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Robotica e IA per la chimica del futuro

Intervista a Liberato Manna, Medaglia Sacconi 2019

Liberato Manna è uno scienziato che non ama i riflettori dei mass media, che preferisce raccontare la chimica ai bambini delle scuole elementari andando direttamente nelle loro classi, e che, se gli chiedi dove conserva tutti i riconoscimenti internazionali ricevuti nella sua carriera risponde: “Non mi piace mettere i premi in ufficio, non amo le atmosfere troppo pompose, li do tutti a mia madre che è contenta e li conserva in una stanza”. Ultimo tra i premi, la Medaglia Luigi Sacconi, consegnatagli in occasione del 47° congresso nazionale della divisione di Chimica Inorganica lo scorso 12 settembre. Si tratta di una medaglia del peso di 60 grammi e di una pergamena che per  Manna rivestono un significato molto importante: “E’ tra tutti i premi ricevuti, quello che mi ha reso più orgoglioso, perché mi ha confermato che sia all’estero che in Italia il mio lavoro è seguito e apprezzato”. La Medaglia Sacconi, infatti, è conferita dalla Divisione di Chimica Inorganica della Società Italiana di Chimica, insieme alla Fondazione Luigi Sacconi, a uno scienziato (italiano o straniero) che ha ottenuto risultati particolarmente significativi nel settore. “E’ un riconoscimento per tutta la chimica italiana”, ci tiene a sottolineare Manna, che in IIT dirige la linea di ricerca in nanochimica.

Le motivazioni per il conferimento della medaglia Sacconi sono legate ai contributi di Manna alle nanoscienze e alla nascita di una scuola di nanochimica. “Sono stato tra i primi in Italia ad avere introdotto la sintesi chimica dei nanomateriali per via colloidale”, spiega, “prima di allora in Italia i nanomateriali si producevano quasi sempre con metodi fisici, come per esempio le crescite epitassiali, ovvero tecniche per cui i nanomateriali vengono cresciuti su substrati usando metodi di evaporazione o fasci atomici”.

Nel 2011, per esempio, Manna pubblicava su Nature Materials un lavoro che mostrava la realizzazione di cristalli di dimensione nanometrica a forma di stelle a otto punte, o ottapodi, i quali, immersi in determinate miscele di solventi, erano in grado di posizionarsi autonomamente nella trama di un nuovo materiale. “La formazione spontanea di strutture regolari è la legge che sta alla base della chimica della natura” raccontava allora Manna, “con questo lavoro mostriamo come specifiche strutture artificiali possono auto-organizzarsi in strutture più complesse. Infatti, le nanoparticelle che abbiamo sintetizzato nei nostri laboratori si comportano in modo simile alle proteine che compongono il collagene”. In quell’anno Manna compariva tra i primi 100 chimici al mondo – posizionandosi al 24esimo posto per l’impatto ottenuto dalle sue pubblicazioni negli ultimi 10 anni, secondo la classifica di Thomson Reuters. Mentre qualche anno prima, nel 2009 aveva vinto una borsa Starting grant da parte dell’European Research Council, e qualche anno dopo, nel 2014, avrebbe conquistato un Consolidator grant da parte dello stesso ente. I suoi interessi si sono focalizzati sui nanocristalli colloidali e le loro applicazioni, soprattutto in ambito optoelettronico, ma anche di nanocristalli a base di perovskiti alogenate con ricadute in campo energetico.

La Medaglia Sacconi arriva insieme ad un altro riconoscimento. A partire da gennaio 2019 Manna è membro del Gruppo 2003, che riunisce quegli scienziati italiani che lavorano in Italia e figurano negli elenchi dei ricercatori più citati al mondo nella letteratura scientifica della loro disciplina. “Essere parte di questo Gruppo è un ulteriore riconoscimento per il mio lavoro, e con una certa utilità”, dice, “insieme agli altri colleghi possiamo dare suggerimenti per la ricerca in Italia, e spero davvero che possiamo diventare una sorta di advisory board per il governo in materia di ricerca”.

Manna ha un’idea molto chiara su cosa si dovrebbe fare per mantenere la chimica italiana competitiva a livello internazionale, reggendo il confronto con gruppi forti in USA, Corea, Germania, Spagna. Associare la nanochimica con la robotica e l’intelligenza artificiale: “Nel nostro futuro bisogna reinventarsi e mettere insieme un approccio sperimentale robotizzato, in modo che i ricercatori più giovani non passino il loro tempo a preparare procedure e set up sperimentali che sono per lo più ripetitivi. La scoperta dei nuovi materiali deve essere affiancata da tecniche computazionali e da intelligenza artificiale, perché il ruolo del ricercatore deve essere sempre più quello di sapere estrarre dai dati sperimentali e computazionali un “guizzo di ingegno” per interpretarli.”. Manna è abbastanza perentorio: “Non si può più fare chimica come si faceva 30 anni fa.”

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