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Potenziare l’attenzione

Intervista a Lorella Battelli, ricercatrice presso il centro IIT di Rovereto e alla Harvard Medical School di Boston

L’attenzione sostenuta è una risorsa limitata che diminuisce durante le attività quotidiane”. Attenzione e velocità di risposta agli stimoli esterni come abilità cognitive e caratteristiche di un individuo, sano e non. Un tasto dolente per tutti. Ed è anche quello di cui si occupa principalmente nelle sue ricerche Lorella Battelli, ricercatrice presso il centro IIT di Rovereto e alla Harvard Medical School di Boston. Ultimamente ha coordinato lo studio “Controlling Brain State Prior to Stimulation of Parietal Cortex Prevents Deterioration of Sustained Attention” pubblicato sulla nuovissima Cerebral Cortex Communications.

Ciao Lorella, puoi spiegarci nel dettaglio cos’è l’attenzione sostenuta e cosa avete scoperto di recente nel vostro ultimo lavoro di ricerca?

L’attenzione sostenuta è un’abilità cognitiva fondamentale per la sopravvivenza. È quello stato di allerta che permette di focalizzarci su un’azione, un compito per lungo tempo. Quando si parla di attenzione è sempre difficile dare una definizione specifica, perché di fatto l’attenzione è importantissima per tutto quello che facciamo nel quotidiano: leggere un giornale, fare il caffè, studiare, guidare la macchina, fare la spesa, seguire i nostri figli sui campi di gioco. La nostra capacità di concentrarci su un compito non solo varia durante il giorno ma anche nel corso della vita. I bimbi hanno una capacità limitata di concentrarsi su un compito o un gioco, verso i 20/30 anni il sistema cognitivo è al meglio delle sue prestazioni e con il passare degli anni, la nostra capacità di concentrarci su un compito per lungo tempo diminuisce drasticamente. Questo in tempi normali, ma proviamo anche a pensare quanto è difficile in questo periodo di pandemia restare concentrati per seguire o fare una lezione su una piattaforma virtuale tipo zoom. Docenti universitari e insegnanti hanno dovuto ridurre la durata delle lezioni in remoto, proprio perché ci si è resi conto che è molto più difficile mantenere l’attenzione sostenuta per insegnare o seguire una lezione virtuale per lungo tempo, rispetto ad una lezione in presenza. Queste abilità le possiamo studiare e quantificare in laboratorio, chiedendo ai soggetti di mantenere l’attenzione sostenuta su stimoli visivi presentati su un computer. È stato dimostrato in numerosi studi che la prestazione decade significativamente dopo circa 45 minuti, i tempi di risposta aumentano e facciamo molti più errori, soggettivamente infatti ci sentiamo distratti, non più in grado di concentrarci. Nel nostro laboratorio all’IIT utilizziamo da anni tecniche di stimolazione non invasiva, applicando degli elettrodi sullo scalpo/testa, in corrispondenza di aree specifiche del cervello con l’obiettivo di capire rapporti causali diretti tra aree cerebrali, funzioni visive e attenzione.

Come siete arrivati a questo potenziamento? 

Nello studio appena pubblicato su Cerebral Cortex Communications Grace Edwards, postdoc nel mio laboratorio, ha stimolato le aree dei lobi parietali (che sono direttamente coinvolti nel corretto funzionamento del sistema attentivo) con una nuova tecnica di stimolazione “combinata”, data dall’associazione di due tecniche: la stimolazione corticale diretta a rumore casuale o tRNS e la stimolazione magnetica transcranica o TMS. La nostra ipotesi era che la tRNS avrebbe modulato e migliorato temporaneamente la comunicazione tra neuroni nel tessuto corticale stimolato, ponendolo in uno stato di eccitabilità ideale per poter svolgere il compito attentivo. La stimolazione associata di tRNS e TMS avrebbe permesso infine di estendere i benefici sul sistema attentivo, messo così in condizioni ottimali di lavoro. Studi precedenti hanno dimostrato che la combinazione di queste tecniche, utilizzate però sul sistema motorio, rende la risposta motoria più efficiente, ma la loro efficacia non è mai stata dimostrata, prima del nostro studio, sulle funzioni cognitive. La combinazione di due tecniche di stimolazione si è rivelata cruciale anche nel nostro studio, dove invece abbiamo studiato l’attenzione sostenuta, chiedendo ai soggetti di inseguire con l’attenzione quattro palline (due a sinistra e due a destra dal centro del video) che si muovevano velocemente sullo schermo per diversi secondi insieme ad altre palline (dette distrattori) che i soggetti dovevano attivamente ignorare (esempio del nostro compito con palline molto veloci: https://youtu.be/6lIaBrrItSw e lente: https://youtu.be/5lDjcfp0Kb0, la difficoltà veniva tarata su ogni soggetto in modo da poter testare tutti allo stesso livello di difficoltà). Abbiamo testato 40 soggetti in due esperimenti e prima dell’esperimento di stimolazione, abbiamo identificato con esattezza l’area da stimolare per ciascun soggetto attraverso l’uso della risonanza magnetica funzionale, durante la quale è possibile visualizzare quali parti della corteccia si attivano di più durante il compito. I partecipanti erano in seguito assegnati ad una di tre condizioni: stimolazione attiva combinata, stimolazione fittizia combinata o stimolazione con una sola tecnica (TMS o tRNS). Dai risultati abbiamo osservato che solo i soggetti stimolati con la procedura combinata hanno duplicato la loro capacità attentiva, sono passati da 45 a 90 minuti di risposta ottimale, rispetto alla condizione con stimolazione singola o fittizia, prima che l’attenzione iniziasse a decadere.

Quali potrebbero essere le ricadute cliniche in termini di prevenzione del decadimento su soggetti sani e su soggetti con disturbi attentivi?

Le ricadute sono chiare, visto che viviamo sempre più a lungo, vi è una grandissima necessità di mantenere il funzionamento del nostro sistema cognitivo in uno stato ottimale. Questa necessità è attuale ora più che mai, è recentissima di qualche giorno fa la notizia che anche l’ennesimo farmaco di nuovissima generazione per curare l’Alzheimer ha fallito e la Food and Drug Administration non ha potuto approvarlo come farmaco contro la demenza di Alzheimer. Parliamo del farmaco prodotto da una multinazionale statunitense, ma molti prima di questo hanno subito lo stesso destino. Ad oggi ci troviamo completamente incapaci di prevenire e curare una delle malattie la cui incidenza andrà sempre più aumentando e, tenuto conto che al momento è stimato che in Italia ci siano almeno 1,1 milioni di malati di Alzheimer (come riportato dal Corriere qualche giorno fa), è veramente urgente che si trovino procedure per mantenere sano il nostro sistema cognitivo, prevenire il decadimento, sia nella patologia, ma anche nel normale invecchiamento. Mentre è presto per dire se la stimolazione corticale potrà aiutarci in questo, i nostri dati potrebbero darci qualche indicazione su come potenziare e mantenere le funzioni attentive che a loro volta supportano altre funzioni quali ad esempio la memoria.

Esiste poi tutta la potenziale applicazione sui disturbi attentivi dello sviluppo. Disturbi dell’età evolutiva quali ADHD e ADD hanno il disturbo attentivo come uno degli elementi centrali che interferiscono con il normale apprendimento e la possibilità di un intervento mirato ha grandi potenzialità, anche se rimangono alcune perplessità sull’uso della stimolazione corticale in età evolutiva, in quanto il cervello in via di sviluppo potrebbe risponde in modo diverso alla stimolazione. Infine il nostro protocollo ha sicuramente ricadute importanti nell’ambito del trattamento dei disturbi cognitivi acquisiti, ovvero causati da lesioni corticali in seguito a ictus o stroke. Il nostro laboratorio in particolare ha già esperienza e pubblicato in questo settore, sappiamo già che i pazienti neurologici possono trarre beneficio dalla stimolazione corticale. Ora abbiamo uno strumento in più per provare a migliorare ulteriormente le prestazioni dei pazienti stroke, con la possibilità di ottenere effetti più duraturi nel tempo e con lo scopo più importante, ovvero quello di migliorare la qualità della vita.


Link al paper “Controlling Brain State Prior to Stimulation of Parietal Cortex Prevents Deterioration of Sustained Attention“: https://doi.org/10.1093/texcom/tgaa069

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