 giorni chiedendo il telework, ho scritto un report all’ufficio del personale sui miei movimenti. Dopo qualche giorno è arrivata anche dall’Istituto la richiesta di stare a casa e non andare in ufficio… Ma qui la burocrazia si attiva solo dopo svariati consensi, e le regole devono essere impartite o autorizzate dal Presidente, per cui l’azione veloce è impossibile. Nel nostro laboratorio e con altri PI abbiamo creato un insieme di piccole regole da rispettare.
Quando si tornerà a viaggiare di nuovo secondo te?
Troppo presto per dirlo. Forse dovremo fare il “passaporto dei guariti” certificati: chi è positivo all’anticorpo può uscire e viaggiare e far ripartire il proprio paese per esempio. Spero che si possa viaggiare a partire da settembre, ma questo dipende da come evolverà l’emergenza. Sto preparando le vacanze estive qui in Giappone, tanto per intenderci. Probabilmente al mare, magari con la bicicletta per fare qualche tour. Ho fatto un tour fantastico alcune settimane fa nel weekend, in bicicletta da Honshu a Shikoku, saltando da isola ad isola su 8 lunghi/lunghissimi ponti, in posti remoti.
Cos’è cambiato nel lavoro di uno scienziato in questo periodo di emergenza sanitaria mondiale e come possono migliorarsi da questo punto di vista gli altri lavori che necessitano anch’essi di viaggi?
Stiamo imparando a comunicare con Skype, Zoom, Teams ed altre piattaforme, imparando che si può lavorare e fare ricerca anche da casa. Per alcuni, è il momento giusto per pensare, per leggere, per scrivere. Per avere anche meno meetings non indispensabili.
Ma non va bene per tutti, sopravvivranno meglio quelli che comunicano bene via videconferenza, email, telefono. Chi per lavoro deve essere presente fisicamente, lavorerà meno bene. Alcuni hanno bisogno del contatto umano, altri ancora lavorano male da casa. Un collega, per esempio, ha provato (e sembra funzionare) il “meeting after-hours” in videoconferenza, ognuno con una birra a chiacchierare in Zoom. Ovviamente, certi esperimenti non si possono fare in questi giorni. Questo rimane un grosso problema per postdocs, studenti, chi ha deadlines per PhD, per nuove posizioni, etc. Ai computazionali invece è cambiato poco, possono lavorare ovunque.
La produttività di alcuni laboratori ne può risentire, di altri laboratori no. Dipende.
Pensi che questo periodo possa cambiare le relazioni anche all’interno della comunità scientifica? Sarà prevedibile viaggiare meno e fare meno conferenze in giro per il mondo o ritieni che il networking vis-à-vis sia ancora uno strumento fondamentale per il tuo mestiere e a cui si dovrà tornare una volta rientrata l’emergenza?
Ci sono relazioni umane che nascono lavorando assieme, collaborando, visitandosi, conoscendosi, discutendo. Si lavora e si fa di più per lavorare con chi ci piace, con chi ci entusiasma. Con chi puoi bere una birra o un bicchiere di vino alle cene dei meeting di lavoro. Queste cose non possono scomparire; non ci si può conoscere senza sedersi a tavola assieme, e senza spesso fare tardi a discutere di scienza, di politica della scienza, di politica e basta, per poi ritornare alla scienza e basta. I meeting sono, a lungo termine, insostituibili.
In Italia hanno impedito l’attività motoria oltre i 200 mt di distanza dalla propria abitazione. Ci racconti com’è cambiata la tua routine quotidiana per una persona come te molto legata allo sport di squadra e in solitaria?
Immagino sia drammatico. Ho sentito che uno ha fatto la maratona in 6 ore sul balcone da 9 metri. Non so se è vero…
Qui si può ancora circolare (ma vorrei tanto che il Governo spingesse per fare più test!!!), hanno bloccato gli sport organizzati. Il che non ha senso perché le metropolitane sono piene di milioni di persone ogni giorno, i ristoranti pieni, etc.
Stanno giocando col fuoco, per salvare l’economia. Pe me sono folli, ripeto, servirebbero più test…
Come sta affrontando il Giappone l’emergenza, molto diversa da quella italiana? E’ possibile uscire e praticare sport oppure anche tu, come molti di noi, resti in casa limitando gli allenamenti dentro le mura domestiche?
Come detto sopra, libertà assoluta (sembra che il Governo non possa imporre per legge il coprifuoco senza l’appoggio della autorità locali di ogni città/prefettura). Abbiamo 1900 persone testate positive, la curva di crescita è bassa, relativamente poche vittime. Probabilmente l’uso delle mascherine, il non parlare in treno (non parla nessuno!), il non telefonare, nessuna stretta di mano, no baci e abbracci sta aiutando.
Forse questa freddezza formale (solo inchino, poche parole protette da maschera) è veramente quello che fa la differenza?
Ad ogni modo mi ritengo fortunato, corro/uso la bicicletta, faccio esercizio fisico soprattutto nei parchi alle 6 del mattino e con poca gente attorno. E controllo la distanza da chi mi sta intorno, anche nel caso fossi io la persona positiva.