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In un articolo su Nature, un team internazionale traccia la strada per sistemi di computing neuromorfico scalabili

Pubblicato su Nature un articolo con la partecipazione di Chiara Bartolozzi dell’Istituto Italiano di Tecnologia

Un team di 23 ricercatori, tra cui Chiara Bartolozzi dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), ha pubblicato sulla rivista Nature una review sul futuro del computing neuromorfico. L’articolo, intitolato “Neuromorphic Computingat Scale”, analizza lo stato dell’arte della tecnologia neuromorfica e introduce una strategia per la costruzione di sistemi neuromorfici su larga scala.

Chiara Bartolozzi è Principal Investigator del laboratorio Event-Driven Perception for Robotics presso l’IIT di Genova, il cui obiettivo è applicare l’ingegneria neuromorfica alla progettazione di piattaforme robotiche: l’unione di queste tecnologie ha come scopo ultimo la creazione di macchinari autonomi.

La review fa parte di una più ampia azione per il progresso del computing neuromorfico, un campo di ricerca che applica i principi delle neuroscienze ai sistemi di calcolo per imitare le funzioni e la struttura del cervello. I chip neuromorfici hanno il potenziale per superare i computer tradizionali in termini di efficienza energetica e spaziale: i settori che trarrebbero vantaggi dall’implementazione di queste tecnologie spaziano dall’intelligenza artificiale, all’assistenza sanitaria fino alla robotica. Siccome per il 2026 è previsto che l’IA raddoppierà il suo consumo globale di elettricità, il computing neuromorfico può diventare una soluzione interessante per ridurne gli impatti

“L’articolo evidenzia le opportunità dell’utilizzo su larga scala, come approccio complementare all’IA, del computing neuromorfico, che offre opportunità in termini di efficienza energetica, robustezza e adattabilità, traendo ispirazione dal cervello sia a livello di principi di calcolo che a livello dell’hardware che supporta tale calcolo”, spiega Bartolozzi.

Bartolozzi e il suo team all’IIT stanno lavorando all’introduzione della progettazione neuromorfica nella robotica e, più nello specifico, in sensori e processi Event-Driven (ED): un approccio che potrebbe indurre un cambio di paradigma nella robotica stessa. Come la loro controparte biologica, e diversamente dai sensori robotici tradizionali, i sistemi sensoriali ED campionano il segnale di ingresso a variazioni di ampiezza fisse e relative, adattandosi alla dinamica del segnale sensoriale: la risoluzione temporale è elevata per segnali transitori veloci e diminuisce per input più lenti.

“Il computing neuromofico è in un momento cruciale – afferma Dhireesha Kudithipudi, Robert F. McDermott Endowed Chair presso l’Università del Texas San Antonio e autrice principale dell’articolo – C’è una grande opportunità di costruire nuove architetture e ambienti di sviluppo aperti che possano essere implementati in applicazioni commerciali. Credo fermamente che promuovere la collaborazione tra industria e accademia sia la chiave per plasmare il futuro in questo campo. Questa collaborazione è evidente anche nella scelta del team di co-autori”.

“Questo articolo collaborativo mostra lo sforzo della comunità nel condividere idee e nel creare strumenti e codici open-source per l’interoperabilità tra diverse piattaforme neuromorfiche, sensori e attuatori nei robot”, aggiunge Bartolozzi. “Questi strumenti sono fondamentali per creare sistemi ibridi in cui diversi moduli rilevano, percepiscono, calcolano e prendono decisioni”

Il gruppo di Bartolozzi all’IIT sta sviluppando strumenti open-source, come le librerie software o le librerie FPGA-based per la comunicazione Event-Driven, che integrino calcolo e piattaforme neuromorfici nella robotica. Inoltre, il team ha messo a punto sensori tattili neuromorfici, che ampliano la gamma di modalità sensoriali event-driven disponibili, e modelli computazionali per applicazioni robotiche in tempo reale: questi dispositivi supportano l’implementazione dell’intelligenza neuromorfica nei compiti in cui è necessaria l’interazione con l’ambiente. Proprio questi compiti interattivi permettono all’intelligenza stessa di svilupparsi.

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