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PI Profiles: Laura Cancedda

Intervista a Laura Cancedda, coordinatrice della linea di ricerca “Brain Development and Disease” di IIT

Nome: Laura

Cognome: Cancedda

Luogo di nascita: Napoli, Italia

Ruolo: PI, Brain Development and Disease

Di cosa si occupa il tuo team di ricerca? Studiamo il neurosviluppo: come si sviluppa un cervello adulto perfettamente funzionale dai progenitori neuronali. Ma anche cosa va storto quando si verificano le patologie, oltre a possibili nuovi approcci terapeutici per trattare i disturbi del neurosviluppo. Con “trattare” intendo perlomeno migliorare i sintomi principali, anche se non possiamo guarire le patologie del neurosviluppo.

Era questo il lavoro che avresti voluto fare da piccola? Volevo fare la psicologa. Non sono certa di cosa sia accaduto dopo, ma non ci sono andata troppo lontano, credo. Volevo farlo per aumentare le probabilità di avere un impatto sulle persone usando le mie conoscenze sul cervello. Avere una ricaduta diretta sui pazienti è qualcosa che può succedere anche lavorando in laboratorio, ma le probabilità sono minori.

Quella volta in cui hai desiderato abbandonare tutto e dedicarti ad altro: È successo davvero molte, molte volte. Direi praticamente ogni giorno fino ai primi anni della mia carriera come PI indipendente.

“Publish or perish”. In che modo la pressione della pubblicazione influenza le tue giornate e le tue scelte professionali? In una sola parola: moltissimo. Usando qualche parola in più direi: in misura maggiore quando ho avviato il mio laboratorio, ora meno. Quando si avvia il proprio laboratorio è necessario ottenere visibilità nella comunità scientifica per far conoscere le proprie idee e i propri punti di vista, per farsi sentire. È infatti fondamentale che vi sia un ente pronto a finanziare la ricerca e che creda nelle idee del ricercatore. Con il tempo la pressione si riduce e inizia il vero divertimento, con progetti più rischiosi ma più gratificanti.

Quando hai capito che stavi andando nella giusta direzione? Sto andando nella giusta direzione? Grazie per avermelo detto! Mi sono resa conto che avevo preso una direzione e non stavo girando in tondo quando ho pubblicato il mio primo articolo. Una direzione, ma non ho la certezza ancora che sia quella giusta. E forse è meglio così.

Qual è il tuo prossimo obiettivo? Cercare di tradurre le conoscenze che ho acquisito durante gli anni trascorsi nella ricerca scientifica di base in qualcosa di utile per le persone con disturbi al livello del sistema nervoso centrale.

Qual è l’aspetto più difficile del tuo lavoro? Le infinite ore di lavoro. Avviare il proprio laboratorio significa essere sempre al lavoro, senza sosta.

I ricercatori senior devono necessariamente gestire diversi aspetti burocratici. Apparentemente, questo non sembra adattarsi bene con l’attività di ricerca. Cosa ne pensi? Credo che questo aspetto faccia parte del gioco quando si acquisisce una certa seniority e si ricoprono ruoli di leader di gruppi di ricerca di grandi dimensioni. È parte del gioco, ma non posso nascondere che lo trovo comunque incredibilmente noioso e mi distrae da ciò che amo fare. Ma ho dei fantastici assistenti amministrativi che mi aiutano molto.

Chi dovrebbe investire di più nella ricerca rispetto a quanto avviene oggi? Tutti coloro che se lo possono permettere. Lo stato, le banche, le aziende, ma anche i privati. La ricerca non è solo un esercizio per la mente: può condurci verso una grande conoscenza, ma anche verso grandi profitti, e quei profitti dovrebbero poi essere reinvestiti (almeno in parte) in ulteriore ricerca.

La gente parla di scienza fuori dai laboratori e dal mondo accademico? Con la pandemia da Covid-19 sembra che tutti, oggi, parlino di scienza. È positivo: finalmente abbiamo imparato quanto sia importante investire nella scienza. Ma è anche negativo: tutti, anche se non sono scienziati, danno le proprie opinioni travestiti da esperti.

Chi ti ha dato i consigli più importanti durante il tuo percorso? Il mio tutor di quando facevo il post doc. Mi ha detto di essere paziente, perché serve molto tempo per comprendere un fenomeno biologico e la maggior parte degli esperimenti condotti fallisce miseramente. Ma quando si riesce davvero a comprendere qualcosa, allora tutti gli esperimenti condotti inizieranno a dare i risultati attesi e tutto andrà meglio.

Cosa diresti alla giovane te che sta concludendo il Dottorato di Ricerca? Fai bene a lavorare così duramente, ma goditi il più possibile ogni cosa positiva e non temere quando arrivano quelle negative. Lavorando sodo si risolve tutto e allora inizierà il vero divertimento sotto molti punti di vista, alcuni persino inaspettati. E niente potrà più spaventarti.

Per un ricercatore è essenziale lavorare in paesi diversi? Credo sia estremamente utile, direi essenziale in base alla mia esperienza. Devo però ammettere che ho incontrato persone che non hanno mai lavorato all’estero e che sono comunque scienziati straordinari.

Se potessi migliorare un aspetto della ricerca, quale sceglieresti? Cambierei la visione che si ha dei risultati negativi: sono considerati non interessanti, o peggio, qualcosa da nascondere. E cambierei anche il fatto che a volte gli scienziati sono troppo impegnati in lotte personali su risultati apparentemente opposti piuttosto che a cercare di capire le ragioni alla base delle discrepanze. La maggior parte delle volte esistono chiare spiegazioni per risultati apparentemente in conflitto. La scienza è un dato di fatto e non dovrebbe essere considerata come qualcosa di personale… ma questi sono i due aspetti della ricerca che cambierei.

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