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Hiroshi Ishiguro: l’ideatore dell’androide Erica ora punta agli avatar

Dal primo robot creato nel 1997 ad Erica, come cambierà la nostra società nel 2050?

Professore all’Università di Osaka in Giappone, ideatore di una delle tre aree tematiche che contraddistingueranno la prossima Expo 2025 che sarà ospitata, appunto, ad Osaka in Giappone, e CEO della start-up AVITA, fondata a Giugno del 2021, che si occupa di produrre e commercializzare avatar: il Professore Hiroshi Ishiguro arriva in Europa e cerca alleati per il suo progetto.

Un progetto che ha cambiato veste, adattandosi alle esigenze di mercato.

Solo nel 2015 Ishiguro ha, infatti, lanciato l’androide Erica, conosciuta e oramai famosa in tutto il mondo per le sue sembianze particolarmente “umane” ma anche per gli scopi più scientifici, uno tra tutti quello di studiare meglio l’essere umano attraverso queste piattaforme robotiche.

Il mercato degli umanoidi è molto complicato, e le aziende pensano spesso al robot come ad una piattaforma che possa fare cose generiche. Ma non è così. Il robot deve avere una funzione specifica ben definita. Bisognerebbe sempre chiedersi “perché ho bisogno di un robot? per fare cosa?”.”. E’ così che ieri, durante la prima giornata del workshop “Towards symbiotic society with multi-species: humans, robots, avatar” svoltasi all’Istituto italiano di Tecnologia, ha raccontato che la complessità della società nella quale viviamo ci impone un altro tipo di interazione e altre esigenze che non possono più prevedere il solo utilizzo di umanoidi ma che ci vedono interagire con avatar, per esempio, che abbiano un aspetto e una fluidità di comunicazione anche migliore rispetto a quella umana, per agevolarne svariati scopi. Scopi, da lui elencati, tra i più disparati, dal bakery alla terapia psicologica, alla vendita di assicurazioni per la vita, una vasta gamma di opportunità per il mercato. Piattaforme che Ishiguro, ha spiegato essere molto semplici; alla base ci sono un computer non tra i più costosi, una normale telecamera, una GPU non eccessivamente grande, un sistema che permette comunque tracking di movimenti in tempi reali, alla portata di tutti e più accessibile per il mercato, che può diversificarsi in base alle necessità. La sua nuova società, AVITA, è già da quasi due anni al lavoro per lo sviluppo e la commercializzazione di avatar che riproducono dai volti più adatti all’utilizzo nelle scuole fino ad avatar che possano, invece, ricreare volti umani altamente realistici, implementando così quello che lui ha ricordato chiamarsi il “metaumano”.

Professor Ishiguro, quando in Europa e in Italia si è iniziato a parlare di robot e di robot umanoidi la preoccupazione più grande è stata quella che potessero “rubarci il lavoro”. Quale pensa che possa essere, invece, l’impatto degli avatar nelle persone?

 “Totalmente differente. Il nostro scopo non è quello di sostituire l’uomo, ma di creare l’opportunità di migliorare le abilità e le capacità dell’essere umano. Penso alle persone con forti disabilità, che al momento sono escluse dal mondo del lavoro. Ecco, con un avatar potrebbero lavorare invece. Vogliamo migliorare la vita dell’essere umano anche nelle piccole cose. Ci immaginiamo diversi avatar per ogni essere umano, che possano così compiere svariati ruoli, aumentare la produttività di un’azienda e quindi che possano aumentare anche gli stipendi.”

Durante la sua lezione ha mostrato una slide nella quale illustrava una società di umani e umanoidi che camminano, lavorano insieme, che vivono in simbiosi in qualunque circostanza della vita di tutti i giorni. Come vede davvero la società nel 2050? Gli esseri umani passeranno più tempo con gli umanoidi o con gli avatar?

La mia idea è che si possa convivere con avatar e con umanoidi indifferentemente. Il nostro modello di società è davvero difficile. Ci sono tantissime differenze, culturali e di abitudini tra i paesi, e secondo questo modello e secondo la nostra idea di migliorare le abilità di un essere umano, abbiamo il dovere di trovare soluzioni giuste, che si adattino ad ogni esigenza. A volte ci sarà bisogno di un umanoide, per esempio in scenari di lavoro molto pericolosi. Oppure, altre volte, ci sarà bisogno di un avatar che ci sostituisca in viaggi lontani o nel percorrere lunghe distanze.

La tecnologia migliora moltissimo le capacità dell’essere umano”.

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