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Fanta – Scienza

L’antologia di racconti ispirati all’IIT


Spesso si teorizza sul bisogno di trasversalità culturale nel modo della ricerca, Marco Passarello offre una prova concreta a questa affermazione coinvolgendo otto ricercatori in un progetto editoriale che ha raccolto non senza fatica racconti scritti da questi ultimi che vengono preceduti da un’intervista condotta da Passarello agli autori delle storie. Il coinvolgimento di IIT nel progetto ha origini lontane, infatti nel 2013 Passerello, intervistando Roberto Cingolani sulla robotica bioispirata, venne travolto dalle visioni dell’allora Direttore Scientifico sui futuri tecnologici che affondavano anche nella conoscenza di autori di fantascienza ed in particolare di Iain M. Banks. Per Passarrello, quando il progetto editoriale prese consistenza, fu inevitabile chiedere un parere a Cingolani che rispose proponendo al giornalista, curatore del volume, otto nomi di ricercatori che avrebbero partecipato all’avventura. Oggi, a volume stampato e con una serie importante di presentazioni da seguire in giro per l’Italia, abbiamo incontrato Marco Passarello.Marco da dove nasce questa idea antologica?Innanzitutto deriva da un mio interesse per la fantascienza che ho sempre coltivato a livello professionale collaborando con Urania e con il suo Premio, scrivendo per il mensile XL e Zona 42. Ma la scintilla che portò a questo lavoro scoccò quando nel 2014 Repubblica mi chiese di scrivere un articolo sul tema: la fantascienza di oggi è troppo pessimista.Negli Usa era stata pubblicata l’antologia Hieroglyph, storie e visioni per un futuro migliore, curata dallo scrittore Neal Stephenson, un nostalgico del tecnottimismo degli anni cinquanta. Aldilà del mio parziale dissenso nei confronti della posizione di Stephenson la sua idea di realizzate un’antologia di fantascienza dove i racconti erano ispirati da ricerche scientifiche contemporanee era affascinante così mi cimentai in un’impresa simile che ora finalmente ha visto la luceNelle interviste ai ricercatori dell’IIT e poi nei loro racconti emerge una visione ottimista o pessimista del nostro futuro ?Sia nelle interviste sia nei racconti che i ricercatori dell’IIT hanno scritto emerge una visione positiva seppur con sfumature diverse. Peraltro non potrebbe essere diversamente. Chi vive di ricerca e innovazione non può che credere in un mondo migliore.La riproduzione cinematografica e televisiva ci ha abituato nel genere fantascientifico a storie preoccupanti dove il robot, la macchina, è spesso cattiva e tende a sopraffare l’uomo o riassume nelle sue manifestazioni le peggiori manifestazioni dell’umano.Sì forse questo è vero  ma solo in questo tipo di rappresentazioni della fantascienza Nell’immaginario letterario spesso i personaggi tecnologici protagonisti dei racconti sono elementi positivi nella storia.Quando il romanzo di fantascienza ha precorso avvenimenti che poi si sono realmente verificatiIl nome robot che individua l’umanoide è stato coniato dallo scrittore praghese Karel Čapec nel 1920 che lo descrisse in un testo per il teatro. Questa è la prima e costante, reale, trasposizione dalla fantascienza alla realtà. Oggi tutti gli umanoidi costruiti da diverse entità, non ultima IIT, sono denominati robot seppur con un loro nome proprio. La maggior fonte di traferimento dalla fantasia alla realtà continua a essere la produzione letteraria di Asimov, dai suoi scritti sono nate, e continuano a permeare il lavoro degli scienziati, idee e visioni che sono parte del dibattito tuttora in corso, per esempio sul tema dell’etica nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Infine, su questo tema una curiosità, nei suoi romanzi Asimov inventa il nome dell’azienda che produce i robot positronici: la Us Robotics. Questa società negli USA esiste davvero e produce apparecchiature per il networking.Perché ha incontrato tante difficoltà nel realizzare il suo progettoÈ stato a causa della diffidenza nei confronti della fantascienza da parte degli editori. Per questi ultimi si tratta di un genere letterario poco decifrabile con lettori poco codificati che divengono secondo questa interpretazione non lettori. Gli editori non sanno in quale collana inserire un libro di fantascienza e non riuscendo a risolvere un problema di collocazione rinunciano a pubblicare questi libri. Io spero invece con questo piccolo, ma mi auguro interessante, intervento di aver dimostrato che vi  è uno spazio editoriale interessante.Come intende dare continuità a questo progettoMi farebbe piacere dare una cadenza annuale a queste pubblicazioni individuando un tema e su questo aggregare uno, due o più scienziati che inventino un racconto.Lei ringrazia nel suo libro Giuseppe LippiGiuseppe è stato un amico e un maestro, mitico curatore delle pubblicazioni Urania, che ha diretto dal 1990 (Urania è stata diretta per oltre un ventennio dal 1964 da Fruttero e Lucentini, ndr). Incontrai Lippi per caso vent’anni fa in una pizzeria, dove lui aveva accompagnato Robert Sheckley, un grande scrittore di fantascienza, e lì parlammo a lungo della nostra passione: la fantascienza. Mi fece mandare un curriculum in Mondadori e subito dopo iniziai la mia collaborazione professionale con Urania. Giuseppe, che è recentemente scomparso, appoggiò immediatamente la mia idea di scrivere un’antologia promettendomi la pubblicazione nella collana di Urania. Poi le cose cambiarono e la nuova gestione della collana non fu più interessata al progetto che ho comunque realizzato.Il libro Fanta-Scienza è liberamente ispirato da colloqui con ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia e raccoglie i racconti di Paolo Aresi, Serena Barbacetto, Franci Conforti, Alessandro Forlani, Lukha Kremo, Marco Passarello, Piero Schiavo Campo, Alessandro Vietti, Andrea Viscusi 

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