Luce e Neuroni all’Istituto Italiano di Tecnologia
Esce oggi la puntata dedicata alla ricercarcatrice IIT Francesca Santoro e al team che coordina, inclusa nella webserie IDEAS – Italian Dialogues on Excellence, Arts and Science, ideata dalla Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
La webserie si compone di cinque ritratti-documentario dedicati a idee emblematiche nell’essere creative, di successo e innovative, per raccontare al pubblico nazionale e internazionale storie, volti ed esperienze di un’Italia virtuosa, d’eccellenza e policentrica.
Il progetto riflette sui temi all’ordine del giorno nel dibattito contemporaneo, guardando in particolar modo alle grandi sfide etiche del futuro come innovazione, ambiente e beni comuni. Ogni storia accende i riflettori sulla ricchezza del territorio italiano dal punto di vista produttivo, culturale, del progresso scientifico e ambientale.
A rappresentare la ricerca scientifica in Italia è la puntata intitolata “Luce e Neuroni all’Istituto Italiano di Tecnologia”. Abbiamo intervistato la protagonista.
Francesca Santoro, alle spalle un percorso di formazione accademica in Italia all’Università Federico II, il dottorato in Germania, 3 anni di ricerca negli Stati Uniti e poi quello che i lettori di OpenTalk conoscono bene, il rientro in Italia all’Istituto Italiano di Tecnologia, la direzione del Tissue Eletronics Lab, numerosi riconoscimenti, l’ERC Starting Grant, la fondazione di un progetto di start up…la tua in effetti è una bella storia per parlare all’estero di un’Italia che funziona, energica, preparata e creativa.
Io e il mio team siamo molto contenti di essere stati scelti per rappresentare il mondo della ricerca in Italia. E lo siamo perché il nostro è un laboratorio con delle caratteristiche peculiari: nato da poco, poiché il Tissue Electronics Lab è stato fondato nel 2017, la cui età media è bassa, 28 anni, composto da 12 ricercatrici e 4 ricercatori, estremamente multidisciplinare, che sta già ottenendo buoni risultati, tra cui come dicevi un ERC Starting grant, e che può contare su solide collaborazioni con team di ricerca prestigiosi in IIT e in altri istituti. Non siamo il classico laboratorio che ci si può aspettare e a questo teniamo molto. Mi sembra sano e al passo con i tempi mostrare una realtà come la nostra.
Tutte le storie raccontate da IDEAS sono personali e collettive, a sottolineare l’importanza del lavoro di squadra. Nel tuo caso tu sei la Mentore della squadra del Tissue Electronics Lab. Quanto seriamente prendi questo ruolo e quanto è importante nell’ambito della ricerca avere un team affiatato per la riuscita del vostro lavoro?
Per la ricerca in generale e soprattutto per la ricerca cosiddetta di frontiera, come quella che svolgiamo nel mio laboratorio, il lavoro di squadra è la condizione di base per poter crescere e raggiungere i risultati. Non si tratta di un luogo comune ma di una vera e propria necessità per generare nuove ipotesi e idee e perché queste possano prendere forma, tanto più se si vogliono sondare territori inesplorati del mondo scientifico e trovare soluzioni davvero innovative, puntando su team di lavoro multidisciplinari. Il Tissue Electronics Lab vede neuroscienziati puri confrontarsi quotidianamente con ingegneri elettronici o biologi marini e se tra i singoli non ci fosse affiatamento e unità verso un risultato comune, sarebbe impossibile per loro capirsi ed essere complementari l’uno per l’altro in laboratorio. In IIT la multidisciplinarietà è fortemente sostenuta incrementando anche l’abituale interazione tra diversi laboratori dell’Istituto. Per quanto riguarda la figura del mentore, io ci credo molto. Non tutti i team leader sono tenuti ad esserlo, si può essere ottimi supervisor senza essere dei mentor. Il mentore come lo intendo io è quella figura che ti dà consigli, capace di farti riflettere sul delicato equilibrio tra lavoro e vita, perché ci è passato lui/lei stessa. Io cerco di dare a tutti una visione in prospettiva, trovare insieme un percorso che porti ad un traguardo scientifico, certo, ma anche a raggiungere punti importanti della loro vita.
Altro tema caro a IDEAS è territorio e comunità. La vita del ricercatore è errante per definizione. Tu hai potuto conoscere diverse comunità scientifiche e culturali. Credi che in Italia il senso di orgoglio e di appartenza in ambito scientifico sia forte e sviluppato come in altri Paesi? Il senso del “give back” quanto pervade la comunità scientifica?
Dalla mia esperienza all’estero e soprattutto negli Stati Uniti, ho appreso che il senso di appartenenza dei ricercatori ai loro centri di ricerca, alle loro università, è elevato. La comunità scientifica è molto forte e riconosciuta e questo fa sì che anche il concetto di give back sia molto sentito a partire dal College. In Italia facciamo ancora un po’ fatica da questo punto di vista, nonostante possiamo vantare le università più antiche, centri di ricerca competitivi in ambito internazionale e risultati di cui essere fieri. Probabilmente ci serve ancora tempo, ma sento che ci arriveremo.