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Alla ricerca del Leonardo del nostro tempo

Intervista all’Architetto Tiziana Leopizzi sulla ricerca dell’arte in contesti inaspettati

Tiziana Leopizzi è architetto ed esperta d’arte, responsabile di Ellequadro Documenti, Archivio Internazionale Arte Contemporanea di Genova, che raccoglie oggi informazioni su oltre 165.000 nominativi tra artisti e designer. Si occupa tra le altre cose di promuovere progetti di comunicazione sull’identità di Istituzioni e Aziende e valorizza il ruolo della Committenza con ARTOUR-O il MUST, il MUSeo Temporaneo, progetto itinerante che ha toccato numerose città in Italia e all’estero. Diversi sono i progetti ormai testati,  e con diverse modalità, tutti mirano allo stesso scopo. Da 10 anni è attivo anche MISA – Museo Internazionale in progress di Scultura per le Aziende, nei luoghi dove sono ubicate le Aziende.

L’abbiamo intervistata per scoprire come nel suo lavoro riesca a far incontrare arte e scienza cercando nelle pieghe del nostro Paese coloro che potranno essere considerati, forse un giorno, gli eredi di Leonardo da Vinci.

Tiziana, raccontaci cosa fai e come ti colleghi al mondo della scienza

Quello che faccio è un sogno che si ricollega alla nostra tradizione d’arte. L’Italia è conosciuta in tutto il mondo per il suo patrimonio e la sua tradizione artistica. Anni fa ho avuto la fortuna di avere tra le mani il curriculum di Leonardo Da Vinci che egli stesso scrisse per presentarsi a Ludovico il Moro e questo curriculum mi ha aperto un mondo. L’essenza di Leonardo era la curiosità, lui voleva sperimentare a prescindere da tutto ed era una figura estremamente eclettica. Il suo raggio d’azione andava dall’ingegneria alla poesia, alla pittura, alla musica, componeva e suonava divinamente il liuto . Questo personaggio mi ha fatto pensare che è proprio questa l’essenza degli Italiani e che dovevo cercare l’arte anche in ambienti dove di solito non si pensa di cercare, come nel mondo della scienza. Noi italiani siamo caratterizzati da molte sfaccettature che non sono dilettantismi ma aspetti della nostra personalità, che a volte convergono tra loro e delineano persone eclettiche che riescono ad eccellere in campi anche apparentemente molto diversi tra loro.

Pensi che sia una caratteristica solo italiana? Dove vanno cercati i motivi di tale versatilità?

Potrebbe essere il dritto del rovescio delle molte dominazioni che il nostro Paese ha avuto storicamente. Ognuno dei popoli che sono stati sul nostro territorio ha portato il suo contributo creando negli italiani una flessibilità e una duttilità che ha pochi paragoni nel mondo. Al giorno d’oggi tendiamo a specializzarci molto, ad esempio chi ha una azienda che magari fa bottoni fa solo quello. Gli italiani sono portati per cultura a fare il bottone, l’asola, il vestito fino ad immaginarsi la sfilata, è questa la nostra grande ricchezza.

Tu parli spesso del valore artistico degli ingegneri, come mai?

Per i miei personalissimi parametri artistici, armonia, bellezza e musicalità, che cerco in un’opera d’arte, mi è capitato di vedere delle macchine, realizzate da ingegneri, che emanano una bellezza e una armonia in grado  di toccare le corde del mio senso artistico. Spesso gli ingegneri non sono consapevoli di poter essere anche artisti. Sono persone concentrate su un unico canale e che hanno sacrificato inconsapevolmente altre loro doti, come quella di suscitare emozioni con le proprie invenzioni. In IIT mi sono lasciata appassionare da diverse “macchine”, in particolare dalla progettazione dei robot umanoidi iCub e R1 e dal team del Prof. Giorgio Metta. Credo che nel mondo ci siano molti ingegneri – artisti inconsapevoli ancora da scoprire.

Quanti sono in Italia i potenziali “Leonardi” che tra 500 anni verranno ricordati?

Quando rinasco tra 500 anni te lo dico. Quello che interessa a noi al momento, come centro di ricerca, sono personaggi eclettici come tra gli altri, Fausto Melotti, ingegnere, architetto, disegnatore, musicista o Giorgio Faletti scrittore, attore e pittore, o Giua, cantautrice, scultrice, attrice, pittrice .

Noi siamo un’Associazione Culturale che ha come scopo l’arte come sistema di vita e ci piace pensarci come una fucina che scopre e valorizza questo tipo di artisti che poi vengono presentati e promossi da enti o aziende.

Esattamente voi come operate in questo panorama?

Noi partiamo dal presupposto che l’Italia sia uno scrigno d’arte grazie ai committenti che ora come nel passato sono manager ed imprenditori appassionati d’arte e comunicatori ma che non si configurano come mecenati, i committenti del passato. Un’Italia senza opere d’arte sarebbe impensabile. Quindi cerchiamo di riportare l’attenzione sul valore dell’arte del nostro Paese presentando nuovi artisti che ci vengono proposti dai committenti a chi pensiamo possa essere in sintonia con loro.

Con il progetto itinerante ARTOUR-O ad esempio portiamo aziende e istituzioni a contatto con imprese ed enti della città che ci ospita e così gli artisti. Il Museo temportaneo, il Must, crea occasioni d’ incontro della durata di 5 giorni dando vita ad un percorso d’arte contemporanea. In questi 5 giorni si affrontano i temi dell’arte, della committenza e dell’imprenditoria, si svolgono laboratori didattici con artisti di diverse nazionalità e vengono organizzate occasioni conviviali sempre utili a stringere rapporti e passare del tempo di qualità insieme. Queste attività sono in grado di liberare la creatività e creare contatti importanti tra artisti e committenti, aziende e istituzioni. Inoltre nei nostri eventi premiamo i committenti che hanno utilizzato l’arte per migliorare la vita, ma anche la coesione negli ambienti di lavoro. Per questo da anni ne sottolineiamo l’importanza grazie alla targa d’argento di ARTOUR-O.

Cosa si potrebbe fare in Italia per sensibilizzare la società ai temi artistici?

È sempre più urgente investire sulla scuola e la formazione, riaprendo ad esempio gli Istituti Italiani d’Arte che erano delle perle nel panorama nazionale dell’insegnamento in campo artistico. Bisogna formare i ragazzi fin dalle scuole primarie per farli crescere con l’arte e insegnare loro ad apprezzarla. E oltretutto arte è economia. Inoltre è fondamentale riappropriarsi del lessico, perso negli anni anche a causa dello sviluppo tecnologico, per poter espandere il nostro pensiero in modo che i ragazzi possano accedere alla “cultura” con più naturalezza avendo gli strumenti per gustarla e viverla come qualcosa di divertente ed appassionante e utile per se e gli altri.

Stiamo vivendo in un momento magico, decenni di pace, che permettono ai giovani di viaggiare e scoprire il mondo studiando dove preferiscono, anche all’estero e dobbiamo cavalcare la nostra epoca ricca di strumenti e possibilità per riscoprire l’arte anche dove non ci aspettiamo di trovarla.

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