Fisica, patatine fritte due volte e gentilezza
L’auto del padre quand’era piccolo era una Volkswagen Passat, e viaggiavano con quella. Due fratelli e due sorelle, in macchina due di loro stavano dietro nel bagagliaio dove il padre aveva predisposto dei seggiolini per bambini. A lui toccava quella postazione, perché il più piccolo dei cinque e quindi il più minuto. E sebbene per lui fosse la normalità, la visione di quella macchina allestita per i viaggi risultava sempre abbastanza esilarante per chi la guardava dall’esterno.
Eli Slenders è nato in Belgio, e lavora come Post Doc nel lab “Molecular Microscopy and Spectroscopy” di IIT coordinato da Giuseppe Vicidomini.
Ha frequentato le scuole elementari e superiori a Zonhoven, poi si è laureato in Fisica alla Hasselt University e successivamente ha conseguito un master in Fisica alla KU Leuven.
Nel progetto che sviluppa in IIT si occupa di costruire un microscopio ottico per studiare la diffusione molecolare, con l’obiettivo finale di capire come la miriade di molecole all’interno di una cellula, come le proteine o il DNA, si muovono e interagiscono tra di loro all’interno, per far funzionare la totalità dei meccanismi biologici che governano la nostra vita biomolecolare. Un compito piuttosto complesso, poiché le molecole sono molto più piccole del limite di risoluzione del microscopio ottico. La tecnica che sta realizzando il gruppo di Vicidomini si chiama “Fluorescence Correlation Spectroscopy (FCS)”. La configurazione è molto simile a un microscopio ottico convenzionale (confocale), ma invece di creare immagini totali della cellula attraverso una sua completa scansione, viene semplicemente monitorato il segnale di fluorescenza proveniente dal una specifica posizione fissa della cellula. La tecnica è stata utilizzata per diversi decenni, ma ora, con l’avvento di rilevatori migliori (più veloci, più sensibili, più pixel, e con la capacità di registrare la luce al dettaglio più piccolo possibile, cioè il fotone), possono estrarre molte più informazioni rispetto a prima. L’obiettivo del progetto di Eli è esplorare il potenziale di questi rilevatori così all’avanguardia in una applicazione come lo FCS.
Eli cosa ti piace maggiormente di questo progetto?
Mi piace molto come è cresciuto il progetto giorno dopo giorno. Ho iniziato partendo da un tavolo ottico completamente vuoto. Con l’aiuto dei miei colleghi e del mio supervisor, ho progettato e costruito il microscopio, programmato il software per controllare il sistema e acquisire i dati, eseguito gli esperimenti e ora sto analizzando i dati. A volte, guardando i dati, resto ancora molto colpito dall’idea che quello che vedo sono particelle di dimensioni nanometriche muoversi (un nanometro è un milionesimo di millimetro!), il tutto misurato con un microscopio che ho costruito completamente da zero, utilizzando componenti relativamente semplici come lenti, specchi e laser.
Cosa sei riuscito a fare nei mesi di lockdown?
Come la maggior parte delle persone ho trascorso la quarantena a casa, in centro, uscivo solo per fare la spesa e sembrava davvero surreale: il contrasto tra la città frenetica di prima e la calma e la desolazione di quelle settimane era disarmante. Le prime settimane sono state quasi apprezzate, concedersi una pausa dalla vita sociale non era affatto spiacevole, ne ho apprezzato silenzio e pace. Ho iniziato a cucinare più spesso, ho letto diversi libri e ho seguito un corso di italiano online. Dopo un paio di settimane, però, non poter vedere amici e colleghi dal vivo è diventato sempre più difficile, noioso e fastidioso. Dal punto di vista lavorativo, invece, ho continuato a fare quello che potevo da casa: codifica e analisi dei dati, scrittura paper, etc. Potevo fare molto, ma ovviamente le circostanze non erano ideali. Non ho un vero ufficio a casa, ho dovuto improvvisare ed ero sicuramente meno produttivo che in condizioni normali, ma tutto sommato non posso lamentarmi, davvero.
E il tuo sogno per il futuro?
È una gran bella domanda, ma non ho una risposta. Per il momento faccio un lavoro che mi piace molto, in un posto molto bello e circondato da molti amici. Mi ritengo fortunato e non riesco a immaginare altro ancora.
Eli lavora nei laboratori del centro CHT – Center for Human Technologies di IIT all’interno del Parco Scientifico Tecnologico “Great Campus” di Erzelli, e si ritiene molto soddisfatto anche per la location. Non facilmente raggiungibile dal centro città ma un “un edificio pulito e moderno, con una splendida vista sulle montagne e sul mare.” Mi racconta che tra i suoi colleghi ci sono ragazzi da diversi paesi del mondo, Italia, Finlandia, Australia, Giappone, Iran, Francia, e che l’internazionalità di IIT e la multiculturalità dell’istituto sono tra gli aspetti positivi che più lo tengono legato al suo lavoro, e a quelli che sono diventati anche amici.
Adesso parliamo dell’Italia e di Genova Eli, cosa ti piace e cosa non ti piace?
Penso sia davvero difficile rimanere indifferenti all’Italia. L’aperitivo per esempio e l’abitudine a non tornare a casa dopo il lavoro ma soffermarsi dinanzi drink e buon cibo con i colleghi è un aspetto che adoro! Gli aspetti negativi sono invece la burocrazia, la difficoltà a reperire online quello che serve per la burocrazia, e il non parlare in inglese, tra gli aspetti che rendono l’arrivo in Italia molto difficoltoso. Sono un cittadino europeo però, quindi preferisco non lamentarmi troppo rispetto a chi, non UE, ha molti più problemi in questo ambito. Sicuramente il cibo, il buon cibo, è una caratteristica anche genovese. Così come la presenza di mare e montagna, e la focaccia che ho iniziato ad apprezzare forse tardi. Forse, se devo fare una critica alla città, mi lamenterei di poca pulizia, molta confusione, pochi spazi verdi e parchi e una certa ostilità alle biciclette.
Eli ha un fare espansivo e cordiale, mi descrive minuziosamente del “friet special met een Bicky burger”, il suo piatto preferito di casa fatto di patatine fritte due volte, cipolle tagliate a cubetti, panino con semi di sesamo ripieno di miscela di pollo, maiale e carne di cavallo, con sottaceti e tre diverse salse.
E mi racconta anche di Zonhove, una cittadina di poco più di 20.000 abitanti circa situata nella provincia fiamminga del Limburgo belga, quasi interamente percorribile in bici perché predisposta con piste ciclabili che la attraversano.
“Met zachtheid komt men verder dan met geweld.”, la traduzione olandese dell’originario francese detto “Plus fait douceur que violenza”, ovvero “la gentilezza funziona meglio della violenza”. Un po’ il mio motto di vita, dice Eli.
Che tu possa costruire il tuo sogno di carriera e di vita con gentilezza, dunque.
In bocca al lupo Eli!