Intervista a Maurizio Caviglia, Segretario Generale della Camera di Commercio di GE e membro della task force regionale per l’emergenza Covid-19
Maurizio Caviglia è Segretario Generale della Camera di Commercio di Genova ed è membro della task force regionale ligure per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Gli abbiamo posto alcune domande sia in veste di membro attivo della task force sia in quanto rappresentante di una delle realtà più importanti per il tessuto produttivo della città e della sua provincia.
Quale sarà il contributo che potrà dare alle attività della task force regionale per fronteggiare l’emergenza Covid-19?
Le persone che compongono la task force hanno grande professionalità e competenze specifiche elevate, ed è per questo che auspico che il sistema camerale possa agire da cinghia di trasmissione con il sistema associativo delle imprese. Ora, dopo la prima fase di tutela della salute dei cittadini, entriamo in una fase che oltre a garantire la salute di tutti deve consentire anche alle imprese di sopravvivere, riavviando le rispettive attività e assicurando i maggiori livelli possibili di occupazione. Già con i primi provvedimenti, la nostra Regione ha dimostrato di saper ascoltare le priorità espresse dal sistema produttivo, consentendo a settori come la nautica di poter riprendere a programmare la propria attività. Ricordo che porto, logistica e cantieri sono veramente importanti per la nostra economia e per il PIL della regione. Inoltre turismo e ospitalità, anch’essi fondamentali nel nostro territorio, richiedono risposte puntuali, mentre il nostro particolare assetto geografico ci impone di individuare standard di sicurezza e di operatività compatibili con la prosecuzione di attività situate in luoghi magici ma con spazi angusti. Si tratta di problemi molto difficili da risolvere, o rendere compatibili con le esigenze di sicurezza e distanziamento, ed è per questo che dovremo anche esaminare quali risorse tecnologiche possano venire in aiuto alle nostre piccole imprese.
Come sta reagendo il sistema imprenditoriale del territorio genovese alla crisi?
In questo momento, vale a dire prima del 4 maggio, su quasi 110mila attività, ne abbiamo 50mila aperte e 59mila chiuse. Sono al palo, salve la recente autorizzazione al take away arrivata con l’ordinanza regionale del 27 aprile, oltre 25mila imprese di commercio, turismo e ospitalità, oltre 12mila delle costruzioni, circa 10mila dei servizi e 5mila industrie. Il settore che preoccupa di più è il turismo, che negli anni è diventato per tutto il nostro territorio, accanto al porto e alla logistica, il primo driver di sviluppo, e soffrirà di più perché è stato colpito dal lockdown proprio a inizio stagione e dovrà ripartire con regole nuove, che ancora non conosciamo, alla vigilia dell’altissima stagione. Ho sentito gli albergatori dire che per il 2020 si prevede un calo del 70% del fatturato dell’intero settore, e ci sono altre categorie, come le agenzie di viaggio, i balneari, i gestori di pullman e le guide turistiche, che non sono nemmeno in grado di fare previsioni. A questa situazione, su cui non mi dilungo oltre, le imprese genovesi hanno reagito con compostezza: hanno rispettato il lockdown, hanno rilanciato gli appelli per la salute, si sono ingegnate per salvare il salvabile. Nel commercio e nella ristorazione molte hanno puntato sulle consegne a domicilio, altri si stanno attrezzando per l’e-commerce e per il take away, altre ancora hanno usato il periodo di fermo per aggiornarsi, come quelle che hanno seguito le “pillole” on-line del nostro PID (Punto Impresa Digitale) sullo smart-working in emergenza. Ma ora le imprese ci dicono che non si può più aspettare, o si riparte o si chiude. E poi ci sono settori in cui è consentito lavorare, come l’agricoltura, ma la mancanza di una filiera attiva comporta ugualmente danni enormi, riducendo pesantemente i fatturati.
Quali sono secondo lei le azioni necessarie per tutelare le attività produttive del territorio?
Ci vogliono regole chiare, ben articolate a seconda dei settori e comunicate con largo anticipo. E soprattutto ci vuole gradualità nella loro applicazione, e la gradualità non può che dipendere da come procede la lotta alla pandemia: la scienza ci deve dire a quali indici dobbiamo riferirci e a ciascun indice deve corrispondere un set di comportamenti, sia da parte delle imprese sia da parte dei cittadini. Detto questo, l’Europa, lo Stato, le Regioni devono indirizzare il più possibile le risorse disponibili verso provvedimenti a fondo perduto, perché una crisi pandemica come questa non si può risolvere solo aggiungendo debiti a debiti. E molte delle imposte dovute nel periodo di fermo produttivo devono essere cancellate, non sospese: mi spiega che senso ha che ristoranti e alberghi versino la Tari per i mesi in cui non hanno prodotto nemmeno un grammo di spazzatura? 0 che i bar paghino l’occupazione di un suolo che è rimasto deserto?
Che azioni sta mettendo in campo Camera di Commercio per fronteggiare l’emergenza?
Stiamo lavorando a tutto campo, come purtroppo era già avvenuto dopo il crollo del Ponte Morandi, e a più livelli. Il nostro ruolo è come sempre quello di fare da tramite fra le istituzioni (Regione, Comuni, Prefettura, Protezione Civile), le associazioni di categoria e le imprese. In questa veste abbiamo partecipato fin dal primo momento al tavolo emergenza economica istituito dall’Assessore allo sviluppo economico della Regione Andrea Benveduti. Da questo tavolo sono nati il numero verde 800 25 99 66, che in 25 giorni ha raccolto, gestito e schedato quasi 500 quesiti da parte delle imprese di tutta la regione, la task force mascherine, che si è occupata prima della distribuzione di mascherine alle imprese tramite le associazioni di categoria e poi di dissodare il terreno per rendere possibile la riconversione di molte pmi liguri – sono già oltre 40 – verso la produzione, e successivamente la certificazione, di mascherine: operazione, questa, a cui sta contribuendo attivamente anche IIT. Poi ci sono ovviamente i provvedimenti adottati dalla Regione, e fortemente sollecitati proprio da questo tavolo, per il sostegno a fondo perduto alle imprese: parlo in particolare dei 3,5 milioni del bando per investimenti in digitalizzazione e smart working e dei 10 milioni del bando per gli investimenti necessari per adattarsi alle regole della fase 2. Insieme alle Associazioni regionali di categoria svolgeremo una importante attività di animazione economica nei confronti delle imprese, per favorire la massima diffusione dei programmi regionali, anche attraverso misure dedicate di formazione a distanza. Abbiamo anche individuato forme di supporto alle Associazioni di categoria che dovranno sostenere le microimprese con sistemi di assistenza online, e aspettiamo di comprendere quali misure possano essere più adeguate per integrare e completare le azioni e gli interventi economici del Governo, della Regione e dei Comuni. E poi, naturalmente, c’è la nostra partecipazione alla task force regionale, di cui abbiamo già parlato.
Quali servizi della Camera di Commercio rimangono attivi per cittadini e imprese? Quali ripartiranno nella fase 2?
Per fortuna (o purtroppo) ci eravamo già attrezzati per lo smart working dopo il crollo del Ponte Morandi, e avevamo già il 10% del personale abilitato. Appena è scattata l’emergenza siamo passati al 15% e con il lockdown siamo arrivati al 90%, il che ci ha consentito di proseguire tutte le attività da remoto e mantenere in presenza soltanto i servizi essenziali che la legge ci assegna. Ma abbiamo fatto anche di più, facendo partire in piena emergenza, in smart working, il nuovo servizio di attestazione delle cause di forza maggiore per i contratti internazionali, il riconoscimento facciale remoto per il rilascio delle carte tachigrafiche e la consegna a domicilio dei dispositivi di firma digitale, oggi più che mai necessari alle imprese per poter partecipare ai nuovi bandi.
Qual è lo scenario che immagina per la fase 2?
Ci sono 3 scenari possibili, tutti legati all’evoluzione delle diverse variabili dell’emergenza sanitaria: contagi, decessi, ricoveri in intensiva. Uno è il mantenimento dello scenario corrente, uno è migliorativo e l’altro è peggiorativo. Lo scenario migliorativo presupporrebbe un piano di azioni analoghe a quelle che sono state adottate dalla Corea del Sud, e purtroppo il nostro sistema Paese non è in grado di sostenerlo. Quello peggiorativo presupporrebbe un effetto di rimbalzo a seguito di un ritorno affrettato alla vita normale, e stiamo facendo di tutto per evitarlo. Ci resta lo scenario costante, il più probabile, a cui corrisponde come dicevo prima l’applicazione graduale di un set di regole chiare, efficaci, articolate per settori e per territori e, last but not least, ben comunicate a imprese e cittadini.
Quali saranno gli elementi di successo per risollevare il tessuto imprenditoriale locale?
L’ho già accennato e lo ripeto in poche parole: il Governo deve stanziare risorse a fondo perduto e azzerare tributi e imposte del primo quadrimestre del 2020.
Quale il ruolo dell’innovazione e della ricerca?
Importantissimo, e a tutto campo: nello studio di un vaccino contro il virus, nella ricerca di soluzioni innovative di resilienza, per convivere con questo e con nuovi virus, nella produzione di DPI e strumenti di sanificazione, nella ricerca medica in generale. Se c’è una cosa che questo virus ci ha insegnato, in questi lunghi mesi di isolamento, è che possiamo fare a meno di quasi tutto, anche di prendere una boccata d’aria fresca, ma non della ricerca.