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La corsa impetuosa verso le tecnologie: le nazioni come ecosistemi della conoscenza

Stato dell’arte, produzione e regolamentazione normativa

Il 22 febbraio si è tenuto l’evento “The race to disruptive technologies: nations as ecosystems of knowledge, organizzato dal Centro Studi Americani e da Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine, in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti in Italia. La conferenza è stata l’occasione per un’analisi sull’applicazione e gli sviluppi delle tecnologie disruptive, nell’ambito delle relazioni internazionali, con un focus particolare sulla geopolitica dell’intelligenza artificiale e sulla relativa regolamentazione internazionale.

Tre le sessioni del dibattito, con la partecipazione di quindici relatori e tre moderatori: Disruptive technologies: lo stato dell’arte; Filiere di produzione: relazioni economiche e commerciali per l’approvvigionamento delle risorse; Sfide normative internazionali. Il contesto civile e gli aspetti militari.

L’incontro è stato il risultato di un progetto ideato e sviluppato dai soggetti sopra citati, con l’esigenza di fare un punto sulle ultime tecnologie e rintracciare il probabile quadro normativo di riferimento.

Quattro le rivoluzioni tecnologiche attuali che stanno lasciando i laboratori per diventare soluzioni ingegneristiche: l’intelligenza artificiale, la computazione quantistica, la blockchain e la biologia sintetica. Ambiti che presentano la necessità di essere interpretati in modo culturale e strategico per comprendere, successivamente, la quantità di innovazione di cui le società necessitino. Una valutazione possibile solamente alla luce di competenze capaci di saper leggere con occhi nuovi la portata delle nuove tecnologie, sfruttandone al meglio le opportunità e riducendo al minimo i rischi.

Il primo ostacolo nella realizzazione di ciò è però la velocità con cui si presentano le innovazioni tecnologiche, che rendono in pochissimo tempo obsoleti gli strumenti e le organizzazioni di cui le società dispongono per gestire fenomeni del genere. Le chat GPT, sistema in grado di simulare la creatività umana, ne sono attualmente un esempio, presentando il pericolo di sommergere la rete con contenuti non verificati e affidabili.

Il secondo argomento del convegno sono state le filiere di produzione. La pandemia, prima, e la guerra in Ucraina, dopo, hanno posto, infatti, il problema degli approvvigionamenti, specie alla luce di un contesto frequentemente diviso tra stati democratici e stati autoritari. Sempre più le produzioni tecnologiche sono affidate a paesi con diversi sistemi politici e valoriali rispetto ai nostri. Ciò ci impone con urgenza il bisogno di capire come regolare la realizzazione delle tecnologie lasciando libere le imprese di operare. Ogni volta, infatti, che un progetto tecnologico viene “messo a terra” necessita della creazione di sistemi di sicurezza, di tutele e conseguentemente di unità di intenti strategici comuni, a cui forse potrebbero rispondere le agenzie di sicurezza.

Possedere o meno una serie di tecnologie può far sì che anche piccoli stati possano diventare delle potenze economiche e militari; gli strumenti tecnologici sono ormai considerati un mezzo di proiezione del potere, un terreno di incontro o di scontro in grado non solo di influenzare l’economia, ma anche di ridisegnare i piani geopolitici.

Infine, nell’ultima parte dell’evento, si è dibattuto sulla sfida normativa internazionale, sugli aspetti militari delle nuove tecnologie e sul contesto civile.

La prima disposizione che la sfida normativa reca in sé è la scelta del limite che gli stati vorranno darsi nel normare le nuove tecnologie. Ad oggi, per esempio, ancora non esiste una legge che regoli l’intelligenza artificiale. In ambito europeo è stata presentata una proposta di Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (I.A.) ancora in fase di discussione. Alcuni paesi poi presentano approcci differenti: l’Inghilterra ricorre solo a degli indirizzi, ma non a delle leggi; la Cina ha pubblicato delle linee guida sull’I.A.; gli USA, come l’Europa, hanno invece in fieri norme e regolamenti in materia.

Il principale ostacolo che si incontra in questo campo sono i diversi tempi delle tecnologie e dei sistemi normativi:velocissimi i primi e molto più lenti i secondi, dando vita così ad un continuo inseguimento.

Naturalmente, quando il discorso viene calato in ambito militare, la faccenda si complica ulteriormente. Qui, ancora di più, gli strumenti tecnologici rappresentano strumenti di superiorità e obbligano i vari stati a confronti, accordi e regole tra di essi, per non arrivare a scontri.

In ultimo, bisogna tenere presente anche le influenze in campo civile, dove alcuni attori sono spregiudicati e non tutti adottano gli stessi sistemi di sicurezza e di certificazione.

Ecco allora che mettendo assieme tutti questi fattori, la regolamentazione normativa si prospetta molta complessa e complicata. Quel che è certo è che, alla base di tutte le sfide che gli stati dovranno affrontare per una autonomia strategica, giocherà di sicuro un ruolo fondamentale la formazione del capitale umano, che dovrà saper interpretare, conoscere e governare non solo le tecnologie, ma anche la forte pressione esercitata da un sistema in rapida evoluzione.

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