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In viaggio verso il futuro, colloquio con Gianmarco Montanari

Un viaggio in autostrada verso Genova, l’occasione per parlare di IIT con il Direttore Generale della Fondazione che da due anni ricopre l’incarico

Il telepass fa alzare la sbarra al casello di Milano e offre una similitudine: «Gianmarco, quando si è alzata la sbarra dell’entrata dell’IIT cos’hai pensato?». Ci pensa un attimo e risponde: «Venivo da esperienze molto diversificate e diverse rispetto a quella che sto conducendo, avevo lavorato per multinazionali, passando periodi anche all’estero, e per enti pubblici compresa un’esperienza importate nell’Amministrazione centrale a Roma», racconta Gianmarco Montanari. «Vedevo quindi il mio ingresso in IIT come una nuova opportunità professionale in un ambito entusiasmante e per me nuovo: quello della ricerca; ero pronto a dare il mio contributo con la giusta partecipazione professionale».

Tra i ricordi di Montanari, in particolare, il primo pranzo in mensa: «Mi sono seduto ad un tavolo vicino ai ragazzi che lavorano con noi e ho sentito il loro entusiasmo, ho ascoltato i loro progetti professionali ma anche personali e ho capito il valore di quanto mi stavo apprestando a proporre con la mia nuova attività», dice il dg mentre ci lasciamo alle spalle Voghera. «In IIT non vi può essere distacco professionale ma una convinta e decisa compartecipazione alla vita dell’Istituto che è fatta di relazioni con le persone, attenzione alle attività scientifiche e supporto alle attività di trasferimento tecnologico».

Quella full immersion a pranzo in uno dei primi giorni di lavoro all’IIT restituisce al direttore il senso di essere parte di un’Istituzione di elevatissima qualità, con un respiro internazionale, pervasa da una vitalità e da una positività che si può percepire anche facendo esperienze apparentemente semplici come un pranzo in mensa: «Appena posso cerco ancora di sedermi in un posto qualsiasi della nostra “sala da pranzo” per respirare aria di multiculturalità, percepire visioni e, perché no, anche, e non guasta, condividere l’ottimismo e l’orgoglio dei nostri giovani ricercatori per essere parte di questo grande progetto».

Una prima laurea in Ingegneria e poi in Economia, in Giurisprudenza ed in Scienze Politiche, nel contempo le specializzazioni all’estero alla Columbia, all’INSEAD ed all’IMD, la carriera a Torino nel settore automotive e poi la consulenza di alta direzione e alle Banche. A chi è abituato a dirigere organizzazioni molto “quadrate”, il mondo del nostro istituto di ricerca può sembrare troppo informale e insofferente verso i modelli tradizionali di gestione delle risorse umane. «No. Non bisogna farsi deviare dalle apparenze esteriori evidenziate, peraltro solamente, dalla assoluta informalità dei rapporti – continua Gianmarco Montanari – in IIT si fa scienza in modo libero, senza vincoli e, fino ad oggi, con le migliori risorse a disposizione. Abbiamo pochissimi enti che ci possono eguagliare al mondo, alcuni già di mia conoscenza, altri visitati nell’ultimo periodo come Harvard e Stanford negli USA, o EPFL, ETH ed Imperial College in Europa. Libertà significa anche vivere in un sistema che premia il merito. Nella nostra struttura ciascuno può dare il proprio contributo in una organizzazione totalmente integrata. Amministrativi e ricercatori sono professionisti che attraverso le diverse esperienze si compensano collaborando. Libertà non esclude però il rispetto di tutti i vincoli che regolano la ricerca scientifica e naturalmente le regole di normale convivenza. L’informalità deriva dal passo internazionale dell’Istituto dove ricercatori provenienti da ogni angolo del globo adottano modalità di relazione poco paludate ma molto pragmatiche».

Superata Serravalle Scrivia l’autostrada assomiglia ad una vecchia statale, tortuosa e stretta. Superiamo sequenze di camion in una giornata resa buia dalla pioggia che si tramuta in acqua inquinata dalle emissioni dei nostri motori.

«La ricerca troverà soluzioni anche ai problemi ambientali, vi sono diversi progetti in corso in questa direzione: smart materials, bioplastiche, trattamento delle acque e tutti i lavori sul grafene. Anche tutto questo è entusiasmante per chi lavora e studia per individuare e realizzare processi o prodotti che aiuteranno l’uomo a vivere meglio. Pensa all’orgoglio di tutti noi quando dopo tanto studio, lavoro, illusioni e delusioni si raggiunge l’obbiettivo di realizzare un prototipo unico, originale che poi diverrà un prodotto apprezzato dal mercato. Come nel recente caso di Hannes, la mano robotica, una protesi realizzata su scala industriale che permetterà ad un gran numero di persone di riavere un arto con le stesse funzionalità di quello che aveva perduto».

Dopo una curva, un cartello segnala che mancano cinque chilometri a Bolzaneto e alla nostra destra compare il grande edificio che accoglie uffici e laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia. C’è ancora tempo per parlare del grande senso di appartenenza che ci lega e lega tutti i nostri colleghi all’Istituto Italiano di Tecnologia. Gianmarco Montanari, mentre con una decina di giovani ricercatori varchiamo la soglia dell’IIT, mi ricorda che qui si studia il futuro e che il lavoro di questi ragazzi potrà migliorare, attraverso le diverse applicazioni, la qualità della vita e offrire nuove e positive opportunità alle generazioni future.

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