Intervista a Stefano Gustincich, coordinatore della linea di ricerca Non-coding RNAs and RNA-based Therapeutics di IIT
Il Nobel per la Medicina 2023 è stato assegnato a Katalin Karikò e Drew Weissman per aver gettato le basi per i vaccini a mRNA messaggero che hanno reso possibili gli antidoti anti Covid 19.
La Fondazione Nobel sottolinea che la scoperta ha modificato radicalmente la comprensione di come la molecola di RNA messaggero interagisce con il sistema immunitario. Si è trattato di un grande passo in avanti, che ha permesso di sviluppare “con una rapidità senza precedenti, un vaccino diretto contro una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni”, conclude la nota della Fondazione Nobel.
Abbiamo chiesto a Stefano Gustincich, Direttore del Central RNA lab di IIT e direttore del Centro per la Medicina Personalizzata Preventiva e Predittiva-CMP3VdA in Aosta, un commento su questo importante riconoscimento.
Era un riconoscimento atteso e sicuramente meritato. Tutta la comunità scientifica lo attendeva ed è giunto con i tempi giusti e con delle motivazioni che danno ulteriore merito ai due ricercatori.
Nelle interviste Karikò e Weissman sottolineano che i loro studi erano stati sottovalutati in passato, e che le più importanti pubblicazioni scientifiche non li avessero pubblicati. Perché secondo te?
Non credo vi sia cattiva volontà da parte degli editori o altri valutatori, bensì la considerazione sul bisogno di tempo che serve per comprendere se un qualsiasi studio, non solo questi, rappresentino una novità nel panorama della ricerca scientifica. Per comprendere la reale portata di questi lavori sono passati degli anni. Ci sono molti esempi simili, per esempio con la scoperta degli RNA non codificanti. Prima la comunità scientifica li riteneva degli artefatti poi, quando risultò fallace questa interpretazione, si disse queste molecole non avevano nessun tipo di funzione e fossero dei by-products della cellula. Infine, se ne è compreso l’importanza capendo che sono alla base dell’evoluzione.
Affinché questa valutazione passi dalle osservazioni iniziali e diventi mainstream, si deve attendere, tra i cinque e i dieci anni. Ti propongo un esempio emblematico: se sfogli i libri di testo universitari di medicina. alla voce “RNA non codificante” forse troverai una pagina. Ciò dimostra che c’è un intero mondo che non è ancora divenuto corrente di questo pensiero scientifico, ma sicuramente tra un alcuni anni leggeremo pagine e pagine su come queste scoperte abbiano rivoluzionato il mondo della biologia e della farmacologia.
Pensi che gli studi sui vaccini anticovid abbiano influenzato la decisione di attribuire il Nobel a Karikò e Weissman?
Vorrei sottolineare che la loro è una scoperta di biologia di base, che poi sicuramente ha influenzato gli studi sui vaccini anticovid. Se si isola un RNA messaggero prodotto in vitro e lo si inserisce in una cellula dendritica del sistema immunitario quest’ultima lo riconosce come se fosse un virus innescando una risposta all‘interferone che impedisce l’utilizzo di molecole RNA per scopi terapeutici. Nel 2005 i due ricercatori premi Nobel scoprono che, modificando chimicamente le basi del RNA, le cellule dendritiche non riconoscono più l’RNA come esogeno e la risposta all’interferone non parte. Ecco perché i due studiosi hanno realizzato una scoperta di biologia di base che ha amplissime applicazioni per qualsiasi terapia che preveda l’uso di molecole RNA.
Lo studio al quale ci riferiamo è del 2005. Da allora a oggi a quali progressi abbiamo potuto assistere in quest’area della ricerca farmacologica?
Si è, nel frattempo, aperta una nuova branca di studio, che ha compreso l’importanza delle modifiche chimiche dopo la trascrizione del RNA. Da qui la definizione di “epitrascrittomica”. Altro campo della biologia di base fondamentale. Poi, abbiamo compreso che se vogliamo creare dei farmaci ad acidi nucleici dobbiamo modificare chimicamente queste basi ed infatti tutti i farmaci ad acidi nucleici che sono stati approvati, e che ora sono nella fase clinica, sono stati modificati chimicamente per aumentarne la stabilità e per diminuire l’impatto della risposta immunitaria contro il farmaco. Ti offro su questo tema un altro esempio. Noi parliamo sempre del vaccino a RNA Messaggero della Pfizer o dell’analogo di Moderna, e dimentichiamo il vaccino Curevac che non ha dato risultati positivi semplicemente perché la società produttrice aveva deciso di non utilizzare la scoperta di KariKò e Weissman.
Mi sembra questa la sintesi pratica di quanto ho cercato di chiarire.
Come proseguono i tuoi studi, verso quali obiettivi ti stai concentrando con il tuo gruppo di lavoro?
Noi lavoriamo su quei medicinali che utilizzano molecole che non codificano proteine, i cosiddetti “RNA non codificanti”, attività di studio fulcro dei lavori del Centro Nazionale per lo sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA, dove IIT è leader dello spoke 3 sulle malattie del cervello. È evidente, anche in questo caso, lo sforzo che stiamo producendo per identificare e ottimizzare RNA non codificanti che possano essere utilizzati in trattamento terapeutici di malattie incurabili. Tra questi, anche gli “RNA circolari”, un nuovo tipo di RNA scoperto negli anni 80 e riscoperto ora con un grande interesse per la comunità scientifica.
Come vedi in ricerca tutto dipende dagli occhi dell’investigatore. Devi essere pronto, aperto a osservare i fenomeni più strani e recepirli come opportunità. Se non hai questa mentalità lavorerai solo su processi d’incremental science.
Come saranno curate le malattie in futuro grazie agli studi che anche tu stai sviluppando?
Cambieranno le modalità di cura dei pazienti. Da una parte avremo una diagnostica “omica”, che identifica ogni malato con le sue caratteristiche genomiche, e dall’altra saremo capaci di sintetizzare molecole di acidi nucleici in loco che sono specifiche per quel paziente.
Questo è il futuro che giorno dopo giorno sta divenendo il nostro presente.
In questo riconoscimento ai due scienziati, nei contenuti dei loro studi, senza voler essere presuntuosi, c’è anche un po’ di IIT?
Posso solo ricordare, con orgoglio, che avevamo proposto le tecnologie RNA per sviluppare nuovi farmaci per le malattie neurodegenerative già nel progetto Human Technopole nel 2015, e poi nel piano strategico del 2018. Penso quindi che il premio Nobel dato a questi studi dimostri che la ricerca in IIT è visionaria e costruisce il nostro futuro.