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Book Review: La Natura Geniale

Come e perché le piante cambieranno (e salveranno) il pianeta

Cosa hanno da insegnarci organismi apparentemente tanto diversi da noi come una quercia, una pianta rampicante o un polpo? Quali dei loro segreti potrebbero aiutarci a costruire un futuro migliore e meno fosco di quello che oggi iniziamo a intravedere? La tecnologia sarà mai in grado di riprodurre la potenza nascosta e pulita del mondo vegetale?

 “La natura geniale” è il libro di esordio di Barbara Mazzolai – scienziata autorevole e figura di spicco della ricerca italiana – dedicato espressamente a un settore tra i più innovativi della robotica, quello ispirato alla natura e in particolare alla biologia delle piante.

Si sentiva l’esigenza, nel panorama editoriale della saggistica italiana, di un’opera che favorisse la diffusione di una visione della robotica aggiornata agli indirizzi più recenti e promettenti. Da tempo, l’immaginario collettivo del robot appare confinato all’interno di visioni conflittuali, alimentate da un lato dagli stereotipi della fiction cinematografica, dall’altro dalle previsioni ricorrenti sui media, spesso contraddittorie e poco approfondite, sul presunto impatto occupazionale della robotica industriale. Mancava un’opera di divulgazione, rigorosa da un punto di vista scientifico ma accessibile al grande pubblico, che fornisse una panoramica dei risultati ad oggi raggiunti nel settore robotico, sia nella ricerca che in ambito applicativo. Un’opera che offrisse anche una visione delle aspettative che realisticamente è possibile riporre nel futuro del settore e aiutasse il lettore a superare gli stereotipi ormai obsoleti e ad aprirsi alle prospettive concettuali più innovative della scienza dei robot.

Fin dalle prime pagine, il saggio di Barbara Mazzolai risponde con molta efficacia a questa esigenza. Dapprima il lettore viene introdotto in una rassicurante esperienza di vita quotidiana, dove dispositivi robotici di varia natura coadiuvano gli esseri umani nelle loro incombenze, per poi essere invitato a riflettere sulla natura più profonda del compito che il robot è destinato ad assolvere nella nostra società, quello di porsi al servizio della aspirazione umana più distintiva: la curiosità di scoprire, la spinta irrinunciabile all’esplorazione, alla conoscenza e alla comprensione. Come ci indica l’autrice, già oggi i robot affiancano l’uomo in questa tensione verso il sapere, “arrivano dove noi non possiamo, sono i nostri occhi, il nostro braccio, le nostre gambe…”. Collaborano con noi nell’esplorazione diversi tipologie di robot, da quelli sottomarini che studiano le profondità e gli ecosistemi degli oceani, alle sonde che esplorano i pianeti e le vastità astronomiche. I robot possono coadiuvarci nella ricerca del sapere, ma divenire essi stessi strumento e fonte di nuove conoscenze, offrendoci, per la loro natura di simulatori di organismi viventi, piattaforme fisiche in grado di validare modelli biologici e spiegare il comportamento animale e vegetale.

Il percorso della collaborazione tra esseri umani e robot è ancora lungo. Siamo ai primi passi ma la strada è tracciata e il percorso, avverte l’autrice, è ineluttabile.

Abbiamo di fronte la prospettiva di una convivenza sempre più stretta e pervasiva con dispositivi artificiali intelligenti, è lecito attendersi che presto i robot usciranno dalle fabbriche e si avvieranno ad abitare il mondo attorno a noi, le nostre case e le nostre strade, alcuni saranno perfino indossabili, altri saranno in grado di agire all’interno del corpo umano. E’ un cambiamento profondo che richiede l’avvento di una robotica nuova, capace di progettare robot che operino anche al di fuori dai recinti protetti della produzione industriale e siano in grado di muoversi anche in ambienti più mutevoli e meno prevedibili, interagendo in sicurezza e con sufficiente naturalezza con gli esseri umani. E’ un cambiamento di prospettiva estremamente impegnativo che gli scienziati oggi provano ad affrontare cercando ispirazione nella natura, dove gli esseri viventi si sono evoluti proprio a partire dall’esigenza di reagire ed adattarsi ad ambienti che mutano dinamicamente.

L’idea di trovare ispirazione nella natura per realizzare nuove soluzioni tecnologiche è il tema centrale del saggio, già scorrendo i titoli – piacevolmente suggestivi – dei tredici capitoli è possibile ritrovare questo filo conduttore che l’autrice propone al lettore, un percorso che parte dalla interpretazione degli scenari più generali del cambiamento in corso per arrivare all’avvento di una robotica rinnovata e ispirata al mondo vegetale. Una panoramica esauriente che introduce alla descrizione delle prime soluzioni applicative e dei esemplari pionieristici di robot di nuova concezione, tappe cruciali della nascita di un nuovo indirizzo multidisciplinare che ha visto Barbara Mazzolai tra le maggiori protagoniste. Un vissuto in prima linea dell’autrice che accompagna il lettore lungo l’intera narrazione, arricchendola di aneddoti e riflessioni in prima persona che avvicinano chi legge allo spirito di chi fa ricerca e alle sue ragioni più autentiche.

A cominciare dal coraggio che occorre per affrontare gli ostacoli e le resistenze. Perché i primi passi della robotica ispirata alla biologia delle piante, come ci ricorda Barbara Mazzolai, non sono stati agevoli. Inizialmente, agli occhi di molti esperti di robotica, i vegetali apparivano come un mondo troppo distante e alieno. Gran parte delle funzionalità richieste a un robot, quali movimento, capacità sensoriali, intelligenza e controllo, sembravano più riconducibili agli animali che alle piante. Per dare vita alla robotica ispirata alle piante occorreva un cambio di paradigma, una prospettiva più ampia basata su un nuovo modo di intendere, in ambito robotico, il movimento, l’intelligenza e il controllo.

La portata innovativa dell’indirizzo di Barbara Mazzolai si manifesta proprio nella capacità di osservare le piante con uno sguardo rinnovato, riuscendo a immaginare, ispirandosi alla loro biologia, un robot capace di muoversi, percepire l’ambiente, prendere decisioni e comunicare con altri organismi, con modalità profondamente inedite rispetto ai modelli precedenti, ispirati al mondo animale.

Una prospettiva coraggiosa che si è dimostrata davvero promettente, aprendo gli studi robotici a nuove strategie, caratteristiche del mondo vegetale: l’idea di processi decisionali capaci di esprimersi anche in assenza di un cervello; l’intelligenza distribuita all’interno dell’organismo o fra più organismi; la comunicazione che opera sottoforma di reti complesse nel silenzio del sottosuolo; il modello innovativo di una capacità sensoriale diffusa; le soluzioni ingegnose di movimento in assenza di muscoli, basate sulla crescita.

Sono solo alcuni dei numerosi spunti di approccio innovativo che l’autrice propone nel suo saggio, illustrandone sia i fondamenti teorici che i diversi ambiti applicativi. È l’osservazione senza pregiudizi delle piante che, sottolinea l’autrice, ha permesso la nascita di un nuovo indirizzo nella ricerca robotica, ma anche la possibilità concreta di progettare nuove soluzioni tecnologiche a minor consumo energetico.

Soluzioni che trovano nel saggio un’ampia descrizione: dai primi tentativi storici di tecnologie ispirate alla natura che sicuramente sorprenderanno il lettore (la Torre Eiffel, il biplano, il paracadute, il treno ad alta velocità Shinkansen…), alla articolata casistica di robot bioispirati (umanoidi, animaloidi e plantoidi), fino ai progetti più innovativi che vedono protagonista l’autrice, tra gli altri, il plantoide, l’attuatore osmotico e il GrowBot.

A supporto della robotica bioispirata, Barbara Mazzolai richiama la necessità di un superamento dei rigidi steccati tra le discipline. La progettazione di robot ispirati agli esseri viventi e capaci di operare in ambienti mutevoli richiede competenze sempre più multidisciplinari e la creazione di spazi di ricerca in grado di superare la nozione tradizionale di disciplina valorizzando le diversità, il connubio tra i saperi e lo spirito cooperativo tra i vari campi di studio.

Proprio in questa prospettiva di apertura, l’autrice sottolinea come la ricerca non possa porre l’innovazione tecnologica e il progresso scientifico come unici obiettivi. “Chi fa ricerca deve assumersi anche la responsabilità di un altro ruolo fondamentale per la società: quello di formare le nuove generazioni e aprire le loro menti, affinché nuova conoscenza diventi sinonimo di rispetto dell’altro, del diverso, di diverse forme di vita.”

Chi fa ricerca deve inoltre porsi anche l’obiettivo di sensibilizzare la società sul ruolo strategico che la tutela dell’ambiente riveste per il nostro futuro. In tal senso Barbara Mazzolai ci ricorda la via maestra che le piante indicano: di fronte a strategie industriali che prevedono tecnologie nate per una obsolescenza programmata e che prevedono persino la “morte prematura” dei prodotti per sostenere i consumi, è bene ispirarsi al mondo vegetale dove ogni “progetto” nasce per utilizzare le risorse disponibili in modo tale da ridurre al minimo lo spreco energetico.

È l’idea di un rapporto sempre più intimo tra le strategie della natura e della ricerca umana, ben illustrata dalle parole dell’autrice: “Ci siamo così trovati a entrare nel cuore del geniale laboratorio della Natura, che nella sua millenaria esperienza di selezione e adattamento ha trovato soluzioni molto diverse da quelle umane a una serie di problemi complessi”.

___SCHEDA DEL LIBROTitolo: La natura geniale. Come e perché le piante cambieranno (e salveranno) il pianetaAutori: Barbara MazzolaiEditore: LonganesiAnno edizione: 2019

Biologa con un Dottorato di ricerca in Ingegneria dei Microsistemi e un Master Internazionale in Eco-Management alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dirige il Centro di Micro-Biorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Pontedera. Nel 2015 Robohub, la maggiore comunità scientifica internazionale degli esperti di robotica, l’ha inclusa tra le 25 donne più geniali del settore. Ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti quali il Premio Marisa Bellisario e la Medaglia del Senato della Repubblica Italiana. Nell’ambito del programma europeo FET (Future and Emerging Technologies), che finanzia le idee di ricerca più visionarie, ha coordinato il progetto che ha portato alla realizzazione del Plantoide, il primo robot al mondo ispirato alle radici delle piante, con applicazioni che vanno dall’esplorazione spaziale alla microchirurgia al monitoraggio ambientale. Oggi coordina il progetto europeo GrowBot, per trasformare la natura delle piante rampicanti in tecnologie intelligenti e sostenibili.

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