Intervista a Roman Krahne, coordinatore della linea di ricerca “Optoelectronics” di IIT
Nome: Roman
Cognome: Krahne
Luogo di nascita: Amburgo (Germania)
Ruolo: PI, Optoelectronics
Di cosa si occupa il tuo team di ricerca? Esaminiamo le proprietà ottiche ed elettriche di nuovi nanomateriali e nanostrutture, e progettiamo applicazioni di dispositivi proof of concept basati su tali proprietà, come fotorivelatori, diodi a emissione di luce, laser ecc.
Era questo il lavoro che avresti voluto fare da piccolo? Non saprei. Forse, magari a livello inconscio. Ciò che più mi piace del mio lavoro sono le sue numerose sfaccettature e l’ampio grado di libertà: lavoro in laboratorio, insegno, scrivo articoli e proposte per nuovi progetti, gestisco un team, partecipo a meeting e conferenze e altro ancora. È un mix molto interessante. Non potrei trascorrere le mie giornate facendo sempre la stessa cosa.
Se non facessi questo lavoro, cosa ti sarebbe piaciuto fare? Mi piace viaggiare, fare sport e organizzare attività. Mi piacerebbe esplorare nuovi concept per un turismo alternativo, sarebbe un lavoro molto stimolante: testare tour, location, attività…A volte mi avvicino a tutto questo, quando organizzo riunioni di progetto o conferenze, o nella gestione della squadra di pallavolo di IIT.
Quella volta in cui hai desiderato abbandonare tutto e dedicarti ad altro:Durante dottorato e postdoc la frustrazione può essere molto alta, perché si lavora a un unico progetto e di solito le cose non vanno come previsto, quindi è necessario tentare e ritentare per avere successo. Con il tempo la situazione migliora, perché guidando un team si gestiscono più attività contemporaneamente e, di conseguenza, le possibilità di successo sono maggiori.
“Publish or perish”. In che modo la pressione della pubblicazione influenza le tue giornate e le tue scelte professionali? Pubblicare i risultati che otteniamo fa parte della ricerca. Chi si ricorderebbe del nostro lavoro se non pubblicassimo le nostre scoperte? Scrivere articoli aiuta anche a progettare e pianificare la ricerca. Vedendola da questo punto di vista, non la considero una pressione, è semplicemente parte del mio lavoro. Inoltre, scrivere o contribuire a buoni articoli con i quali posso identificarmi è una grande soddisfazione per me.
Quando hai capito che stavi andando nella giusta direzione? Quando ho iniziato a coordinare il progetto COMPASS.
Qual è il tuo prossimo obiettivo? Guidare un team di successo in cui tutti si sentano motivati e a proprio agio e supportare la carriera delle persone che lavorano o hanno lavorato con me.
Qual è l’aspetto più difficile del tuo lavoro? Gestire membri del mio team che non performano al meglio. Cosa non ha funzionato? La selezione? La leadership? La motivazione? E qual è la soluzione migliore? Non è mai facile trovarla e prendere una decisione in merito.
I ricercatori senior devono necessariamente gestire diversi aspetti burocratici. Apparentemente, questo non sembra conciliarsi al meglio con l’attività di ricerca. Cosa ne pensi? Odio il lavoro burocratico, sono davvero pessimo in questo. Fortunatamente ho chi mi supporta: posso contare su di loro e posso motivarli con la mia gratitudine.
Chi dovrebbe investire di più nella ricerca rispetto a quanto avviene oggi? Penso che IIT riceva i giusti finanziamenti, ma per le università italiane dovrebbe essere diverso. La magia è soprattutto nell’imprevedibile: credo che la ricerca di base o “blue sky” sia molto importante e spesso porta alle invenzioni più importanti. Una parte della ricerca dovrebbe essere indipendente da interessi tecnologici o ritorni economici immediati; per questo i finanziamenti di governo e UE sono molto importanti.
La gente parla di scienza fuori dai laboratori e dal mondo accademico? Sì, certo, incontro molte persone curiose, interessate a quello che faccio. Spiegarlo è la parte difficile.
Chi ti ha dato i consigli più importanti durante il tuo percorso? Non ho ricevuto consigli diretti, ma ricordo e apprezzo alcuni commenti, affermazioni o modi di affrontare la ricerca di cui ho sentito parlare o a cui ho assistito. Ad esempio, ricordo che al mio tutor di Dottorato è stato chiesto quale domanda farebbe a Dio in merito a come funzionano le cose. La sua risposta è stata: “nessuna, voglio scoprirlo da solo”.O ancora un’altra volta, ricordo che durante un confronto, un collega senior mi ha detto che mezzo anno non è niente nella scienza e questo ancora oggi mi aiuta a rilassarmi e ad affrontare i problemi in tempo. Molti dei miei mentori non si sono focalizzati esclusivamente sulla scienza, ma hanno considerato anche altri aspetti della vita. Penso che questo sia molto importante. E tutto andrà bene.
Cosa diresti al giovane te che sta concludendo il Dottorato di Ricerca?Un consiglio dal futuro? Potrebbe funzionare? Un giovane Roman mi ascolterebbe?
Per un ricercatore è essenziale lavorare in paesi diversi? Sì, assolutamente. I ricercatori hanno bisogno di un ampio orizzonte, e vivere in diverse culture (di ricerca) è essenziale per questo. Il coordinamento di un progetto CE di scambio scientifico tra istituzioni europee e statunitensi è stata una delle attività più gratificanti della mia carriera.
Se potessi migliorare un aspetto della ricerca, quale sceglieresti?La ricerca è creatività e incontro. Quindi migliorerei l’ambiente in cui gli scienziati trascorrono le loro giornate per renderlo più stimolante. Molte strutture di ricerca sono sicuramente funzionali, per trovare un modo educato di dire che edifici, uffici ecc. sono in realtà piuttosto noiosi o addirittura orribili. Le migliori idee di ricerca e gli scambi più efficaci avvengono in ambienti sociali rilassati, ed è importante creare questi spazi. Alcuni istituti e aziende all’estero hanno già fatto passi avanti in questo senso, con sale caffè, aree verdi all’esterno e spazi per attività ricreative dove il personale può incontrarsi e chiacchierare. Naturalmente, anche i laboratori devono offrire lo spazio necessario e un ambiente adeguato per garantire la riuscita degli esperimenti.