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PI Profiles: Lorenzo Natale

Intervista a Lorenzo Natale, coordinatore della linea di ricerca “Humanoid Sensing and Perception” di IIT

Nome: Lorenzo

Cognome: Natale

Luogo di nascita: Genova

Ruolo: PI, Humanoid Sensing and Perception

Di cosa si occupa il tuo team di ricerca? Il mio gruppo si occupa di robotica umanoide, lavorando sui robot iCub e R1 studiamo e sviluppiamo le capacità dei robot di percepire l’ambiente per interagire con gli oggetti e l’uomo in maniera dinamica e reattiva.

Pensavi di fare questo mestiere da piccolo? Da piccolo non avevo molta voglia di studiare, e speravo di finire al più presto gli studi. Certo non mi sarei mai immaginato che avrei finito per studiare tutta la vita!

Se non avessi fatto questo lavoro cosa ti sarebbe piaciuto fare: La mia passione sono i computer e l’informatica, quindi probabilmente avrei fatto lo sviluppatore di software o il sistemista.

Quella volta in cui avresti voluto mollare tutto e fare altro: in questo lavoro si è continuamente sotto valutazione, capita che si riceva il feedback negativo per una proposta di progetto o un articolo, ma non bisogna mollare.

“Publish or perish”. Quanto influenza le tue giornate e le tue scelte lavorative la pressione della pubblicazione? La carriera accademica è fortemente influenzata dalle pubblicazioni, questo inevitabilmente impatta non solo sul mio lavoro ma anche su quello dei miei collaboratori e colleghi. La pressione a pubblicare ha portato ad un aumento del numero di pubblicazioni scientifiche e non sempre corrisponde da un aumento della qualità, per questo motivo diventa sempre più difficile districarsi nel “rumore” di fondo e trovare gli articoli che sono veramente utili. Inoltre come ulteriore conseguenza della fame di pubblicazioni si è creata anche la tendenza ad abbandonare problemi o campi di ricerca troppo difficili, questo ha un effetto negativo sulla ricerca scientifica in generale. Purtroppo il problema è visibile a tutti, ma è difficile cambiare le cose e trovare paradigmi alternativi.

Quando hai capito che stavi andando nel verso giusto? Non c’è stato un momento in particolare, ma tante piccole soddisfazioni. Ricordo i primi esperimenti di controllo dell’attenzione con le teste robotizzate al LIRA-LAB all’università di Genova, oppure quella notte in cui abbiamo mosso tutti i giunti di iCub in modo coordinato nella “demo yoga”…

Qual è il tuo prossimo obiettivo? Stiamo cercando di declinare i risultati della nostra ricerca in chiave applicativa, in particolare l’uso di iCub nel contesto della robotica collaborativa nel progetto ErgoCub e l’uso del robot R1 come guida nei musei.

Qual è l’aspetto più difficile del tuo mestiere? Nella ricerca si studiano cose nuove, si sa da dove si parte, ma non dove si arriverà e bisogna capire quando insistere e quando, invece, cambiare direzione. Ogni progetto ha obiettivi molto sfidanti e spesso a risultato ottenuto mi chiedo: ci è andata bene anche questa volta oppure siamo davvero bravi?

Il ricercatore senior si deve curare anche di molti aspetti burocratici come condizione necessaria. Apparentemente è un aspetto che difficilmente si concilia con l’attività di ricerca. Come la vivi? Credo che questa sia effettivamente è la parte più difficile del percorso di carriera di un ricercatore, cerco comunque di focalizzare il mio lavoro sulla gestione dei progetti di ricerca e quando riesco ricavarmi ancora del tempo per fare qualcosa che mi appassiona.

Chi dovrebbe investire di più nella ricerca rispetto a quanto fa oggi? In Italia c’è forte bisogno di un maggior investimento sia per la ricerca di base sia per quella applicativa, credo siano necessari più fondi pubblici, ma anche maggiori investimenti da parte delle aziende private.

Si parla abbastanza di scienza al di fuori dei laboratori e del mondo accademico? Se ne parla spesso, ma in termini molto semplificati e ci sono pochi spazi per spiegare bene quali sono le motivazioni alla base di un progetto di ricerca, i risultati ottenuti, ma soprattutto andrebbe raccontata la strada che manca per far sì che questi risultati abbiano un impatto reale sulla vita delle persone.

Da chi hai ricevuto l’insegnamento più importante durante il tuo cammino? Ho avuto la fortuna di lavorare con persone molto brillanti e capaci, ognuna mi ha insegnato molto, anche gli studenti e i postdoc che ho supervisionato.

Cosa diresti oggi al giovane te che termina il suo dottorato: focus, focus, focus!

Lavorare in diversi Paesi è fondamentale per un ricercatore? È importate vedere come funziona la ricerca negli altri Paesi, costruirsi una rete di contatti e rendersi indipendenti.

Puoi migliorare un aspetto della ricerca in generale. Quale scegli? Rendere la ricerca accademica meno frazionata aumentando i gruppi che possano fare massa critica per risolvere problemi complessi.

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