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Le tecnologie a RNA come rivoluzione della medicina

Stefano Gustincich, direttore del Central RNA Lab di IIT, agli incontri “ZoomCovid19” di UNAMSI

La cronaca giornalistica del periodo pandemico si è arricchita, con l’introduzione dei vaccini anti-COVID19, di un nuovo vocabolario legato a metodi che stanno cambiando il mondo della medicina: “le tecnologie a RNA”.  Di queste nuove terminologie e del loro significato a più ampio spettro ne ha parlato Stefano Gustincich, direttore del Central RNA Lab all’IIT, nell’ambito degli incontri di approfondimento online “ZoomCovid19” organizzati per i propri soci da Unamsi, Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione. I seminari UNAMSI hanno ospitato i maggiori esperti dei diversi ambiti coinvolti dalla pandemia, tra i quali quelli più esposti mediaticamente, come l’infettivologo professor Massimo Galli o l’immunologo professor Alberto Mantovani. Costoro hanno raccontato la loro esperienza umana e professionale nata al seguito degli eventi causati dal virus Sars-CoV-2.

Alla base dei vaccini prodotti da Pfizer/BioNTech e Moderna contro la COVID19, ma anche già utilizzati per sperimentare vaccini contro Zika ed Ebola, le tecnologie a RNA rappresentano per la medicina una “rivoluzione”, che Gustincich disegna descrivendone le caratteristiche tecniche e sottolineando che non solo hanno cambiato il modo di pensare i vaccini, ma che rappresentano la piattaforma di partenza per definire un’intera categoria di farmaci in grado di rispondere alle esigenze della medicina personalizzata. Negli ultimi cinque anni, e prima della COVID19, sia investimenti privati, che la capitalizzazione in borsa di aziende per terapie a RNA sono triplicate a 3 e 50 miliardi di dollari rispettivamente. Circa 500 nuovi farmaci basati sulle tecnologie a RNA sono alla fase di studio clinico, 5 di questi sono in attesa di decisione da parte di EMA e FDA.

Le tecnologie a RNA nascono all’interno degli studi di genomica, iniziati 20 anni fa con l’Human Genome project e proseguiti con estrema velocità nel corso degli anni, con l’obiettivo di comprendere la variabilità genetica dell’essere umano e come questa influenzi l’insorgenza delle malattie e la risposta alle rispettive terapie. Gustincich cita, come esempio, lo spettro autistico per cui sono state identificate mutazioni in 400 geni diversi; ma anche i tumori, poiché ogni paziente oncologico è diverso dall’altro, in quanto il quadro delle alterazioni genomiche possono essere molteplici. Per conoscere la malattia e personalizzare la terapia, quindi, la genomica parte dallo studio del genoma dei pazienti, ovvero dall’estrazione delle informazioni contenute nei geni che compongono il DNA. E di ciò Gustincich se ne sta occupando direttamente attraverso il progetto “5000genomi per la Valle d’Aosta” di cui è direttore scientifico insieme ad Andrea Cavalli di IIT, che ha l’obiettivo di sequenziare circa 1000 genomi all’anno per 5 anni su pazienti affetti da malattie del neurosviluppo, neurodegenerative e oncologiche. Il progetto prevede la costruzione di un centro ad Aosta, ormai in fase di completamento, volto all’analisi genomica e di big data che, integrandosi con il sistema sanitario regionale, permetterà di realizzare una diagnosi precoce e terapie personalizzate per i pazienti in cura negli ospedali del territorio.

In ambito COVID19 tale approccio verso lo studio del genoma dei pazienti ha condotto ad un lavoro recente, pubblicato su Nature Medicine (link), in cui i ricercatori IIT, in particolare Claudia Giambartolomei, Gian Gaetano Tartaglia e Gustincich, in collaborazione con Harvard Medical School and EMBL, hanno trovato varianti genomiche associabili alla gravità della malattia.

L’RNA messaggero (mRNA) altro non è che il risultato di un processo di copia (trascrizione) del DNA, ed è il modo che le nostre cellule hanno per leggere le istruzioni necessarie a costruire le catene di amminoacidi che determinano le proteine. Gustincich menziona l’esempio dell’emoglobina, la proteina presente nei globuli rossi e responsabile del trasporto di ossigeno. Il gene dell’emoglobina, scritto all’interno del DNA, viene trascritto in mRNA, ovvero nel codice necessario a definire la catena degli amminoacidi che costituiranno la proteina. Nel corso degli ultimi anni si è scoperto che esistono RNA che non sono legati alla produzione di proteine, che viene detto “RNA non-codificante”, ma che svolgono altre funzioni specializzate all’interno della cellula.  Gustincich, in IIT, coordina un’iniziativa scientifica dedicata allo studio di tali RNA, la RNA Iniziative (https://www.iit.it/it/web/irna), che coinvolge oltre venti Principal investigators di IIT, specializzati in genomica, biologia computazionale, imaging, nanotecnologie, con l’obiettivo di studiare applicazioni in ambito oncologico e nelle neuroscienze. L’impegno di Gustincich, inoltre, è ulteriormente testimoniato dal fatto che è fondatore di uno start-up biotech di IIT, la Transine Technologies, focalizzata su tecnologie basate su RNA non-codificante.

L’RNA, infine, è il cuore del virus SARS-CoV-2, poiché, come ogni coronavirus, è costituito da un filamento di RNA custodito dentro una capsula. Una volta isolato dagli scienziati cinesi, alcune settimane più tardi la sequenza del suo RNA era disponibile su internet all’intera comunità scientifica internazionale. Ed è a quel punto che è iniziata la storia del vaccino contro il COVID19, la quale ha di fatto le sue radici nelle conoscenze già maturate intorno agli RNA grazie alla genomica. Un vaccino ha il ruolo di insegnare al sistema immunitario a riconoscere un virus, ha spiegato Gustincich, allenandolo attraverso l’uso di varianti di virus meno patogeniche ma con lo stesso involucro – che agisce come “faccia” da identificare da parte del sistema immunitario e da distruggere. Nel caso del vaccino a base di RNA, anziché inoculare il virus attenuato, si inocula l’mRNA che codifica la proteina dell’involucro del virus, chiamata Spike, usata per agganciarsi alle cellule umane. Il virus quindi è presente solo con la propria faccia, non è patogenetico e permette al sistema immunitario di allenarsi. Si tratta di una tecnologica estremamente versatile, che permette di produrre vaccini contro le nuove varianti in brevissimo tempo. Il vaccino è stato sviluppato in soli 11 mesi.

Gustincich ha concluso l’incontro sottolineando l’importanza della genomica per la prevenzione, diagnosi e cura e di come sarebbe utile trasferire 30 anni di conoscenza al servizio della salute del cittadino mediante la “genomicizzazione della medicina”.

L’ultima domanda per lui da parte di un giornalista dell’UNAMSI riguarda il numero di aziende che in Italia investono in tecnologie a RNA, la risposta, purtroppo, è stata: nessuna. Il nostro Paese è fuori da questa rivoluzione, almeno per il momento.

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