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Speciale – Dal 2007 un grosso sforzo di pianificazione fino all’IIT di oggi

Intervista ad Alessandro Roscini, Direttore del Management Control Directorate di IIT

Come era IIT durante i primi anni della sua esistenza?

 Sono arrivato in IIT nell’ormai lontano 2007, la Fondazione era attiva da circa un anno. La sede era solo quella di Genova Morego ed eravamo pochissimi dipendenti e convivevamo, invece, con moltissimi operai che allestivano gli uffici. I laboratori andavano ancora attrezzati e acquistate le attrezzature. Bisognava però realizzare tutto molto di fretta perché ci si aspettava, sia a livello scientifico che a livello organizzativo della Fondazione, che tutto funzionasse rapidamente e alla perfezione. Tutto ciò richiedeva un grosso sforzo di pianificazione, nonostante le scarse risorse umane.

Se non ricordo male io sono stato il primissimo dirigente dell’area amministrativa, accanto al Direttore generale di allora che era Simone Ungaro, e sotto la ferrea guida, appunto, sia di Simone che di Roberto Cingolani, il primo Direttore Scientifico, abbiamo “marciato” per portare avanti tutto il progetto.

Tanto per dare un’idea, per quanto riguarda la mia area specifica, non avevamo sistemi informativi, non avevamo nulla, solo la posta elettronica presso un outsourcer che ci dava tutta una serie di problemi. La contabilità la teneva un professionista esterno di Milano e solo dopo abbiamo implementato il primo ERP. Per tanti anni, per esempio, il calcolo delle paghe è stato dato in outsourcing perché l’ufficio del personale, appena attivato, era composto da due persone, cosi come tutti gli altri uffici.

Il giro di affari è però iniziato a crescere molto rapidamente e così molto velocemente ci siamo dovuti “attrezzare”. La cosa esaltante è stata di sicuro di poter costruire da zero una struttura complessa ed in grado di erogare rapidamente e con professionalità servizi alla comunità scientifica.

Nel frattempo, la stessa comunità scientifica, piccola al momento dell’insediamento, richiedeva di essere supportata in tutte quelle che erano le attività di acquisto delle attrezzature, ma anche di materiali, di viaggi e tutto il necessario per far progredire il lavoro dei ricercatori.

Hai dei ricordi o degli aneddoti particolari di quei primi periodi di start up della Fondazione?

 Non c’erano procedure, non c’era una struttura di controllo o centri di costo, me la sono inventata da zero, e appunto tutto questo è stato molto esaltante perché si viveva la tipica atmosfera e realtà della startup, in cui bisognava far tutto rapidamente ma senza una base, tenendo conto però che abbiamo sempre rispettato tutti quelli che erano gli obblighi di legge derivanti dal fatto che, pur essendo una Fondazione di diritto privato, abbiamo sempre gestito fondi pubblici e questo è stato uno stimolo ad essere sempre molto accurati nel momento che venivano definite procedure e policy e tutti i vari step operativi.

Questo si traduceva in un grosso sforzo personale perché si stava qui anche la sera tardi e quando serviva anche la notte, proprio perché le cose da fare erano veramente tante. Poi piano, piano la struttura si è iniziata ad ampliare, sono arrivati altri colleghi e si sono inserite altre competenze.

Nel 2009 è cominciata l’espansione con i centri della rete, che poi si sono trasformati in laboratori di IIT con personale dell’Istituto. Questa è stata una esperienza molto gratificante sia da un punto di vista professionale che personale, raramente infatti capita di partecipare e vivere la costruzione e l’espansione di una struttura che inizialmente nessuno conosceva. I tassisti stessi avevano difficoltà a portare le persone a Morego, perché ignoravano ci fosse un istituto di ricerca.

Oggi l’IIT è invece ormai una realtà conosciuta sia a livello nazionale che internazionale e questo per me è motivo di orgoglio e soddisfazione personale, qualcosa che sta lasciando un’impronta nel panorama scientifico a livello mondiale.

Un elemento fondamentale per portare avanti il progetto, nonostante non sempre il panorama esterno sia stato favorevole o accondiscendete con i nostri bisogni, è stato l’importante apporto offerto dal primo Direttore scientifico e dal primo Direttore generale, che hanno mostrato, con sacrificio personale, quale dovesse essere l’impegno da profondere affinché la nostra sfida avesse successo. Un esempio che ha motivato tutti noi.

IIT ieri ed oggi: come si è modificata la Fondazione durante questi primi venti anni di attività?

Oggi siamo una struttura passata da poche decine di persone a circa 2000 su tutto il territorio nazionale, con un gruppo di ricercatori assolutamente validi e di fama internazionale e la crescita sta continuando.

Un fattore importante è che di sicuro fino ad oggi non ci si è mai adattati alla routine nelle attività della Fondazione: l’Istituto non è mai uguale a se stesso. Il cambiamento è continuo sia nell’assetto organizzativo sia in quello che è il panorama dei ricercatori e dei laboratori e questo è un costante stimolo a crescere, a far sempre meglio e a lavorare con entusiasmo e con dedizione.

Riflettendoci con il senno di poi, quando accettai di venire a lavorare qui in IIT, in qualche modo, mi assunsi un certo margine di rischio, nel senso che l’Italia è piena di iniziative simili che hanno provato a partire ma che poi non ce l’hanno fatta per tutta una serie di motivi. Avendo però conosciuto il Direttore Generale ed il Direttore sScientifico, e avendo visto l’impostazione nella realtà, mi sono assunto il rischio di salire a bordo pur avendo un contratto a tempo determinato e pur essendoci incertezza su quello che sarebbe stato il futuro del finanziamento. Rivolgendomi oggi con uno sguardo al passato devo dire che è stata una assunzione di rischio che è stata ampiamente ripagata. 

Come immagini, o come pensi sarà, IIT nei prossimi venti anni?

Continuando a mantenere ritmo di crescita, entusiasmo e capacità di attirare fondi esterni e progetti in giro per il mondo, io immagino un’espansione continua. L’IIT oggi è molto più visibile, è in grado di attirare finanziamenti e di agire in modo concreto sul mercato della ricerca, riuscendo quindi a mantenere la nostra vivacità e competitività vedo l’IIT che crescerà di conseguenza. Logicamente il mutamento continuo in corso sul fronte della ricerca e il supporto dell’amministrazione potrebbe comportare un ulteriore cambiamento di equilibrio nei confronti di quelli che sono i pesi di una componente rispetto all’altra.

Mi auguro che ci sia un utilizzo sempre più massiccio della tecnologia anche in campo amministrativo, utilizzando sistemi di intelligenza artificiale o di machine learning, magari con un meccanismo virtuoso di interazione tra le due componenti. Quello che immagino per i colleghi che sono molto più giovani di me, e che tra venti anni saranno ancora qui, è quello di avere sempre e comunque un ambiente stimolante e foriero di novità, in modo che possano mantenere il loro entusiasmo, creare valore e trovare una soddisfazione personale, oltre che professionale, nel lavorare in IIT.

Poi naturalmente spero che l’espansione geografica si riesca a consolidare, se non fosse aprendo nuovi laboratori all’estero, collaborando però ancora di più con altri istituti di ricerca, proprio perché la ricerca deve essere condivisa ed avere il pianeta come base di riferimento. Abbiamo nel mondo esempi di istituti che sono in piedi da tanti anni, ad esempio il MIT ed il Politecnico di Milano, realtà che negli anni si sono consolidate e che hanno portato avanti delle politiche di eccellenza, raggiungendo così dei risultati di assoluta qualità.

Quale obiettivo si deve dare IIT per i prossimi venti anni?

Miglioramento continuo, miglioramento continuo, miglioramento continuo. Di che cosa? Sia degli aspetti legati alla attività di ricerca e sia degli aspetti legati all’attività di supporto. Fornire da parte di chi non è in prima fila nella ricerca un supporto eccellente ai ricercatori, di modo che questi possano concentrarsi e produrre al meglio, utilizzando così le risorse messe a disposizione e massimizzando il ROI dell’investimento che lo Stato ha fatto sull’IIT e che in qualche modo altri finanziatori stanno facendo nei confronti dell’IIT stesso. Dobbiamo ottenere una crescita costante di conoscenza e un utilizzo molto attento ed oculato di quelli che sono i fondi a disposizione e individuare un giusto mix tra innovazione, capacità e controllo dei fondi utilizzati.

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