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Investire sulla conoscenza e sul sapere è l’unica via per aumentare il rispetto della natura

Una necessità imprescindibile per il progresso e la sopravvivenza stessa del genere umano

Intervista a Barbara Mazzolai, Direttrice del Center for Micro-BioRobotics di IIT.

 

Il tuo ultimo saggio ha un bel titolo “La natura geniale”. La sua lettura è stata grandemente istruttiva. È un lavoro pervaso da positività, ottimismo e fiducia verso un futuro dove uomo e robot costruiscono un mondo nuovo. Poi il Coronavirus. Ed ora osserviamo basiti la nostra impotenza. Non pensi che la natura si sia vendicata?

Non credo che questa sia la posizione della Natura. Siamo portati a pensare che ciò che accade nei processi naturali abbia noi come riferimento. Questa visione antropocentrica proviene dal passato, ma è ancora fortemente radicata nell’essere umano. Sicuramente con le nostre azioni abbiamo alterato gli equilibri degli ecosistemi e il modo di vivere di molti organismi, inclusi noi stessi. È di questi giorni uno studio dell’Università di Harvard che proverebbe la correlazione tra maggiore incidenza del Covid-19 e l’inquinamento dell’aria. Le polveri ultrasottili, ovvero micro e nanoparticelle inquinanti prodotte dagli scarichi industriali, delle auto e dei riscaldamenti, penetrano negli alveoli dei polmoni e poi nel sangue, con conseguenze negative per l’organismo. Queste polveri funzionerebbero da vettori per il virus che arriverebbe così più facilmente ai polmoni.

Abbiamo alterato gli habitat naturali riducendo gli spazi verdi, bruciando foreste secolari e tropicali, veri e propri ‘polmoni’ del pianeta, con un conseguente e progressivo avvicinamento di animali selvatici ed esotici verso i centri abitati dall’uomo, con un aumento delle possibilità di contatto tra noi e loro.

Non è la Natura ad essersi vendicata. Siamo noi che non abbiamo ancora capito che facciamo parte di essa.

 

Questa crisi passerà e ci accorgeremo che nel frattempo l’ecosistema continua a modificarsi negativamente. Aumenta la temperatura del globo, l’inquinamento è costante e gli incontri tra i “grandi” sul clima non producono nulla. I tuoi robot bioispirati potranno essere un esempio ineludibile anche per un cambio di mentalità nei decisori?

La robotica bioispirata potrebbe avere un ruolo importante come strumento di conoscenza, oltre che nell’affrontare problemi pratici in ambienti non strutturati, reali, fuori ‘dalle fabbriche’. Questa robotica poggia le sue basi su principi sussunti dai fondamenti della biologia, della chimica e della fisica. Il suo avvento sta cambiando il modo di osservare e studiare gli esseri viventi e le loro interazioni, per comprenderne il funzionamento e successivamente trasporre i meccanismi del vivente in sistemi non biologici. Negli anni avvenire questi robot saranno strumenti nelle mani degli scienziati per validare ipotesi sul funzionamento del modello biologico, ma anche piattaforme a scopo educativo, per far comprendere a un bambino come funziona una pianta, ad esempio, o un batterio, piuttosto che un animale che vive nel suolo. Forme di vita che sembrano lontane da noi e che invece svolgono un ruolo fontamentale nel funzionamento degli ecosistemi terrestri. Investire sulla conoscenza e sul sapere è l’unica via per aumentare il rispetto del mondo naturale, ormai non solo un dovere, ma una necessità imprescindibile per il progresso e la sopravvivenza stessa del genere umano.

 

Sostenibilità sarà la parola d’ordine nel nostro preoccupante futuro e i tuoi robot hanno anche nel basso consumo energetico una delle caratteristiche più apprezzate. Il futuro energetico del globo si potrà sviluppare solo se diminuiranno le emissioni. Già oggi assistiamo al crollo della domanda di petrolio. Cosa ci insegnano le piante nel circolo virtuoso della produzione d’energia?

Le piante hanno una vita sessile, ovvero radicata nel terreno dove germinano, quindi non possono spostarsi fisicamente come la maggior parte degli animali. Questo aspetto ha sviluppato in loro delle capacità adattative che consentono di ‘sfruttare’ al meglio le risorse che si trovano nell’ambiente circostante con il minimo dispendio energetico. Ne sono un esempio i loro movimenti passivi, che sfruttano l’energia disponibile nell’ambiente – sotto forma ad esempio di umidità o di luce – come quelli associati ai movimenti dei semi. Una pigna che si apre e si chiude in particolari condizioni di calore e umidità, o un seme di farro che penetra nel terreno, sono solo alcuni tra i casi più noti: entrambi si muovono grazie all’interazione tra i materiali di cui sono composti e il tasso di umidità dell’aria e rappresentano un esempio mirabile di efficienza energetica. Un altro esempio di efficienza energetica è rappresentato dalla strategia adottata dalle radici per muoversi nel suolo. Il movimento nel suolo avviene grazie all’aggiunta di nuove cellule a livello della punta delle radici, il loro apice radicale. Nonostante la sua struttura delicata ed esile, l’apice radicale riesce a esercitare elevate pressioni sul terreno circostante durante la sua crescita, penetrando anche in terreni molto compatti o addirittura rocciosi, riducendo gli attriti e di conseguenza l’energia necessaria per muoversi.

Gli esempi da citare sarebbero molti. Le piante rappresentano un’alternativa evolutiva quasi speculare a quella del mondo animale: mentre uomini e animali si sono evoluti privilegiando molto spesso caratteristiche legate alla velocità di movimento, il mondo vegetale ha fatto della lentezza – e quindi, anche bassi consumi energetici – l’origine della propria incredibile resilienza.

 

I tuoi lavori dimostrano quanto la ricerca anche quella più complessa e rischiosa, quando raggiunge il successo, si concretizza in prodotti tecnologici che coinvolgono il più largo pubblico. È la dimostrazione migliore della scienza che si apre al mondo e ne sostiene lo sviluppo. Quale sarà in futuro il rapporto tra scienziato e società?

Io credo che sia compito della scienza sensibilizzare l’umanità del nuovo millennio sull’importanza strategica che la tutela dell’ambiente riveste per il nostro futuro. Sempre più la ricerca dovrà andare oltre le barricate che ancora frammentano il sapere in settori non comunicanti, per creare uno spazio di ricerca che vada oltre le attuali nozioni di « disciplina » e i confini della conoscenza ormai acquisita. Lo scienziato anche così si aprirà alla società e alle sue necessità.

La ricerca tuttavia non può porsi l’innovazione tecnologica e il progresso scientifico come unici obiettivi. Oggi più che mai sono convinta che chi fa ricerca debba assumersi anche la responsabilità di formare le nuove generazioni e aprire le loro menti, affinché nuova conoscenza diventi sinonimo di rispetto dell’altro, del diverso, di diverse forme di vita.

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