AIDP Liguria e IIT a Genova per una nuova generazione di metodi di learning che unisce le neuroscienze, il training e l’intelligenza artificialeAl convegno organizzato da AIDP Liguria e IIT nell’Auditorium Leonardo di IIT hanno preso la parola speakers d’eccezione, ognuno aggiungendo alla discussione il proprio contributo specialistico per affrontare il dialogo sui possibili sviluppi futuri delle metodologie di apprendimento.Si è visto come una società che cambia, debba necessariamente riadattare anche i paradigmi precedentemente accettati di apprendimento ed assimilazione del sapere, sia esso in campo medico, scientifico o sociale.
Servizio di Askanews sull'evento organizzato da AIDP Liguria e IIT
Ha introdotto l’incontro Stefano Gustincich, sottolineando come questo workshop si inserisca nelle già estese ricerche sul cervello ed i processi di apprendimento condotte in IIT ad opera di diverse linee di ricerca nel campo delle Life Sciences.Marco Monga, Direttore delle Risorse Umane e co-organizzatore dell’evento, ha poi spiegato come lo spunto per l’organizzazione di un tale evento gli fosse venuto considerando l’impatto delle nuove tecnologie sul lavoro. La parola “employability” è al centro delle sue riflessioni per cercare di capire come meglio aiutare le persone a sviluppare in modo efficace le proprie capacità, per poter navigare il mondo del lavoro in maniera consapevole e competitiva. Da qui l’idea di integrare nello stesso discorso tecnologie moderne, neuroscienze e psicologia.Luiz Pessoa, Direttore del centro di Neuroscienze dell’Università del Maryland, ha fornito spunti di dibattito e riflessione sottolineando come i modelli sino ad ora utilizzati per la comprensione del cervello umano, si basino spesso su dicotomie obsolete.Storicamente c’è una forte distinzione fra processi emotivi e cognitivi quando si tratta della struttura funzionale del cervello umano. Questo split è addirittura triplice se si considera che, all’interno del reame “emotivo” viene, a sua volta, distinto l’aspetto motivazionale. Nella letteratura si trova spesso la nozione di un’area del cervello dedicata alle emozioni e, in numerose versioni della teoria, quest’area è identificata nell’amigdala. Ciò, tuttavia, non trova riscontro nelle nostre nozioni scientifiche sul funzionamento del cervello che, anzi, identificano nell’amigdala una delle aree maggiormente interconnesse, capace di influenzare i processi di numerose altre regioni del cervello. Ciò che accade lì non è isolato, ma densamente connesso.Come esseri umani, non siamo in grado di processare la miriade di informazioni che costantemente ci arrivano dall’esterno e pertanto attuiamo un processo di definizione delle priorità, in base ai nostri scopi razionali. Ciò nonostante dobbiamo sempre tenere ben presente il peso dell’importanza affettiva e motivazionale che influenza il nostro cervello e di come ogni area di esso sia attivata e stimolata da ognuno di questi aspetti allo stesso tempo. In definitiva il cervello è un “cognitive-emotional brain”, è entrambi allo stesso tempo e su questa visione bisogna basare la struttura dell’insegnamento.L’apprendimento è un mutamento delle nostre strutture sinaptiche, ha poi aggiunto GianMaria Zapelli, Development & Change Consultant per HC e psicologo clinic, che basa il suo intervento sulle dinamiche del cambiamento.Approfondisce i processi mentali che causano e definiscono il cambiamento in un essere umano e cosa significhi mutare in un’epoca come la nostra, dove la tecnologia e la velocità delle informazioni che si acquisiscono, così come l’interconnettività costante, ha parzialmente alterato le nostre risposte agli stimoli. L’iperconnettività – dice ad esempio – ci permette di costruirci un network di amici “su misura” con cui condividere linguaggi, idee ed interessi comuni, rischiando di allontanare da noi il “diverso” e, quindi, in definitiva impoverendo il linguaggio sia emotivo che dialettico. Ed è attraverso il linguaggio che si può sperare di cambiare ed aiutare gli altri a cambiare.Il cambiamento, oggi, richiede molta energia e affinchè ciò avvenga, è necessario imparare a sentirci in conflitto con noi stessi ponendoci domande sul perchè dei nostri comportamenti, delle nostre abitudini. Rimettendo quindi in discussione comportamenti consolidati. Solo attraverso la comprensione delle nostre motivazioni possiamo comprendere le nostre strutture sinaptiche, evolutesi nel corso delle nostre vite ed andare a rimettere in discussione gli aspetti che si vogliono mutare tramite l’apprendimento.Si dovrebbe lavorare maggiormente sui comportamenti, sulle abitudini. Abbandonare il precedente modello formativo progettato in assenza dei partecipanti, a favore di un modello interattivo dove gli stessi “studenti” partecipino attivamente alla progettazione del modello stesso.L’ultimo intervento illustra alcuni modelli già implementati in campo medico, di apprendimento congiunto alle nuove tecnologie. Roxane Gardner ha focalizzato l’intervento sulle tecniche di simulazione, che al Center for Medical Simulation di Boston di cui è Senior Director, già utlizzano per la formazione del personale in campo ginecologico ed ostetrico, in campo anestesiologico ed altro.Fondato nel 1993 con l’intento di promuovere la sicurezza dei pazienti e la qualità dell’istruzione nel campo della sanità, il centro organizza dei corsi mirati alla formazione sia di istruttori di simulazione che del personale di sala e medici operanti.L’approccio che offre la Simulazione, permette in modo efficace di preparare un team altamente specializzato, in maniera del tutto priva di rischi. Aspetto importante del training “clinico”, infatti, è la simulazione di situazioni di crisi.L’apprendimento avviene attraverso la pratica, implementata utilizzando tecnologie che permettono una totale immersione sia mentale che fisica nel contesto che si sta analizzando.