Intervista a Enrico Giovannini, membro della task force del Governo per fronteggiare Covid-19 e portavoce di AsVis
Enrico Giovannini, economista e statistico, membro della task force di esperti che guiderà la ripartenza del paese nel contesto dell’emergenza Covid-19, è stato tra le altre cose presidente dell’Istat e Ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta. Nel 2016 è stato co-fondatore dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), una rete di oltre 230 soggetti della società civile italiana, di cui si è fatto portavoce in contesti nazionali ed internazionali. Uno dei principali impegni dell’Alleanza rappresentata da Giovannini è quello di promuovere i 17 Sustainable Development Goals punti cardine dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile al fine di far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dello sviluppo sostenibile. Mai come oggi i temi di sosteibilità e salute si intrecciano e diventano fondamentali anche per preparare il Paese alla ripartenza.
Dottor Giovannini, ASviS come si sta muovendo in questa emergenza senza precedenti?
Dal punto di vista operativo, l’Alleanza, nel rispetto dei provvedimenti restrittivi, sta svolgendo le proprie attività in modalità smartworking. Considerata la situazione, l’ASviS ha dovuto posticipare e rimodulare i contenuti della sua più importante manifestazione, il Festival dello sviluppo sostenibile, che perciò si svolgerà dal 22 settembre all’8 ottobre, periodo in cui sono programmati anche importanti eventi internazionali. Per quanto riguarda le azioni di policy, l’ASviS ha presentato, con il Forum Disuguaglianze e Diversità, una proposta integrativa delle azioni del Governo per sostenere il reddito delle persone più in difficoltà, per evitare che la crisi epidemica aggravi ulteriormente le disparità economiche e le disuguaglianze e cercare di prevenire il rischio di impoverimento e di instabilità sociale. Abbiamo poi esaminato il decreto del Governo “Cura Italia” alla luce dell’Agenda 2030 e condotto una prima valutazione dell’impatto della crisi epidemica sugli obiettivi di sviluppo sostenibile. Come si vede, la nostra attività di ricerca e di analisi non si è fermata, proprio nell’ottica di contribuire a preparare a prendere decisioni che vadano comunque nella direzione di una maggiore sostenibilità economica, sociale e ambientale. Dobbiamo far sì che questa crisi porti a un’evoluzione dei nostri modelli di comportamento, di produzione e consumo verso quello che, solo tre mesi fa, tutti chiamavano un “cambio di paradigma”.
Questa crisi non è stata la prima e, secondo il parere della scienza, non sarà l’ultima. Cosa si potrebbe fare per costruire una maggior resilienza del nostro sistema?
Resilienza significa che dopo uno shock si torni al punto di partenza, un punto che però era insostenibile. Per questo dobbiamo guardare oltre e trasformare quello che non funzionava e che sapevamo già di dover cambiare. Il trauma che siamo vivendo è un’occasione per l’intera umanità per rivedere gli errori compiuti, dato che saremo chiamati a fronteggiare sfide enormi dal punto di vista economico, sociale e istituzionale. Ho insistito affinché il Governo istituisse, accanto all’unità di crisi, un’unità di “resilienza trasformativa”, una task force che guardasse cioè oltre l’emergenza. Nell’analisi di cui le parlavo, per ogni articolo del Decreto “Cura Italia”, l’ASviS, basandosi sul documento elaborato con il Joint Research Center (JRC) della Commissione Europea sulla resilienza trasformativa, l’ASviS ha assegnato ai singoli provvedimenti la dimensione più attinente tra le cinque individuate dalla ricerca: politiche che prevengono, preparano, proteggono, promuovono e trasformano. Nel caso del Decreto “Cura Italia”, gran parte degli articoli possono essere ricondotti a misure di “protezione”: si tratta infatti di provvedimenti con effetti limitati nel tempo per fronteggiare l’emergenza. Alcuni di questi (per esempio, didattica a distanza o lavoro agile) andrebbero poi utilizzati per avviare un cambiamento nel senso della resilienza trasformativa.
Quali le misure di prevenzione che sarebbe necessario adottare per fronteggiare queste situazioni?
È opportuno che le politiche pubbliche individuate per prevenire le crisi siano realizzate tenendo presente tutte le dimensioni della sostenibilità. Questo deve essere uno degli obiettivi della task force governativa. In questo contesto l’ASviS ribadisce la raccomandazione al Governo e al Parlamento che i provvedimenti normativi in discussione siano sempre accompagnati da una valutazione, ancorché qualitativa, del loro impatto atteso sulle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile. Solo in questo modo potremo prevenire e non inseguire le crisi.
Ha dichiarato che questa crisi è “una anticipazione di quanto potrebbe accadere se il mondo rimanesse su un percorso di sviluppo non sostenibile”. In che modo i temi della sostenibilità contenuti in Agenda 2030 si intrecciano con questa situazione o con altre simili in altri Paesi?
L’Agenda 2030 prevede un percorso verso soluzioni che portino tutto il mondo su un sentiero di sviluppo sostenibile. E resta una guida importante soprattutto in questo periodo di incertezze. La pandemia da Coronavirus ci ha fatto rendere conto di quanto siamo vulnerabili e di quanto corto sia stato il nostro sguardo finora: ad esempio, eravamo stati avvertiti dagli scienziati che la distruzione degli ecosistemi avrebbe aumentato i rischi di pandemia, anche se non sapevamo con precisione quando si sarebbe verificata. L’Agenda 2030 aiuta a creare le basi per prevenire gli effetti di altri possibili eventi catastrofici, per prepararci e proteggerci. Molti paesi erano già pronti per fronteggiare la crisi, noi indubbiamente no. D’altra parte, sono già passati cinque anni dalla sottoscrizione dell’Agenda 2030 da parte di tutti i paesi dell’Onu e ne mancano solo 10 per conseguire i relativi Obiettivi. Magari, ora che abbiamo sperimentato come si sta in una barca in balia della tempesta, quando ne usciremo ci impegneremo a costruire una nave più solida e quindi un mondo più sostenibile.
Quali azioni tra i 17 Sustainable Development Goals sarebbero più urgenti per andare verso un miglioramento della situazione attuale?
Oltre a quello sanitario, che sta mettendo in crisi tutto il sistema, con gravissime perdite umane e situazioni molto dolorose, dobbiamo ricordare che, sebbene il virus possa colpire tutti indistintamente, la chiusura delle imprese e l’isolamento aggravano la situazione di chi si trovava già in condizioni di difficoltà economiche e sociali. Penso a chi sta perdendo il lavoro, soprattutto chi non è coperto da tutele che prevedano un sostegno al reddito. Quindi i goal che riguardano la povertà e le disuguaglianze sono quelli più urgenti da affrontare, ma anche quello dell’educazione, perché la chiusura delle scuole e delle università aumenta la povertà educativa, specialmente per chi è più fragile o vive in un territorio privo di connessione. Come vede solo da questo esempio, gli obiettivi sono tutti interconnessi ed è per questo che l’Agenda 2030 deve continuare ad essere la nostra bussola.
Escludendo le attività volte alla ricerca di cure o vaccini per Coronavirus, quale ruolo può avere la ricerca scientifica e l’innovazione nella ripresa del Paese?
Il ruolo della ricerca e dell’innovazione è fondamentale e questa emergenza lo ha dimostrato. Spero che questa crisi spinga tutti i settori a indirizzare maggiori investimenti a queste finalità, a partire dalla diffusione della banda larga a tutto il territorio nazionale. Ma aggiungo che la ripartenza va sostenuta con forti incentivi all’innovazione nelle imprese e nella pubblica amministrazione. Sia per recuperare il terreno perduto nel passato, sia per modificare i processi produttivi rendendoli più sostenibili. Penso alla transizione energetica e alla economia circolare. Penso agli interventi di riqualificazione del nostro territorio. In tutti questi campi, e in molti altri, la ricerca italiana ha già identificato soluzioni importanti e innovative che ora vanno adottate in modo pervasivo.
Cosa impareremo secondo lei da questo periodo di crisi?
È difficile dare una risposta che non suoni retorica. Dico solo che questo shock ci ha dato la prova di quanto abbiamo osato sfidare gli ecosistemi e di quanto siamo vulnerabili ed esposti. Abbiamo la responsabilità di avere deteriorato il mondo in cui viviamo, ma ora abbiamo la possibilità di ripartire in modo diverso, per proteggere noi e le generazioni future da altri possibili shock sistemici come questo e costruire un mondo più sostenibile da tutti i punti di vista. Ma non possiamo escludere che il mondo uscirà dall’emergenza sanitaria più impaurito e aggressivo, con rischi altissimi per la pace. Ecco perché non si può perdere neanche un minuto per decidere ora come costruire il futuro che vogliamo.