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La genomica a fianco delle donne nella lotta contro il tumore al seno

La “rivoluzione genomica in sanità” a una svolta

La “rivoluzione genomica in sanità”, ovvero l’utilizzo dei dati derivanti dall’analisi completa del DNA di un individuo al fine di migliorare il processo diagnostico e le prospettive di cura, è giunta ad una svolta in Italia, almeno per alcune pazienti oncologiche. Con il Decreto del 7 luglio 2021, il Ministero della Salute ha destinato a tutela della salute della donna 20 milioni in tre anni per permettere alle pazienti con particolari caratteristiche cliniche l’accesso a trattamenti personalizzati e più efficaci sulla base delle informazioni contenute nel DNA.Oggi, a distanza di tre mesi dallo sblocco di questi fondi, secondo alcuni rappresentanti degli oncologi medici al congresso ESMO (European Society for Medical Oncology) mancherebbero all’appello ancora cinque Regioni a dover recepire ed integrare nei loro sistemi sanitari le indicazioni del Decreto. L’ultima di queste, adeguatasi appena lo scorso 24 settembre, è stata il Piemonte che ha stimato una spesa di 1 milione e 600 mila euro dedicati a oltre 800 pazienti l’anno.Dall’ultimo rapporto “I numeri del cancro in Italia 2020” firmato da AIOM-AIRTUM (Associazione Italiana di Oncologia Medica e Associazione Italiana Registri Tumori) nello scorso anno il cancro alla mammella è stato diagnosticato a 55 000 donne. Nonostante sia ancora il tumore prevalente nel sesso femminile, andando a ricoprire il 30.3% dei casi totali, è anche uno dei più curabili, con una percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di circa 9 donne su 10 (89%). Quest’ultimo dato è particolarmente interessante se confrontato anche solo con quello del tumore al colon-retto, secondo classificato nell’incidenza dei tumori femminili (11.2% del totale), in cui la stessa percentuale crolla di 24 punti, attestandosi al 65%, ovvero poco più di 6 su 10.Sono molti i fattori che possono andare ad influire su questi numeri: quelli senza dubbio più determinanti sono relativi all’incremento delle diagnosi precoci in conseguenza al miglioramento e alla diffusione delle tecniche di screening, ad una maggiore attenzione e sensibilità dei cittadini rispetto ai temi della prevenzione e a un parallelo miglioramento delle opzioni terapeutiche. I dati AIOM confermano infatti gli ottimi risultati delle campagne di prevenzione tumorale che hanno migliorato le aspettative di vita dei pazienti con diagnosi neoplastica del 37% negli ultimi 10 anni vedendo ridotto anche il tasso complessivo di mortalità, che è calata del 4,2% nelle donne nel 2020 rispetto al 2015.Dal lontano 2013, quando la superstar Premio Oscar Angelina Jolie ha scosso l’opinione pubblica diventando a tutti gli effetti una delle prime “testimonial” nella sensibilizzazione della prevenzione dei tumori femminili attraverso l’utilizzo delle informazioni fornite dai test genetici, la lotta contro il tumore al seno è drasticamente cambiata. Secondo il quaderno di Fondazione AIOM sul carcinoma mammario, la diagnosi precoce ha infatti permesso una riduzione della mortalità del 40% per le donne che hanno aderito ai percorsi di screening. Soprattutto nelle nuove generazioni, vi è una crescente e nuova consapevolezza e attenzione verso il proprio corpo sia grazie alla costruzione di una “cultura della prevenzione”, ma anche dalla disponibilità di nuove tecnologie diagnostiche all’avanguardia sempre più precise e disponibili, almeno in Italia, su larga scala e coperte dal SSN.Ora, nel 2021, siamo giunti a un altro importante capitolo della storia: per le donne con diagnosi di carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce, trattabile attraverso l’ormonoterapia, sarà disponibile e coperta in tutto il territorio nazionale l’analisi genomica, la quale potrà essere prescritta da team multidisciplinari in particolari centri di Senologia identificati dalle Regioni. Questo tipo di analisi è particolarmente utile per le pazienti in cui vi è un dubbio clinico nell’effettuare una chemioterapia post operatoria, associata alla terapia ormonale. Infatti, in situazioni di incertezza diagnostica, le informazioni ottenute dal sequenziamento del DNA potrebbero fare effettivamente la differenza nella gestione della malattia permettendo di evitare cicli di chemioterapia e considerare approcci farmacologici alternativi, più efficaci e costruiti considerando l’unicità della singola persona.

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