Intervista a Lorenzo De Michieli, Direttore del Technology Transfer di IIT
Quando sei entrato a far parte del mondo di IIT
Se non ricordo male era la fine del 2006. Era una struttura vuota ma percorsa da un’energia contagiosa, era l’inizio della costruzione di qualcosa di nuovo, professionalmente molto interessante e con grandi opportunità per chi ne entrava a far parte.
Chi sono stati i tuoi primi colleghi?
Ero nel gruppo di Giulio Sandini, avevo ultimato il dottorato e, lasciato il CNR, avevo deciso di far parte di questa nuova compagine. Ho iniziato a lavorare su un progetto di robotica con un gruppo di ricercatori che hanno costruito le basi dell’odierno IIT: Lorenzo Natale, Giorgio Metta, Francesco Nori, Chiara Bartolozzi, tra gli altri. Questi professionisti hanno poi sviluppato un importante percorso di carriera divenendo scienziati affermati nel settore della robotica umanoide. Io ho sempre seguito un percorso professionale non convenzionale, a cavallo tra ricerca e impresa.
IIT era stato ideato come un centro di ricerca innovativo molto diverso da strutture simili già attive nel nostro Paese. Non hai temuto che la tradizione, in quegli anni ancora molto sostenuta da diversi circoli accademici e politici, potesse avere il sopravvento avversando anche il trasferimento tecnologico?
Sì, all’inizio del nostro percorso questa sensazione c’è stata perché, nonostante la missione dell’Istituto per quando riguarda il TT fosse chiarissima e vi fosse su questo tema una grande attenzione da parte della direzione scientifica, è ovvio che per mettere in pratica il trasferimento è necessario avere qualcosa da proporre. Quindi nei primi anni di attività di IIT si è lavorato per concretizzare progetti di ricerca che potessero avere uno sbocco di tipo industriale. In quel periodo Il Trasferimento Tecnologico, seguendo passo passo l’attività di ricerca, ha messo a punto idee ed organizzazione per potersi strutturare e operare, mettendo in pratica gli obiettivi individuati dal progetto IIT. Così l’Istituto ha dimostrato nella pratica la sua vocazione innovativa non lasciando più spazio a incertezze sul suo futuro.
Com’è cambiato IIT dalla sua fondazione ad oggi?
È cambiato tanto, sicuramente dal punto di vista della presenza delle persone, siamo passati dalle stanze vuote del 2006 ai duemila colleghi di oggi. L’attività di ricerca scientifica si è saldamente attestata tra le migliori a tutti i livelli. L’attività di trasferimento tecnologico ha offerto risultati superiori alla media europea e statunitense per queste attività. IIT ha mantenuto gran parte delle promesse dichiarate alla sua nascita ed è un riferimento indiscutibile per la sua visione operativa e strategica. Nella fotografia dell’IIT del 2023 lo si vede impegnato nella sfida per sostenere i risultati eccellenti ottenuti dalla ricerca con la determinazione del Trasferimento Tecnologico, nel renderli in gran parte disponibili per la collettività.
Cosa consiglieresti ad un giovane ricercatore che approda oggi in IIT?
Potrà sembrare banale ma il consiglio è quello di continuare a seguire i suoi sogni con costanza e pazienza. In IIT le occasioni professionali prima o poi si concretizzano. I mutamenti nel nostro Istituto sono rapidi e contengono sempre una forte componente originale e innovativa. In IIT l’impegno e la perseveranza di un giovane ricercatore non sono mai vani.