La natura ci insegnerà a non sprecare risorse e ad essere efficienti. Lo stato di salute del Pianeta impone un cambio di mentalità. Ripartiamo dalle nanotecnologie per un mondo più pulitoLa situazione planetaria mostra l’urgenza di una sostanziale revisione del nostro modello di sviluppo e di utilizzo delle risorse. Si stima che l’umanità abbia occupato quasi il 12% della superficie terrestre, a fronte di una disponibilità massima pari al 1 5%, comprimendo in modo sostanziale l’habitat delle altre specie viventi. La concentrazione di anidride carbonica è oramai salita a 387 parti per milione (in unità di volume), superando il limite sostenibile di circa 350 e contribuendo fortemente all’effetto serra e al riscaldamento globale.Contemporaneamente, la riduzione dell’azoto atmosferico ha raggiunto i 121 milioni di tonnellate l’anno (contro i 35 milioni proposti come limite di sicurezza) con la conseguenza di un disequilibrio dei cicli dell’azoto e del fosforo che, fra i diversi impatti, comporta l’acidificazione degli oceani e un ridimensionamento delle risorse idriche del pianeta. La disponibilità di acqua potabile da cui dipende sia la salute degli esseri viventi sia lo sviluppo economico (la produzione di energia ed acqua sono strettamente correlate) è sempre più scarsa.Oggi l’umanità (circa 7 miliardi di persone) consuma 2600 Km3 di acqua dolce all’anno (equivalenti ad un cubo di circa 14 km di lato) . Con una popolazione in crescita a oltre 10 miliardi di individui fra 30 anni, difficilmente si potrà rimanere entro il limite sostenibile di 4.000 km3/anno. Soprattutto se si vorrà correggere l’attuale situazione di diseguaglianza in cui il 20% della popolazione terrestre utilizza l’80% delle risorse disponibili. Chi ha l’acqua ha la produzione industriale, il welfare, l’energia. In America una famiglia dispone in media di 300 litri di acqua al giorno mentre in certe zone dell’ Africa si arriva a malapena a 20 litri. La maggior parte di questa acqua non è per uso personale, ma rappresenta la media individuale che tiene conto dei processi industriali e della produzione di energia. Per produrre 1 MegaWatt/ora di potenza elettrica servono da 100mila a 200mila litri di acqua dolce (rinnovabili escluse). Oggi l’umanità consuma in media 20 TeraWatt (1 TW 1000 miliardi di Watt oppure 1,36 miliardi di CV). Eppure il 15% della popolazione terrestre non ha elettricità.La speranza che il futuro dell’umanità sia più sostenibile è proprio legato alla capacita di realizzare tecnologie che consentono di cambiare il modello di utilizzo delle risorse del pianeta da parte dell’uomo e soprattutto di ridurre le differenze fra le popolazioni del mondo. La Natura usa risorse rinnovabili non alterando l’equilibrio della biosfera, non spreca materiale, anzi lo economizza. Il pianeta si autoregola utilizzando la radiazione del sole (generata dalla fusione degli atomi di idrogeno che non produce scorie), che innesca la fotosintesi (la quale produce 10 volte l’energia prodotta dall’uomo) da cui parte l’intero ciclo del nostro ecosistema. La soluzione è proprio quella di ispirarsi più da vicino all’evoluzione e di trasferire questa conoscenza nella tecnologia. Già oggi esistono prototipi di celle combustibili che sfruttano l’attività di digestione di materiale organico. La nuova generazione di celle solari plastiche permette di generare energia a basso costo.Lo stesso vale per i sistemi “energy harvesters”, dispositivi che trasformano vibrazioni, variazioni di pressione o turbolenze di un fluido in energia elettrica utilizzabile. Lo studio di nuovi materiali come il grafene ha permesso di ottenere una resa migliore in termini di costo, leggerezza, flessibilità ed efficienza delle batterie, con prestazioni superiori del 25% rispetto ai dispositivi di accumulo attuali. Dagli scarti dei vegetali — ricchi di cellulosa — oggi potremmo già realizzare tutti i prodotti plastici che si realizzano con la lavorazione del petrolio, con le medesime prestazioni.Le nanotecnologie permettono diagnostiche portatili a basso costo, di tipo usa e getta, in grado di verificare molto rapidamente e con altissima sensibilità la presenza di determinati elementi inquinanti ergo pericolosi in quantità piccolissime di campioni prelevato da cibo, acqua, sangue. Questi sensori sono pensati per effettuare screening di ampi campioni di popolazione in assenza di ospedali, analizzare lo sta, to di conservazione e sofisticazione dei cibi che devono essere trasportati in giro per il mondo, o effettuare analisi rapide negli aeroporti, per prevenire la diffusione di malattie contagiose. La robotica è già in grado di coadiuvare efficacemente la produzione industriale, ma anche la chirurgia e la terapia preventiva e riabilitativa di molte patologie in ambito geriatrico, traumatico, sportivo e neurologico. Queste sono solo alcune delle possibilità che ha oggi l’uomo per invertire la direzione. Le prospettive che aprono queste tecnologie sono quelle di uno sviluppo di qualità e realmente sostenibile. Però dobbiamo agire con urgenza e tutti insieme.Roberto Cingolani, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di TecnologiaL’articolo è stato pubblicato a pagina 36 del Secolo XIX il 31/12/2016