Tra le autrici del questionario anche la ricercatrice IIT Alessandra Sciutti
Cinquanta quesiti, tra domande aperte e a crocette, in totale anonimato, per indirizzare gli esperti a sviluppare soluzioni tecnologiche mirate a diminuire i rischi e lo stress psicologico a cui sono esposti i lavoratori in Fase 2 e 3. Così l’Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti I-RIM mantiene la promessa di farsi tramite fra il mondo della ricerca e le esigenze dei cittadini e, dopo il questionario per la Fase1, realizza un nuovo questionario per conoscere le problematiche che le persone stanno incontrando sul posto di lavoro dopo l’emergenza Covid19 e capire ancora una volta come può essere di supporto la tecnologia.
Il questionario è aperto a tutti e disponibile online sul sito di I-RIM: Link al questionario in italiano. Link al questionario in inglese.
Lo scopo è quello di raccogliere le opinioni dei lavoratori provenienti dagli ambiti più variegati e, tramite l’analisi delle risposte, indirizzare gli esperti, accademici e maker, allo sviluppo di soluzioni tecnologiche di rapida realizzazione per offrire un aiuto concreto per questa fase e le prossime.
Fulcro del questionario è scoprire come le misure di distanziamento influiscono sulla vita quotidiana delle persone, come i lavoratori hanno modificato l’esecuzione delle attività di routine, quali tecniche hanno sviluppato per eseguire le azioni quotidiane in sicurezza e di quali strumenti tecnologici avrebbero bisogno per superare l’esposizione al rischio.
Gli addetti alle vendite si sentono protetti dal pannello di plexiglas che li separa dal cliente alle casse? Gli operai si sentono tutelati da turni pensati per far incontrare meno persone nello stesso spazio? Gli insegnanti, dopo la didattica a distanza, come vivono il ritorno nelle classi? E che soluzioni tecnologiche vorrebbero? Dove potrebbe intervenire la tecnologia per essere di maggior aiuto ai lavoratori?
Tra i soci I-RIM che hanno partecipato alla stesura del questionario ci sono Alessandra Sciutti, ricercatrice IIT vincitrice di un progetto finanziato ERC, Maria Fossati, ricercatrice IIT, Fiorella Battaglia, ricercatrice Ludwig-Maximilians-University di Monaco, Valentina Calderai, ricercatrice Università di Pisa e Monica Pivetti, ricercatrice Università di Bergamo.
“Conoscere le esigenze dei cittadini nella fase post lockdown e capire com’è possibile migliorare le condizioni di lavoro con l’ausilio della tecnologia – sottolinea Alessandra Sciutti, coordinatrice della COgNiTive Architecture for Collaborative Technologies (CONTACT) Unit di IIT – è necessario per ispirare le prossime ricerche di base e applicative”.
Sciutti, dopo il questionario proposto in Fase1 perché è importante prendere parte anche a questo?
È importante che più persone possibili dedichino un po’ del loro tempo a compilare il questionario per permetterci di avere una visione più completa delle realtà lavorative nella fase 2 e 3 e conseguentemente delle diverse condizioni dei lavoratori. Questa nuova fase vede la ripresa di attività in campi che avevano subito una totale chiusura in fase 1. Non tutti i luoghi di lavoro e non tutte le mansioni stanno incontrando le stesse problematiche e il nostro intento è raccogliere le testimonianze anche di queste realtà per poter ideare soluzioni tecnologiche utili a tutti.
La vostra visione sembrerebbe descrivere il processo domanda–offerta come estremamente facile, ma sappiamo che non è proprio così…
È vero, non è scontato riuscire in questo intento, tuttavia i recenti fatti hanno dimostrato che la distanza tra i cittadini e la tecnologia si è notevolmente accorciata e i mezzi tecnologici attualmente a disposizione sono risultati fondamentali per affrontare l’emergenza Covid in numerosi settori lavorativi. Allora perché non provare a lavorare per questa nuova fase e d’anticipo per le prossime, considerando anche i settori che tradizionalmente hanno meno a che fare con la robotica.
Si riferisce a contesti anche non d’emergenza?
Il questionario è strettamente legato alle condizioni dei lavoratori nella fase post lockdown, però uno degli effetti paralleli che vorremmo raggiungere è anche quello di intensificare il dialogo con i cittadini più in generale.
Il questionario facilita questo scambio di informazioni?
Abbiamo lavorato affinché una parte delle domande serva a noi per indagare la percezione del rischio sul lavoro mentre l’altra parte è strutturata per raccogliere veri e propri suggerimenti da parte dei lavoratori, quindi credo proprio di sì.
Mentre negli ambienti della ricerca si lavora a progetti come l’interazione uomo-robot o ai robot volanti, nella società aleggia lo spauracchio per soluzioni tecnologiche semplici come lo smart working e il telelavoro nonostante queste ultime si siano dimostrate fondamentali per superare la crisi. A questo proposito, tra le domande del questionario si legge: “Pensa che le persone con cui lavora riconoscano il suo impegno, nonostante sia mediato dalla tecnologia?”
Dal primo questionario è emerso che la maggioranza delle persone ripone aspettative alte nella tecnologia. I fatti però sembrano testimoniare che soluzioni semplici, come quelle sopra citate, potrebbero essere maggiormente diffuse se ci fosse un dialogo più aperto e diretto tra chi sviluppa e fa ricerca nel campo della tecnologia e chi potrebbe utilizzarla. Nel nuovo questionario vogliamo sondare la percezione dei lavoratori su questo e altri punti per proporre possibili strategie tecnologiche che possano essere accolte al meglio e siano quindi di reale aiuto. Credo sia nostro compito dedicarci ad un tipo di ricerca avanzata che guarda al futuro, senza perdere di vista le esigenze di oggi.