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Giornata internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza

Intervista a Francesca Cagnoni, Direttore Research Organization Office di IIT

La ricerca scientifica, storicamente, non ha offerto alle donne grandi opportunità e spesso queste ultime hanno contribuito, nell’ombra, al successo dei loro compagni forse meno capaci. È cambiato qualcosa? Guardando i numeri non è cambiato molto. Le donne che riescono ad emergere nell’ambito della ricerca scientifica sono ancora molto poche: secondo UNESCO nel mondo, meno del 30% dei ricercatori sono donne.Perché questa difficoltà?È una questione culturale. Nel corso del tempo certi ruoli sono sempre stati appannaggio degli uomini. Ancora oggi, infatti, quando si incontra una donna ingegnere o astrofisico si rimane stupiti. Lo stereotipo si può valutare in termini numerici quando si verifica quanto siano scarse le iscrizioni di donne, per esempio, alla facoltà d’ingegneria.Molti sostengono che però quando una donna riesce ad entrare nel modo della ricerca esprima una capacità superiore a quella di molti colleghiNon credo che ci sia una bravura di genere anche perché seguendo questa tesi riprodurremmo gerarchie che vogliamo annullare. Va sottolineato, tuttavia, che probabilmente la donna fin da piccola impara a fare tante cose contemporaneamente e ciò crea un piccolo vantaggio quando nell’attività lavorativa si riproducono condizioni che lei conosce bene. In ogni caso nella ricerca come in altre attività vi sono professionisti di valore e altri meno indipendentemente dal genere. Quella del ricercatore è un’attività complessa che si fonda su peculiarità quali la perseveranza, la costanza, il fiuto e le condizioni esterne che  permettano di sviluppare queste caratteristiche. Tra tutte, la costanza appartiene, forse, di più alle donne. Gli uomini quando sbagliano hanno una reazione negativa e incredula perché pensano di non dover mai incappare nell’errore. Spesso quindi al palesarsi della difficoltà demordono. La donna è più portata ad accettare l’errore conscia del valore propedeutico di una scelta sbagliata. E questo è il giusto atteggiamento da adottare in ricerca.Ci sono più ricercatrici all’estero?Si se consideriamo quelle nazioni, e sono molte, dove il rapporto donna uomo è paritario. Negli altri paesi europei c’è molta attenzione alle professionalità femminili e il numero delle donne scienziato è più alto. In Italia, invece, scontiamo il retaggio dalla società patriarcale.E in IIT? All’Istituto Italiano di Tecnologia stiamo arrivando alla parità per quanto riguarda i numeri globali. Se osserviamo le posizioni apicali siamo ancora indietro ma ci stiamo lavorando. Abbiamo introdotto una serie di opzioni a favore delle donne scienziato che aiutano in modo sostanziale il loro lavoro. Abbiamo per esempio introdotto lo “stop the clock” che permette di tener conto nella valutazione dell’attività scientifica del periodo dedicato alla maternità e a crescere i figli. Ci farebbe piacere che anche le istituzioni che agiscono sul territorio offrissero, a loro volta, una serie di facility per coloro che hanno figli, soprattutto per i nostri colleghi stranieri che non possono contare sulla rete familiare.Altra iniziativa importante di IIT per avvicinare le giovani alla cultura scientifica è l’apertura dei laboratori a visite da parte di scuole di ogni ordine e grado, con particolare attenzione ai più piccoli: per i bambini delle scuole elementari IIT svolge delle attività direttamente in classe.L’introduzione per legge delle quote rosa ai vertici delle aziende quotate e a partecipazione pubblica non è una forzatura?Evidentemente serviva una legge per giungere a criteri di uniformità che non venivano accettati. A volte sono utili prese di posizione forti per ottenere risultati che hanno un rilevante impatto sociale. Ѐ importante però non far diventare questa iniziativa una discriminazione “al contrario”. Venendo a noi le donne nel CDA di IIT sono ad oggi tre e continuiamo nello sforzo per essere ancora più inclusivi.

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