Riposizionamento, uso compassionevole: cosa significano e cosa sta succedendo nei laboratori dei principali centri di ricerca italiani
Dalla cronaca di questi giorni si apprende che la National Health Commission cinese ha inserito nelle linee guida per il trattamento dei casi gravi di infezione da Covid-19, il farmaco biologico Tocilizumab usato normalmente per l’artrite reumatoide. Anche in Europa, dal Cotugno di Napoli al San Matteo di Pavia, fino all’università olandese di Utrecht, sono molti i team di ricerca attivi nell’individuazione di una strategia terapeutica per fare fronte all’emergenza da SARS-CoV-2, partendo da farmaci già esistenti. Ma come si spiega tutto questo in farmacologia? Come viene normato? Abbiamo raggiunto telefonicamente Tiziano Bandiera, coordinatore della linea di ricerca PharmaChemistry di IIT, con una lunga esperienza nella ricerca nell’industria farmaceutica, in questi giorni in telelavoro come la maggior parte del personale IIT.
Nella ricerca di nuovi farmaci, che cosa si intende con “riposizionamento”?
Il riposizionamento di un farmaco consiste nel suo utilizzo per una malattia, o per una condizione patologica, anche non grave, per la quale il farmaco non era stato inizialmente sviluppato. Si può arrivare al riposizionamento di un farmaco principalmente attraverso due percorsi: il primo avviene quando l’utilizzo del farmaco nella sperimentazione o nella pratica clinica mostra un “effetto collaterale”, che non ha caratteristiche di gravità per la salute del paziente, ma che può suggerire l’utilizzo dello stesso principio attivo, cioè la molecola che costituisce, insieme agli eccipienti, il farmaco, in un’altra applicazione terapeutica. Il secondo percorso per arrivare al riposizionamento di un farmaco consiste nel provare il principio attivo in modelli sperimentali di una determinata patologia. In questo caso, dunque, il processo parte dal laboratorio. Il farmaco viene testato in cellule e, successivamente, in modelli animali della malattia se esistono. Se si osserva un’efficacia promettente, si può chiedere di iniziare una sperimentazione clinica direttamente sui pazienti per verificare se l’effetto visto nei modelli cellulari e animali si osserva anche nei pazienti.
Ci sono stati casi noti in passato di riposizionamento dei farmaci?
Certamente! Nel caso di riposizionamento a seguito di “effetti collaterali”, un esempio è costituito dal Minoxidil. Questo principio attivo era stato sviluppato dall’azienda farmaceutica Upjohn (USA) come un farmaco per il trattamento dell’ipertensione. Si osservò che pazienti trattati con questo farmaco mostravano crescita di peli e dei capelli. Il farmaco fu quindi riposizionato per il trattamento dell’alopecia androgenetica, la perdita di capelli che si osserva tipicamente negli uomini. Un altro esempio, certamente più famoso, è costituito dal Sildenafil, il principio attivo del Viagra, farmaco per il trattamento della disfunzione erettile. Il Sildenafil fu inizialmente sperimentato in clinica per il trattamento dell’angina pectoris. Durante lo studio clinico, si osservò che, negli uomini, il farmaco induceva erezione come effetto collaterale. La sperimentazione clinica per l’utilizzo del sildenafil per l’angina pectoris non diede i risultati attesi, ma il principio attivo fu riposizionato per il trattamento della disfunzione erettile.
E il caso di riposizionamento a seguito di studi di laboratorio?
Un esempio riguarda un farmaco divenuto tristemente famoso negli anni ’60, la Talidomide. Questo principio attivo era stato messo in commercio dalla Grünenthal (Germania) come sedativo, e poteva essere utilizzato anche dalle donne in gravidanza. A distanza di pochi anni dalla sua messa in commercio, si scoprì che questo farmaco aveva portato a gravi malformazioni ai bambini nati da donne che l’avevano assunto durante la gravidanza. Furono più di 100.000 i casi osservati in oltre 40 Paesi. Il farmaco fu quindi ritirato dal commercio. Una successiva sperimentazione in laboratorio mostrò però che la Talidomide aveva proprietà antitumorali. A seguito di questa scoperta, il farmaco fu sperimentato in pazienti affetti da mieloma multiplo e si vide che era efficace. Nel 2006, la Talidomide fu approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) americana, in combinazione con un cortisonico, per il trattamento di pazienti affetti da mieloma multiplo.
Quando si parla di utilizzo “off label” dei farmaci si intende la stessa cosa?
L’utilizzo off-label di un farmaco può essere visto come un “riposizionamento”. Tuttavia, occorre tenere presente che un farmaco “riposizionato” ha ricevuto l’autorizzazione all’utilizzo da parte di una o più agenzie regolatorie, ad esempio la FDA in USA o l’EMA in Europa, mentre un farmaco utilizzato off-label non ha ricevuto tale autorizzazione. Viene dunque utilizzato su indicazione di un medico sulla base di osservazioni cliniche. Tuttavia, su tale farmaco non è stata condotta la sperimentazione clinica per quel particolare utilizzo. Pertanto, non c’è la garanzia che ci sia un appropriato rapporto tra benefici terapeutici ed effetti collaterali quando il farmaco è utilizzato off-label per una patologia diversa rispetto a quella per la quale era stato approvato.
Ci può spiegare in cosa consistono le cure compassionevoli e cosa prevedono.
Si parla più propriamente di “uso compassionevole” quando viene utilizzato un farmaco per il trattamento di un gruppo di pazienti affetti da una patologia grave per la quale non esistono ancora farmaci soddisfacenti. Si tratta di una procedura terapeutica indicata, somministrata e monitorata dalle autorità competenti in ambito ospedaliero. Possono essere utilizzati per uso compassionevole anche farmaci che sono in corso di sperimentazione clinica ma non hanno ancora ottenuto l’autorizzazione, da parte delle agenzie regolatorie, all’utilizzo sul largo pubblico e quindi alla messa in commercio. Un esempio di uso compassionevole di un farmaco in questi giorni di emergenza Covid-19, è l’utilizzo di Remdesivir, un antivirale a largo spettro, prodotto dalla Gilead (USA) , che non è ancora stato approvato dalle autorità regolatorie di nessun paese. Remdesivir ha dimostrato un’attività contro MERS e SARS, che sono coronavirus simili al Covid-19, in modelli cellulari e animali. Sulla base di queste evidenze, sono stati avviati studi su pazienti con Covid-19. Alcuni di questi studi saranno condotti anche in alcuni ospedali italiani.
Il percorso dal laboratorio agli scaffali della farmacia, in un iter tradizionale che tempi prevede?
La ricerca di un nuovo farmaco è un processo molto lungo e costoso. In genere, dall’inizio del progetto al momento in cui un farmaco viene approvato possono passare anche oltre 10 anni. Una buona parte di questo tempo è spesa negli studi clinici per la valutazione della sicurezza e dell’efficacia del potenziale nuovo farmaco.