Intervista ad Arash Ajoudani, coordinatore di Human-Robot Interfaces and physical Interaction lab di IIT
Negli ultimi anni ha vinto numerosi riconoscimenti internazionali per le ricerche condotte nell’ambito della robotica industriale collaborativa, partecipando a competizioni organizzate da grosse aziende come Kuka e Amazon. Oggi coordina il progetto europeo Sophia in cui sono coinvolte industrie interessate a migliorare le proprie linee di produzione, come per esempio la Volkswagen. Possiamo quindi dire che la robotica collaborativa sarà presto utilizzata nelle fabbriche?
I robot collaborativi intelligenti sono da considerare come inevitabili componenti delle fabbriche del futuro. Il motivo è perché, oggi, si sta andando verso una produzione che predilige la mass customization (personalizzazione di massa). Un requisito a cui si è risposto tramite operazioni manuali e strumenti di automazione tradizionali. I robot collaborativi, lavorando a fianco delle persone, possono aggiungere ai processi industriali alta flessibilità e nello stesso tempo alleggerire i lavoratori da sforzi e compiti ripetitivi. In tal modo, le risorse di una fabbrica potranno essere organizzate meglio, garantendo produttività e qualità a costi contenuti, riducendo al minimo gli sprechi. Quando si tratta di piccole e medie imprese (PMI), il ruolo dei robot collaborativi diventa ancora più cruciale. Secondo uno studio della Commissione europea, le PMI rappresentano il 99% di tutte le imprese dell’Unione Europea e sono caratterizzate da ambienti dinamici e mutevoli, dove l’introduzione di robot collaborativi flessibili non potrebbe che essere benefica.Pertanto, tutte le frecce indicano verso la necessità di creare robot collaborativi intelligenti da introdurre in ambito industriale in modo ampio e trasversale.
Quando si associano i robot al mondo del lavoro, il primo pensiero va alla perdita di occupazione per le persone. Nel caso della robotica collaborativa questo non è vero, anzi l’obiettivo è rendere gli ambienti di lavoro più sicuri dal punto di vista della salute. In che modo?
Le persone sono il bene più prezioso di ogni azienda. Ciò è dovuto alla loro creatività, destrezza e capacità di risoluzione dei problemi, che saranno sempre superiori a quelle dei robot. Tuttavia, i robot possono apportare altri vantaggi all’interno dei sistemi di produzione ibridi umani-robot. Possono svolgere compiti ripetitivi, trasportare carichi pesanti, eseguire il trasporto monotono di oggetti e strumenti e, in generale, migliorare l’ergonomia del luogo di lavoro. Si stima che i disturbi muscoloscheletrici legati al lavoro causati da condizioni di lavoro non salutari costino ogni anno all’Unione europea 240 miliardi di euro. I robot collaborativi possono certamente contribuire alla riduzione di tale spesa, rendendo il luogo di lavoro più sano e produttivo.
Oggi si discute molto dell’uso della robotica in contesti di emergenza come quello della pandemia che stiamo vivendo. Anni fa era stato l’incidente nucleare di Fukushima a fare riflettere la comunità internazionale per agire e sviluppare robot in aiuto dell’uomo. A che punto si è arrivati e cosa possiamo fare con i robot a disposizione oggi?
Se si pensa alla definizione di pandemia, ovvero una malattia che si è diffusa in una regione estesa, ad esempio in diversi continenti o in tutto il mondo, allora possiamo considerare diversi scenari. Per esempio i disturbi muscoloscheletrici legati al lavoro, che rappresentano la più grande categoria di malattie legate al lavoro, possiamo in qualche modo considerarli una pandemia sottovalutata. Sono disturbi che hanno influenzato la salute di molti lavoratori, in primis nelle industrie, e hanno contribuito a una significativa perdita economica in tutto il mondo. Quindi possiamo già dire che, da un lato, i robot collaborativi potranno migliorare l’ergonomia delle fabbriche e ridurre le conseguenze negative del lavoro fisico. D’altra parte i robot collaborativi, poiché lavoreranno a fianco degli umani, potranno anche aiutare con il distanziamento sociale, in situazioni proprio come l’attuale pandemia di COVID19, avendo un impatto minimo sulla produttività complessiva. Si noti, inoltre, che i robot possono essere facilmente disinfettati e riutilizzati quotidianamente, così da aiutare i lavoratori nelle loro attività quotidiane.
Inoltre, c’è un altro aspetto interessante: la modularità e la capacità di distribuzione rapida dei robot collaborativi. Ad esempio, nel progetto SOPHIA che sto coordinando, miriamo a sviluppare moduli che possono essere potenzialmente riutilizzati nel controllo in teleoperazione dei robot per l’accoglienza e il test dei pazienti. Ad esempio, un robot, che è teleoperato da un’infermiera, potrebbe eseguire il test del tampone per l’esame del Coronavirus, senza un contatto umano diretto, riducendo così al minimo la diffusione del virus.
La sua ricerca è supportata dall’Unione Europea, in particolare dall’European Research Council (ERC). Oltre a essere un importante aiuto economico, rappresenta qualcos’altro per lei?
Sì, i programmi di ricerca dell’Unione Europea, come l’ERC o Horizon2020, offrono eccellenti opportunità per rispondere alle sfide sociali e tecnologiche che emergono nelle nostre società. Inoltre, la loro natura collaborativa incoraggia la condivisione di conoscenze e dati tra esperti dell’UE, permettendo di attuare un approccio efficace e di minimo spreco di energie con l’obiettivo di risolvere i problemi del mondo reale.