Intervista a Massimiliano Gatti, Direttore del Technical Services and Facilities Directorate
Massimiliano tu vieni chiamato ad organizzare nel settembre 2006 la struttura che dovrà ospitare IIT a Morego e cosa trovi?
L’edificio che ospita IIT era una sede dell’Agenzia delle Entrate dove venivano raccolte le denunce dei redditi dei nostri concittadini. Quindi una classica struttura dedicata ad uffici amministrativi.
TI attendeva un impegno professionale rilevante per trasformare quegli uffici in laboratori di ricerca. Con chi ti confrontavi in quei giorni?
Oltre a Roberto Cingolani che era il propellente del motore erano giunti in IIT i primi direttori dei laboratori: Jan Guy Fontaine che ha poi lasciato l’Istituto per lavorare con la NATO, Darwin Caldwell, Fabio Benfenati, Giulio Sandini e poi Athanassia Athanassiou e Liberato Manna, i ricercatori che hanno sviluppato gli studi su nanochimica e smart materials.
Come hai potuto conciliare le esigenze di una struttura nata per ospitare uffici espressione granitica della burocrazia con le esigenze di ricercatori che vivevano di innovazione?
Essere in pochi fu in quel momento un gran vantaggio. Potevo, infatti, confrontarmi direttamente con i ricercatori per comprendere quale fosse la loro visione su come si dovesse organizzare un centro di ricerca. Dovevamo allestire migliaia di metri quadri di laboratori ma le idee erano molto chiare. Fu un periodo molto impegnativo ma sicuramente entusiasmante.
Non hai pensato nel corso di quel turbinoso periodo di aver preso un rischio eccessivo dal punto di vista professionale?
Il dubbio ogni tanto affiorava ma eravamo un gruppo di entusiasti che avevano l’obiettivo di realizzare un grande progetto e la motivazione era talmente forte da far superare tutti gli ostacoli. Le cose procedevano speditamente e, giorno dopo giorno, si osservava la concretizzazione di idee fino a quel momento solo scritte sulla carta. La prima riunione del Consiglio di IIT nel 2006 aveva ospitato un I-Cub in progress senza un braccio e senza la copertura facciale. Sembrava fosse uscito da un incidente stradale ma sapevamo che quel prototipo sarebbe poi diventato uno delle più importanti realizzazioni di IIT. Eravamo tutti molto giovani e il dato anagrafico ci dava una marcia un più. Era un gruppo di persone del quale facevano parte anche Lorenzo Natale e il giovane ricercatore Giorgio Metta, che poi sarebbe diventato il Direttore Scientifico ed il mio responsabile diretto. Lavoravano sospinti da un entusiasmo contagioso. Ricordo un momento particolare di quel periodo quando nel marzo 2007 venne in visita l’allora Ministro della ricerca Mussi. Era un momento politico particolare con una forte attenzione al tema dei finanziamenti. Roberto Cingolani fece una presentazione basata su proiezioni numeriche a dieci anni e, onestamente alcuni di noi pensarono a prospettive un po’ esagerate.
Un decennio dopo, al cospetto degli obiettivi puntualmente realizzati, ho dovuto riconoscere all’allora Direttore Scientifico di aver peccato di scetticismo. Ho preso parte con quel gruppo di persone ad un percorso che aveva caratteristiche professionali e umane irripetibili.
Ma concretamente cos’era avvenuto dopo dieci anni dall’inizio della vita di questa organizzazione?
I numeri sono esplosi. È aumentata la presenza di ricercatori che lavoravano in IIT, le nostre ricerche hanno avuto grande visibilità grazie ai risultati scientifici. Abbiamo ottenuto riconoscimenti da parte da parte di esponenti dei diversi governi e della società civile. Ben due Presidenti della Repubblica, diversi Presidenti del Consiglio e numerosi ministri hanno constatato di persona il valore del modello IIT. Il processo di crescita non si è mai arrestato e per quanto mi riguarda ho contribuito in parte all’ampliamento delle sedi di Genova e alla realizzazione di laboratori che hanno costituito la rete nazionale di IIT.
Oggi IIT può contare su sedi molto moderne con attrezzature all’avanguardia. Le recenti inaugurazioni dei centri agli Erzelli e di S. Quirico sono il segno dell’innovazione e dell’eccellenza. Qual è lo spirito dell’IIT del 2023?
È esplosa la complessità, elemento che si ritrova in ogni azione che noi compiamo. Passare dalla gestione di venti persone a duemila, da duecento metri quadrati a più di cinquantamila metri quadrati ha obbligato ad interventi complessi ed estremamente impegnativi. È aumentato anche il numero dei nostri stakeholder con le loro esigenze ma, nonostante i grandi numeri, penso che i rapporti non si siano spersonalizzati e abbiamo mantenuto gran parte dell’entusiasmo e dello spirito partecipativo delle origini. Noi offriamo un lavoro di supporto ai nostri colleghi dell’Istituto e il nostro successo risiede nel non essere notati. Quando è così vuol dire che tutto funziona bene. Abbiamo gestito in questi anni grandi progetti, tra i più recenti quello che ha visto l’installazione a Morego di un nuovo microscopio elettronico, un esemplare unico in Europa. Questa operazione ha dato vita a tutta una serie di attività logistiche collaterali come il rifacimento dell’ingresso centrale dell’Istituto. Questo è solo un esempio che sottolinea quale sia il nostro apporto allo sviluppo dei progetti di un centro di ricerca. Noi dobbiamo stare al passo rapido dell’evoluzione scientifica dell’IIT per garantire, compatibilmente con i vincoli amministrativi e tecnici, tutto il supporto necessario alla realizzazione dei progetti. Dobbiamo sempre adattare le strutture all’evoluzione della ricerca perché questa capacità ci permette di competere sempre ai massimi livelli.
Oltre tutti gli interventi alcuni molto complessi che riguardano però la tua abituale sfera professionale qual è stato l’evento straordinario che ti ha preoccupato e impegnato di più?
Sono stati diversi ma l’organizzazione della prima visita di un Presidente della Repubblica in IIT, L’Onorevole Napolitano, fu un impegno nuovo che prevedeva attenzioni e l’osservanza di norme del cerimoniale che non conoscevamo. Andò tutto bene e questa esperienza ci è servita quando abbiamo potuto organizzare con minori patemi la visita del Presidente Mattarella.
Come pensi si organizzerà l’IIT del prossimo futuro?
Ora IIT è maggiorenne ed ha assunto dimensioni rilevanti e, per quanto riguarda le mie attività, seguendo anche i trend mondiali, dobbiamo puntare sulla sostenibilità a livello ambientale ed energetico e, con questa visione, ripensare alla vivibilità e alla concezione degli spazi delle nostre strutture. Con la gestione degli obblighi creati dal COVID abbiamo scoperto che vi sono altre opzioni per condurre le nostre attività. Superata l’emergenza rimane l’opportunità di lavorare saltuariamente da casa ma la sede di lavoro si deve adattare per creare spazi dedicati agli incontri, alle riunioni di più persone che non devono perdere l’abitudine al contatto personale. Tutto ciò deve avvenire con una estrema sensibilità ai processi di sostenibilità ambientale ed energetica. Siamo stati il primo istituto di ricerca certificato ISO14001, ora dobbiamo incrementare il nostro impegno in questo ambito e dobbiamo fare in modo che la struttura riduca al minimo il proprio impatto con l’obiettivo di autosostenersi.