La Società Italiana di Fisica: “Per il notevole impegno su vari fronti”
Di tutti gli articoli pensati da Alberto Diaspro trecento sono stati pubblicati su riviste scientifiche e hanno ricevuto novemila citazioni. Diaspro è deputy director del Dipartimento di Nanofisica, prof di Fisica all’Unige e direttore del Nikon Imaging centre di Genova. Oggi, lunedì 23 settembre riceverà, all’Aquila, dalla Società Italiana di Fisica, il premio per la comunicazione scientifica.
Alberto come hai reagito ,a questa notizia?
Onorato e riconoscente alla SIF per questo Premio. Oltre ciò sono molto contento perché è assegnato da una Società Scientifica, la Società Italiana di Fisica. La motivazione del premio sottolinea da un lato le capacità in termini di comunicazione e dall’altro la consistenza scientifica di quanto si va a comunicare. Questo aspetto, oggi come nel passato, è cruciale. Come l’uditore è garantito dal fatto che chi gli racconta qualcosa alla sua portata non sia un millantatore?
Nella motivazione del premio si legge “per il notevole impegno su vari fronti…i quotidiani, i festival, la scuola”…qual è la dimensione che preferisci?
La dimensione che considero è di tipo globale. Credo sia un dovere, per ogni ricercatrice e ogni ricercatore, fare lo sforzo di comunicare lo stato della scienza, della propria ricerca e di quella altrui se ne ha la capacità e la conoscenza piena.
Secondo te c’è spazio per fare comunicazione scientifica anche sui social network o si rischia una dimensione più spettacolare per fare click?
I social sono un buon veicolo. Il rischio è quello della superficialità anche se proprio i social, immersi nella rete, offrono la possibilità immediata di critica e di verifica. Ahimè anche di linciaggio o di eccessiva spettacolarizzazione che talora induce a false speranze. Questo avviene maggiormente e più pericolosamente nel campo delle ricerche sulla salute.
Chi insegna la scienza può anche formare un divulgatore scientifico?
Non necessariamente. La formazione di un divulgatore scientifico però ha come base la conoscenza di alcuni fondamentali. È pericoloso, per se e soprattutto per il pubblico, parlare di cose che non si conoscono a fondo.
Comunicare o divulgare? Quali sono le differenze
Non sono un esperto ma li vedo complementari. La divulgazione la vedo come passaggio successivo, quasi esplicativo, rispetto alla comunicazione. La comunicazione degli esiti di un risultato scientifico può restare lettera morta senza una appropriata divulgazione ovvero l’uso di una terminologia accessibile non solo agli addetti ai lavori veicolata da mezzi comunicativi efficaci dalla televisione ai social. L’esempio più lampante si ha su sito del Premio Nobel. Quando viene annunciata l’assegnazione di un premio Nobel vengono prodotti due documenti. Un documento riguarda il tema scientifico e si può considerare di comunicazione con motivazione tecnico-scientifica. L’altro documento ha una leggibilità più “popolare” e lo vedo come elemento di divulgazione. Infatti questo secondo documento è alla base di tutti i lanci televisivi, radiofonici, cartacei o social.
Come si fa esattamente a narrare la scienza?
Non saprei dire come si fa “esattamente” ma credo che siano necessari tre ingredienti: una piena conoscenza diretta o per documentazione dell’argomento, la passione per farlo ovvero la comprensione del dovere che ha chi conosce di propagare la conoscenza affinché gli altri possano aumentare il senso critico, la considerazione e il rispetto verso le persone a cui si narra la scienza mettendo in conto che la narrazione è fonte di arricchimento anche per chi narra.
La scienza è democratica?
I termini “scienza” e “democrazia” hanno un significato importante e non trovo giusto mischiarli. La loro etimologia li differenzia pienamente. Recentemente è stato affermato che la “scienza non è democratica”, la sintassi corretta cela una semantica che potrebbe apparire ambigua. Così non è. Il dato scientifico, il risultato scientifico, non è suscettibile di sottomissione ad un “potere popolare” attraverso votazione o opinione. Il dato è quello. Potrà essere sconfessato da altri dati ma non da discussioni generaliste. Potrà nascere il sospetto che non sia corretto. In questo caso la ripetizione dell’esperimento potrà renderne atto o meno. La scienza non è democratica se nel nome della “democrazia” si vuole fare votare “il popolo” per decidere se somministrare o meno una terapia.