A lezione con Giorgio Metta
Sempre di più il tema dell’intelligenza artificiale, e tutto il dibattito che ne scaturisce, è presente quotidianamente sui giornali, nei programmi televisivi, negli eventi, nei palazzi dei legislatori e da un po’ di tempo anche nelle aule universitarie. Così, presso l’Università di Roma Luiss Guido Carli, il Professore e giornalista del Corriere della Sera, Massimo Sideri, ha invitato il Direttore scientifico dell’IIT, Giorgio Metta, a tenere insieme a lui una lezione dal titolo “Quanto è intelligente l’I.A. e quanto è artificiale?”.
Partendo da una vignetta del 1959, del fumettista Disney Romano Scarpa, che illustrava un cervello meccanico – quello che oggi chiamiamo intelligenza artificiale – ci si pone subito una prima questione: nasce prima l’intuizione o prima la tecnica?
Osservando la realtà attuale – secondo Giorgio Metta – ciò che sta accadendo è che l’I.A. sta facendo avanzare prima la tecnica rispetto all’intuizione/idee e questo è legato alla discussione della comprensione degli algoritmi. È accaduto che si siano sviluppati dei sistemi sofisticati prima di avere delle equazioni che li potessero descrivere. Questo comporta un limite, infatti saper fare delle cose senza sapere troppo il perché funzionano.Cio’ regge fin quando non si incappa in un errore, che poi e’ incorreggibile non avendo la comprensione del sistema. Spesso accade che si proceda nel livello tecnologico, ma senza avere una teoria che la supporti.
Vito Volterra, fondatore del CNR – ricorda Sideri – sosteneva che a volte capiti che parta prima l’industria e poi arrivi la scienza e a volte il contrario, facendo l’esempio della corrente (elettricità) e del vapore (termodinamica).
Il Direttore scientifico dell’IIT afferma come di fatto questa sia un’opzione sempre aperta e ciò che di sicuro si può osservare è che senza una teoria si arrivi, prima o poi, in ogni modo ad un blocco nelle qualità delle prestazioni.
Riprendendo quindi la domanda oggetto della conferenza “Quanto è intelligente l’I.A. e quanto è artificiale?”, la risposta fornita dal Professor Metta è che questa non sia forse troppo intelligente, ma sia molto efficace. Un sistema di I.A. è in grado di conservare, in modo esatto, una grande mole di dati, di non dimenticare nulla e quindi di fornire la possibilità di usare nel tempo dati, analisi e soluzioni per risolvere in modo continuativo un certo tipo di problemi.
L’I.A. nasce a partire dal 1950 e già soli venti anni dopo si disquisiva su come avrebbe modificato la vita di tutti noi. Ciò che davvero è cambiato da quegli anni non sono però gli algoritmi utilizzati – che Metta ricorda già a fine anni ’80 essere pressoché simili agli attuali – ma la velocità dei processori, sempre più potenti. La vera svolta è stata applicare la GPU (Graphics Processing Unit) alle reti neurali, ossia ad un metodo di intelligenza artificiale che insegni ai computer ad elaborare i dati in un modo che si ispiri alla mente umana.
Questi sistemi, però, hanno un bisogno energetico non paragonabile ad un cervello umano, che consuma circa 20 watt di energia per un adulto medio o meno della metà del consumo di una lampadina. Si pensi che ChatGPT, nel solo mese di gennaio 2023, ha consumato all’incirca la stessa quantità di elettricità impiegata da 175.000 persone. L’intelligenza artificiale ha, infatti, una enorme fame di energia e una smisurata sete di acqua, necessaria per il raffreddamento dei data center.
Si è stimato che ogni 10 ricerche, effettuate sempre su ChatGPT, servano circa 500 ml di acqua e questo è un paradosso, considerando che l’I.A. dovrebbe essere proprio lo strumento in grado di aiutarci nella sfida della sostenibilità ambientale. Oltre alla parte energetica, bisogna poi considerare anche i costi per addestrare questi sistemi e per tenerli aggiornati. Per istruire un sistema di I.A. possono servire anche 1 miliardo di euro, aggiungendo poi il costo, come detto, di aggiornamento.
Ultima riflessione o forse perplessità, a conclusione della lezione, è la constatazione che per il momento il mondo dei big data è in mano a cinque soggetti che detengono la maggior parte dei dati. L’Europa dovrebbe ragionare – secondo Metta – sulla possibilità di realizzare un grande investimento che permetta di costruire una sorta di “CERN” dell’I.A. europea. Solo sviluppando sistemi e partecipando attivamente ad un processo se ne possono poi anche scrivere le regole.