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Speciale – Morego 2007: nasce un centro di ricerca internazionale

Intervista a Francesca Cagnoni, Director del Research Organization Directorate di IIT

Francesca, quando inizia la tua avventura professionale in IIT?

Ho iniziato a lavorare in IIT nell’aprile del 2007, ma i miei colloqui di lavoro erano iniziati durante l’inverno. Morego si raggiungeva attraverso una strada dove passavano poche auto ed era molto più stretta rispetto all’attuale. Si entrava nello stabile di IIT varcando il grande cancello di ferro che lasciava aperto un pertugio per gli eventuali ospiti che venivano accolti in semioscurità da una guardia giurata armata. Così anch’io venni accompagnata lungo corridoi deserti da quel vigilante, uno dei pochi umani presenti nella struttura. La sensazione era di essere entrata nell’albergo disabitato del film Shining. Finalmente raggiunto il primo piano dello stabile, organizzato in modo molto diverso dall’attuale, incontravo Roberto Cingolani il Direttore Scientifico che stava organizzando questo Centro.

Nonostante questa tua preoccupata percezione, dopo questo colloquio hai deciso di entrare a far parte di quel primo sparuto gruppo di visionari. Perché?

Sicuramente convinta dagli argomenti e dalla determinazione di Cingolani ma anche dalla importante opportunità che si intravvedeva per la città Genova. Ero più giovane e pensavo che valesse la pena intraprendere un progetto ambizioso seppur rischioso. Nel mio passato professionale vi erano delle attività nell’ambito della ricerca scientifica che mi avevano formato all’idea del mettersi alla prova, di investire in una sfida stimolante.

I ricercatori che giungevano in IIT entravano a far parte di un progetto decisamente molto diverso da quanto offriva fino a quel momento il sistema della ricerca nel nostro Paese. Quali erano le loro aspettative e i loro timori?

Le loro aspettative combaciavano per certi versi con le mie. Si sperava di veder realizzato nel nostro Paese un centro di ricerca che avesse le caratteristiche e il procedere di organizzazioni internazionali simili. E questo valeva in particolare per i ricercatori che rientravano in Italia. I timori erano quelli legati all’esperienza di altre vicende analoghe, finite poi in soluzioni connotate dal localismo, non in grado di sostenere il confronto con un sistema globalizzato. La globalizzazione e la rapidità con cui si susseguono oggi gli eventi confinano queste esperienze come una monade isolata dal grande consesso internazionale della ricerca, decretandone lo stallo e il decadimento. Inoltre, i ricercatori dovevano venire a lavorare e a vivere a Genova, città che dopo gli splendori della sua grandiosa storia non offriva forte attrattività.

Nel tempo IIT è divenuto un punto fermo e positivo nel panorama della ricerca scientifica del Paese. Quali sono stati a tuo avviso i punti di forza che hanno portato al successo il “modello IIT”?

Inizialmente il punto di forza di IIT è stato la creazione e l’applicazione di un progetto scientifico ambizioso e molto stimolante, all’avanguardia e con un pizzico di follia, ingrediente importante specialmente quando si parla d’innovazione. Oltre questa visione era necessario però accompagnare i ricercatori anche nell’organizzazione fisica degli ambienti e dei laboratori. Nel periodo pionieristico della nostra attività il Direttore Scientifico disegnava la logistica dei nostri spazi, ma al tempo stesso andava a scovare persone e idee che garantissero il continuo processo innovativo. Altro elemento sostanziale per il nostro successo è stata la capacità di fare delle promesse e mantenerle, equilibrio che non si ottiene con grande frequenza nel mondo della ricerca e non solo. In IIT, grazie all’impulso di molti si è riusciti a mantenere alta la barra delle aspettative e quella delle realizzazioni, tenendo così elevato il livello di passione e di partecipazione da parte dei nostri ricercatori.

In questi anni hai conosciuto un gran numero di ricercatrici e di ricercatori. Nel tempo si è modificato qualcosa nella loro preparazione professionale e anche nelle condizioni che favoriscono le relazioni interpersonali?

Nel tempo IIT ha modificato la propria struttura e sono mutati anche i profili dei nostri ricercatori. All’inizio erano persone molto giovani, con una propensione al rischio, consapevoli di una loro professionalità che li avrebbe comunque tutelati in caso d’insuccesso. Oggi questa propensione si è molto attutita e i ricercatori chiedono più sicurezza e garanzie, seguendo una tendenza che non si verifica solo in IIT ma in generale nel mondo del lavoro. Si incontrano ricercatori che esprimono una decisa coscienza dei loro mezzi ma anche una minore elasticità nel valutare condizioni professionali che prevedono aree di rischio. Oltre ciò, va sottolineato però che costoro chiedono anche una maggior trasversalità nel loro percorso professionale che corrisponde, peraltro, ad una nostra aspettativa. Vent’anni fa si presentavano ai colloqui ricercatori con una visione professionale circoscritta al loro campo d’azione. Pochi avevano una visione manageriale dell’attività che consentisse loro la gestione di un team, la definizione di un budget di progetto. Oggi i giovani ricercatori che giungono in IIT offrono alla Fondazione la loro esperienza scientifica e ci chiedono di essere formati dal punto di vista manageriale, un ambito per il processo di crescita di un professionista oggi molto necessario e richiesto.

Quale sarà il futuro di IIT e quali saranno gli aspetti sui quali si dovrà investire con maggiore impegno?

Per consolidare questo percorso di successo IIT deve continuare a sviluppare la sua forza propulsiva verso l’innovazione. Dobbiamo evitare di attestarci sui risultati raggiunti e continuare ad alimentare il nostro spirito pionieristico. Dobbiamo approfondire il concetto di come si fa la ricerca, il tipo di team su cui si fonda l’attività scientifica, il supporto trasversale ed amministrativo che deve facilitare i processi, la tipologia degli spazi e delle strumentazioni rispetto ai progetti che si vogliono realizzare e investire sui punti centrali del nostro nuovo piano scientifico: l’attenzione a 360 gradi al benessere del pianeta: dalla salute, ai problemi legati all’invecchiamento della popolazione con una costante attenzione dedicata ai processi per migliorare l’ambiente.

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