In occasione della mostra Transizioni: Impresa – Lavoro – Società, progettata da Fondazione Ansaldo
Il Novecento è stato un secolo caratterizzato da un’improvvisa accelerazione di cambiamenti. La nascita di un mercato globale, le scoperte scientifiche e lo sviluppo di tecnologie avvenute durante questo periodo, e tutto quello che hanno comportato i due conflitti mondiali, hanno modificato radicalmente i territori, le comunità e, più in generale, la società nel suo intero.
Proprio su queste premesse è stata progettata la mostra TRANSIZIONI: IMPRESA – LAVORO – SOCIETÀ che ha l’obiettivo di riflettere su questi grandi cambiamenti presentandoli negli aspetti industriali, economici, culturali, sociali e territoriali. Questa è solo l’ultima delle tante iniziative realizzate da Fondazione Ansaldo per valorizzare il proprio patrimonio storico-culturale. Per conoscere meglio questa importante istituzione, presente da oltre 40 anni sul territorio genovese, e il suo ruolo di custode della memoria generata dal mondo del lavoro, siamo andati a intervistare il suo Direttore, Lorenzo Fiori, ingegnere meccatronico che ha svolto la sua attività professionale nel gruppo Finmeccanica, ora Leonardo, ricoprendo diversi incarichi, tra i quali quello di Chief Technology Officer e di SVP Strategie. Nel 2022 è stato insignito dell’onorificenza di Commendatore della Repubblica.
Com’è nata Fondazione Ansaldo?
Fondazione Ansaldo nasce 22 anni fa su iniziativa dell’allora Finmeccanica, oggi Leonardo, quale socio promotore e fondatore, alla quale si associano anche il Comune di Genova, l’allora Provincia oggi Città Metropolitana e la Regione Liguria. La costituzione in Fondazione era tuttavia il punto di arrivo di un percorso avviato 20 anni prima con l’apertura al pubblico dell’Archivio Ansaldo, primo esempio di archivio d’impresa aperto al pubblico in Italia.
Quali tipologie di materiali racchiudono i vostri archivi storici?
L’archivio, anzi gli archivi, comprendono quattro tipologie di materiali: quelli documentali, quelli fotografici, quelli filmici e quelli di testimonianze orali registrate. Una gran parte degli archivi custoditi in Fondazione racconta delle imprese industriali in un arco temporale che va da metà Ottocento fino a tutto il Novecento. Esistono anche altre tematiche, in particolare ci tengo a citare quelle che raccontano del paesaggio, non soltanto genovese e ligure. Infine, anche il comparto delle riviste, molte delle quali house organ aziendali. Tra gli archivi più rilevanti, oltre all’archivio aziendale Ansaldo, ci sono quelli della Costa, quelli dell’AMT, quelli dell’Ilva Italsider, quelli del Banco di Chiavari e quello della famiglia Ansaldo.
Ci può fornire qualche dato relativo al patrimonio storico archiviato presso Fondazione Ansaldo?
Certamente. Abbiamo più di 100 fondi archivistici, parliamo – in termini di documenti – di uno sviluppo lineare di quasi di 3 km. Le unità archivistiche sono circa 60.000. Le fotografie, dalle albumine, alle lastre in vetro ai negativi e via discorrendo quasi 1.000.000, e poi 5.300 tra pellicole e altri video, infine circa 300 ore di registrazione di testimonianze orali.
Quali attività organizza la Fondazione per valorizzare il proprio patrimonio?
Dal 2020 ci siamo concentrati sul progetto di digitalizzazione che, su presupposti diversi, era stato avviato per il comparto fotografico qualche anno prima. Abbiamo chiamato questo progetto “Archimondi” e a fine 2021 abbiamo rilasciato on-line la prima tranche di archivi digitalizzati scelti perché tipicamente tra i maggiormente richiesti e consultati in presenza da studiosi e appassionati. La peculiarità di Archimondi è data dalle capacità di ricerca anche attraverso differenti archivi che mette a disposizione del visitatore on-line e la sua man-machine interface che è decisamente friendly. Visto che parliamo di digitalizzazione quantifico in circa 150 gigabite quanto a oggi riversato e disponibile on-line.
Oltre a questo, curiamo e pubblichiamo libri (cito quello sul Rex: REX il sogno azzurro) e allestiamo percorsi espositivi. Cito l’ultimo appena aperto al pubblico al Teatro del Falcone – Palazzo Reale Via Balbi, Genova intitolato “Transizioni. Impresa – Lavoro – Società”. Mi permetto di dire: assolutamente da visitare! 250 riproduzioni fotografiche, nove postazioni video con clip che pescano da 30 filmati conservati nella nostra cineteca, un audiovisivo finale di sintesi, trenta dipinti stupendi da Collezioni museali e private nazionali tra i quali opere di artisti del calibro di Depero, Guttuso, Nomellini, Vedova e altri. Infine, una sezione dedicata alla Street Art con al centro una opera appositamente commissionata all’artista veneziano Michelangelo Penso, opera ispirata al tema delle particelle nanomagnetiche sulle quali – ho saputo – l’IIT sta impegnandosi molto per applicazioni medicali nel campo della cura delle patologie tumorali tant’è che abbiamo poi integrato nel libro-catalogo della mostra una vostra testimonianza.
Non vorrei dimenticare la formazione sul campo presso la nostra sede a Villa Cattaneo dell’Olmo per tirocinanti curriculari dell’Università di Genova e non solo.
Quali sono i principali stakeholder della Fondazione?
Le persone senza dubbio… e senza distinzione di generazione, dai più giovani ai più anziani, curiose di scoprire le radici di un passato non molto lontano nel tempo, dove l’industria è stata motore di tante transizioni appunto, di molti cambiamenti a livello sociale, culturale, urbanistico, di molte conquiste in termini di diritti e progresso sociale. Insomma, usando una immagine… direi un ponte che vuole idealmente collegare il passato al presente e indirizzare verso un futuro, un futuro migliore però, tenendo conto delle luci e delle ombre che questo passato ci disvela attraverso il materiale archivistico.
“Studia il passato se vuoi prevedere il futuro” cosa ne pensa di questa frase? Quanto è importante la valorizzazione dei contenuti storici?
Ne ho accennato prima. Aggiungo che è un esercizio importantissimo: Seneca diceva che “… non c’è vento favorevole per chi non conosce il proprio porto di approdo…”. Il passato insegna molte cose. Prescindere dalla conoscenza del passato, delle radici, da dove veniamo quali cose eccellenti sono state fatte così come quante cose miserabili sono accadute è come viaggiare a occhi chiusi contro-mano in autostrada.
Qual è il reperto più antico in vostro possesso?
L’atto con il quale il Re Carlo Alberto dichiara la società meccanica Taylor and Prandi strategica per le infrastrutture ferroviarie del Regno di Sardegna. Sulla Taylor and Prandi nascerà poi la Gio Ansaldo and Co e, naturalmente, alcuni appunti di Giovanni Ansaldo, le sue lezioni di analisi matematica con a margine del foglio alcuni schizzi di elementi architettonici di Ville e Palazzi del Genovesato. Un uomo dalla cultura poliedrica, un umanista – industriale ante-litteram.
Parlando della cineteca, se proprio dovesse decidere, quale sarebbe il suo video preferito?
Se posso, ne citerei tre:
- l’uscita delle sigaraie dalla Manifattura Tabacchi di Sestri Ponente perché significativa della transizione femminile superando l’immagine esclusivamente legata al focolare e al mondo contadino
- il varo del transatlantico REX perché capolavoro d’ingegneria non soltanto navale, simbolo del coraggio dell’eccellenza degli ingegneri, tecnici e operai che lo progettarono e lo costruirono, coraggio ed eccellenza che ispirarono il maestro Fellini ritraendolo malinconicamente nel film Amarcord
- Pianeta Acciaio di Marsili su testi di Buzzati e voce fuori campo di Foà, perché è sull’acciaio che l’Italia ha costruito il suo posizionamento economico e molto del suo prestigioso oggi affermato brand globale: made in Italy.