Cerca
Close this search box.

“Pelle” piezoelettrica per recuperare energia pulita

Produrre energia sfruttando piccole vibrazioni, un soffio di vento o il battito del cuore, oggi è realtà, grazie alle attività del Centro di IIT   a Lecce e alla startup tecnologica, Piezoskin.I ricercatori dell’IIT da anni sono impegnati nello sviluppo di nuovi dispositivi tattili sensibili non solo alla pressione di un tocco (nel caso della pelle dell’iCub, per esempio), ma a diverse stimolazioni derivanti ad esempio da leggere vibrazioni, soffi di aria e movimenti. Unendo questa branca di studi a quella degli energy harvester (raccoglitori di energia), il gruppo di ricerca del Centro per le Nanotecnologie Biomolecolari (CBN) dell’IIT di Lecce ha sviluppato un metodo innovativo per recuperare energia pulita da flussi d’aria o di liquidi grazie alle proprietà piezoelettriche di nuovi materiali compositi e flessibili, senza impattare negativamente sull’ambiente. Il tutto ispirato al mondo marino, in particolare alla linea laterali dei pesci, ovvero quell’apparato sensoriale che permette loro di percepire le caratteristiche fisiche dell’ambiente in cui nuotano.La nuova invenzione consiste in un tappeto flessibile molto versatile formato da micro-bandierine o foglioline piezoelettriche e costruito con materiali riciclabili e biocompatibili. La parte attiva è formata da un supporto polimerico flessibile (Poliammide) su cui è applicato un materiale inorganico cristallino dotato di proprietà piezoelettriche intrinseche (nitruro di alluminio).«In base alle applicazioni, le sue dimensioni possono andare dalla scala nanometrica fino a raggiungere superfici di molti metri quadri – spiega Massimo De Vittorio direttore del centro e coordinatore dello studio – In questi anni di ricerca stiamo lavorando su come sintetizzare e applicare a micro- e nano-dispositivi materiali piezoelettrici più efficienti, flessibili e performanti. I materiali piezoelettrici sono quei materiali in grado di trasformare l’energia meccanica in elettrica in seguito a una pressione, a una deformazione o a una qualsiasi sollecitazione meccanica.Il supporto per sensori e trasduttori piezoelettrici è tradizionalmente il silicio, materiale troppo rigido le cui deformazioni sono sufficientemente elevate solo a frequenze specifiche. Abbiamo pensato di sostituire il silicio con un materiale organico soffice e flessibile e sviluppato un composito ibrido organico/inorganico che unisce le proprietà di un semiconduttore piezoelettrico alla flessibilità di materiali polimerici. Questo ha permesso di sviluppare dispositivi funzionanti in modo efficiente indipendentemente dalla frequenza di lavoro, portando alla realizzazione di sensori tattili con struttura e funzioni simili a quelle della pelle umana, sensibili a stimoli multipli quali pressione, vibrazione e scivolamento».L’idea di creare un tappetto flessibile riconducibile al modello eolico, nasce dall’esigenza dei ricercatori di superare il problema di rigidità di un sistema piezoelettrico e soddisfare il requisito base della piezoelettricità: per generare energia è necessaria una deformazione della struttura; grazie alla particolare forma a bandiera-foglia questo è possibile. Quando il flusso di un gas o di un liquido sbatte contro queste strutture, genera nel sistema una deformazione meccanica che può essere trasformata in energia elettrica. Tali trasformazioni non generano alcuna emissione nociva.Le applicazioni sono molteplici. Queste foglioline possono essere integrate in qualsiasi ambiente sfruttando turbolenze, flussi e movimenti di liquidi. Dai tetti delle abitazioni alle tubature aziendali; dai giardini pubblici ai fondali marini possono essere applicate a diverse superfici, in un modo del tutto non invasivo, divenendo parte integrante del paesaggio. Inoltre, questa tecnologia innovativa può essere inserita in dispositivi impiantabili nel corpo umano per aumentare l’autonomia di pacemaker e per alimentare sensori di monitoraggio remoti o indossabili che controllano ad esempio la qualità dell’aria, delle acque, le prestazioni sportive e parametri vitali, riducendo la necessità di cambiare la batteria.La tecnologia piezoelettrica flessibile è diventata anche startup: Piezoskin. Il Centro per le Nanotecnologie Biomolecolari dell’IIT di Lecce consapevole del fatto che oggi in Italia brevettare un’invenzione in attesa di possibili sviluppatori in campo industriale potrebbe voler dire non vederla mai sul mercato, ha preferito scendere direttamente in campo.«Oggi purtroppo in Italia c’è il rischio che la tecnologia sviluppata e brevettata non veda mai ricadute sul mercato e rimanga in un cassetto – spiega De Vittorio – Le ragioni possono essere diverse: ad esempio la non perfetta corrispondenza tra offerta e domanda d’innovazione e nuove tecnologie, le difficoltà di comunicazione, differenti strategie e visioni. Si rischia quindi di continuare a produrre nuove tecnologie che però non trovano un trasferimento in prodotti commercializzabili. Creando una startup, invece, oltre a instaurare una cultura imprenditoriale nei giovani e creare posti di lavoro, è possibile mostrare alle aziende i prototipi prodotti, creare partnership e andare sul mercato: requisiti che facilitano il rapporto con le industrie, con il territorio e con il mercato. Le startup avranno un rapporto privilegiato con il laboratorio che le ha generate ed è auspicabile che finanzino in futuro la ricerca pubblica, chiudendo così un circolo economico virtuoso, dove la probabilità che nuove tecnologie restino inutilizzate è minore».Piezoskin è un chiaro esempio di come oggi in Italia la ricerca pubblica, per uscire dai laboratori e divenire una realtà applicabile e tangibile, debba trovare nuove strategie imprenditoriali.  La creazione di startup innovative è il modo per portare i risultati della ricerca sul mercato, ottimizzando l’interazione tra ente di ricerca e industria.Il centro di ricerca CBN dell’Istituto Italiano di tecnologia non è nuovo a questo approccio economico-tecnologico: Piezoskin è stata preceduta da altre due startup: HiQ-Nano (High Quality Nanoparticles) nel campo delle nanoparticelle e OptogeniX nell’area dell’optogenetica. Pur se giovanissime, queste aziende sono già sul mercato con prodotti tecnologicamente avanzati e clienti in tutto il mondo.

Condividi