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“Robot. The Human Project”

Dopo due rinvii causa emergenza Covid, apre sabato primo Maggio al Mudec di Milano

La mostra, che sarà visitabile fino al primo Agosto 2021, racconta la storia della relazione tra essere umano e robot, dagli albori fino alla recente esperienza nella lotta al Covid-19.

Il percorso espositivo, che si rivolge agli adulti, al pubblico delle scuole e alle famiglie, svela i risultati concreti fino ad ora raggiunti e le nuove frontiere della robotica e della bionica; ne ripercorre il fascino antico, dai matematici alessandrini agli scienziati arabi, dai grandi ingegneri del Rinascimento e del Barocco fino agli androidi settecenteschi, l’incessante aspirazione dell’essere umano a creare alter ego che assottigliano sempre più le barriere tra artificiale e naturale; fino ai robot antropomorfi e biomorfi dotati di un’intelligenza artificiale che sollevano questioni etiche e riflessioni sociali a livello globale.

“Robot. The Human Project” è promosso dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, in collaborazione con Fondazione Deloitte, l’Istituto di Bio Robotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed è stata realizzata anche grazie al supporto tecnico e scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

IIT partecipa al progetto espositivo con il robot umanoide Walkman, il robot bioispirato Plantoide, la protesi mioelettrica di arto superiore Hannes, James e Eurohead e l’IA usata per iCub.

Abbiamo intervistato Lavinia Galli, storica dell’arte e conservatrice del Museo Poldi Pezzoli di Milano e Antonio Marazzi, antropologo, professore ordinario di Antropologia Culturale e Direttore del corso di perfezionamento in Antropologia Culturale e Sociale presso l’Università di Padova, curatori della mostra insieme ad Alberto Mazzoni, fisico e bioingegnere, responsabile scientifico del Laboratorio di Neuroingegneria computazionale dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Dai primi congegni meccanici dell’antica Grecia alle nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale. Una mostra che vuole raccontare il cambiamento di visione e di struttura hardware dei robot lungo la storia, ma anche approfondire aspetti cruciali legati alle più recenti applicazioni della robotica, fino a toccare considerazioni nell’ambito dell’etica. Facendo tutto questo con un linguaggio per non addetti ai lavori: un progetto ambizioso il Vostro.

LG: Devo ammettere che il lavoro è stato mastodontico. Siamo partiti più di 3 anni fa come succede spesso con le mostre di indagine e che hanno a che fare con il mondo della ricerca. Nel confezionare questa mostra interattiva, abbiamo voluto superare gli steccati disciplinari e far dialogare più mondi fra loro a partire da noi curatori: uno specialista di robotica, un antropologo e una storica dell’arte e Fabrizio Modina, specialista della cultura pop. La regola che ci siamo dati per riuscire a progettare una mostra comprensibile a tutti era che quando uno dei 3 spiegava, gli altri due dovevano capire. Per cercare d’essere ancora più chiari, la mostra è strutturata seguendo un ordine cronologico a partire dagli automi e anche all’interno delle singole sale abbiamo usato l’ordine cronologico di comparizione dei singoli oggetti oltre a specifiche segnaletiche colorate per evidenziare esempi attinti dalla cultura comune e cinematografica per specificare a quale tipologia di uomo macchina o rapporto uomo – macchina ci stiamo riferendo. Nella sala della bionica abbiamo messo Dart Fener di Guerre Stellari per facilitare l’associazione all’immaginario colettivo. Per gli autonomi abbiamo selezionato Pinocchio.

Una pandemia mondiale ha sbaragliato i piani inziali per la mostra che sarebbe dovuta essere stata inaugurata nel 2020. La pandemia ha messo a dura prova il Sistema sanitario e in questo frangente sono stati molteplici gli esempi di prototipi robotici utilizzati nelle corsie per alleggerire le fatiche del personale medico sanitario o esporli il meno possibile al virus. Accanto ai sofisticati robot già impiegati per esempio nella chirurgia di precisione, si sono fatti avanti robot – anche improvvisati – per soddisfare la necessità di mettere in contatto visivo pazienti ricoverati e parenti a casa. La realtà che si intreccia alla vostra narrativa?

AM: Un anno fa, all’inizio dell’era Covid, la rivista Science Robotics ha ospitato un editoriale fondamentale sul ruolo della robotica nella gestione della salute pubblica e delle malattie infettive. Questo testo ci ricorda come fin dall’inizio i robot siano stati progettati per svolgere compiti “dull, dirty and dangerous”. Il monitoring, le pulizie, la logistica in ambienti a rischio infezione sono un esempio perfetto, per non parlare del ruolo improvvisamente centrale che la telepresenza ha iniziato ad avere nella vita di tutti. Da un lato tutta una serie di soluzioni pensate per altre situazioni a rischio, come i robot per intervento nelle aree di terremoto o radioattive di cui parliamo nella mostra, sono state utili perché prontamente riconvertite per la pandemia. Dall’altro c’è ampio spazio per migliorare. Pensate se avessimo avuto in ogni ospedale un robot – dotato di sensori e intelligenza adeguati – in grado di effettuare automaticamente un primo screening individuando i pazienti a rischio covid. Questo avrebbe potuto minimizzare i contagi ospedalieri. L’interazione tra la mostra e la pandemia non è però stata soltanto teorica. Uno dei robot in esposizione (un Sanbot Elf) è stato ospitato all’ospedale di Varese ed è stato utile per monitorare i pazienti in corsia, risparmiando quindi ai medici il tempo necessario a mettersi e togliersi tutti i dispositivi di protezione del caso, ma anche consentendo una interazione più semplice con i pazienti.

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