Intervista alla scrittrice per ragazzi Chiara Valentina Segré
Il libro “L’incredibile Plantoide e i superpoteri del regno vegetale” nasce in diversi luoghi. Genova, Pisa, Milano, Padova e Trieste sono, infatti, le città che ha attraversato prima di comparire nelle librerie di tutta Italia. Genova è la città sede dei laboratori dell’IIT diretti da Barbara Mazzolai, co-autrice del libro, e luogo di ambientazione del libro. A Pisa c’è una parte della carriera scientifica di Mazzolai, la quale, dopo avere studiato alla Scuola Superiore Sant’Anna, diventa coordinatrice del centro di IIT a Pisa e inventa il primo robot pianta al mondo, il Plantoide, che nel racconto ricopre il ruolo di “incredibile” mentore. A Milano risiede Chiara Valentina Segré, biologa e scrittrice, co-autrice del volume. Padova è la città in cui ha sede l’Orto botanico universitario più antico al mondo, che per il suo 800esimo anniversario ha promosso la creazione di una collana editoriale sui temi della biodiversità, di cui il libro è parte. Trieste, infine, è sede della casa editrice Editoriale Scienza che ha orchestrato la realizzazione del libro, affidando le illustrazioni alla bravissima Veronica Carratello.
Il racconto ha come protagonisti due giovani ragazze, Barbara e Samira, e il loro amico Vittorio, che un giorno decidono di avventurarsi all’interno di un edificio noto con il nome “il Vaso dei fiori” a causa della sua forma; il luogo si rivela essere l’Istituto Italiano di Tecnologia nel mezzo delle colline toscane. Una volta dentro, i tre incontrano il signor Plantoide, esperto di piante e robotica, che li accompagna in una visita durante cui scoprono piante timide, fiori dai colori cangianti, reti di piante sotterranee, robot rampicanti, piante acquatiche in grado di sostenere il peso di una persona e tante altre sorprese e applicazioni del mondo vegetale.
Abbiamo contattato Chiara Valentina Segré per farci raccontare qualche retroscena del libro e riflettere sul valore della narrativa scientifica per ragazzi.
Chiara, tu e Barbara Mazzolai siete entrambe biologhe di formazione, ma svolgete due professioni diverse, tu divulgatrice e scrittrice, lei ricercatrice; due professioni che vi hanno fatto incontrare. Come è nata l’idea di scrivere un libro insieme?
L’idea è arrivata tramite Telmo Pievani, pro Rettore all’Università di Padova e curatore della collana editoriale voluta per l’anniversario dell’Orto Botanico di Padova insieme alla casa editrice Editoriale Scienza. L’idea era quella di realizzare un libro sulle piante che parlasse di futuro, coinvolgendo Barbara Mazzolai e raccontando le sue ricerche. Avevano però bisogno di un’esperta di letteratura per ragazzi, che potesse scrivere e strutturare il libro, e così ho accettato subito la proposta. La preparazione del libro è iniziata quando è nata la mia ultima figlia; Barbara mi suggeriva articoli scientifici, libri e materiali da studiare, e io il studiavo tra una seduta e l’altra di allattamento. Ci siamo sentite spesso tramite video call, incastrando gli appuntamenti nell’agenda molto fitta di Barbara. Abbiamo impiegato circa 6 mesi per scrivere il contenuto. Io ho pensato inizialmente alla scaletta e al format, che alterna una parte narrata e fantastica a quella più di divulgazione scientifica, lei alla correttezza del contenuto scientifico, con suggerimenti su cosa si poteva aggiungere in alcuni passaggi.
Nel vostro racconto uno dei personaggi è una bambina di nome Barbara e la si vede alle prese con un piccolo drone. È bionda e con gli occhi azzurri. Ricorda, insomma, proprio Barbara Mazzolai. Come mai questa scelta?
È stata una mia scelta. Nel leggere uno dei libri di Barbara, La Natura Geniale, sono rimasta colpita della sua storia di lei da bambina, che non pensava affatto di diventare un’esperta di robotica, ma che era appassionata già di biologia. La protagonista femminile nella narrazione, allora, l’ho voluta costruire proprio sulla figura di Barbara; inoltre, mi piaceva creare un collegamento tra il mio personaggio immaginario e una persona reale, una ricercatrice che ha fatto davvero cose molto importanti, a dimostrazione che la storia raccontata nel libro non è tutta finzione. Persone così esistono davvero!
Possiamo anche dire che la vera Barbara ha passato il testimone alla Barbara più piccola, immaginaria nel libro, e forse nel mondo reale, che molto probabilmente diventerà una ricercatrice nel futuro?
Certamente vi è un messaggio implicito di lascito alle nuove generazioni. Di prospettiva verso il futuro. Nella scelta dei protagonisti, ho voluto che i lettori trovassero un’immagine in cui immedesimarsi, e che questa rappresentasse il vero mondo reale in cui vivono. Per la co-protagonista, Samira, ho richiesto volutamente all’illustratrice che venisse rappresentata con caratteristiche fisiche che la connotassero come appartenente a un’altra etnia rispetto a quella di Barbara, poiché è importante che tutti i lettori e le lettrici, indipendentemente dalla loro origine, si possano ritrovare nella storia.
Hai scritto un libro divulgativo sulla scienza pensando ai bambini e bambine di oggi, ai più giovani. Secondo te, rispetto alla nostra generazione, quanto è presente la scienza nella loro educazione?
Sicuramente oggi c’è molta più offerta. Instagram, TikTok sono pieni di contenuti divulgativi, alcuni di buona qualità, altri ottimi; tanti divulgatori sono presenti sui social media, ci sono più opportunità, stage, concorsi, festival della scienza, i musei di scienza sono più attivi nel coinvolgimento delle scuole e le scuole stesse sono più attente. Ma non sono sicura che questo contenuto arrivi a tutti. Questa abbondanza ci può dare una falsa idea di perfusione. Credo che ci siano ancora fasce sociali che, a causa del loro contesto socio-economico, al di fuori della scuola – e forse nemmeno a scuola – non abbiano la possibilità di accedere a tale conoscenza. Io spero che il libro, attraverso le biblioteche pubbliche, possa essere uno strumento più accessibile e operare come promozione della cultura STEM.
Chiara da bambina sognava di diventare una biologa o una scrittrice?
Sognavo di diventare prima una giornalista, e poi una scrittrice. A 8 anni ho scritto la mia prima storia, mi ricordo che scrivevo con la macchina da scrivere di mia mamma. Contemporaneamente mi affascinavano le materie scientifiche. Così ho coltivato entrambe le passioni. All’Università ho preferito iscrivermi a biologia, con l’idea che quella formazione, soprattutto in ambito biomedico, poteva permettermi di scoprire cure o meccanismi legati alle malattie. In seguito mi sono formata con master in giornalismo e letteratura per ragazzi. Alla fine le due passioni sono confluite nel lavoro che svolgo oggi, sia di educatrice scientifica che di scrittrice.
Perché preferisci scrivere per i giovani lettori?
Me lo chiedono sempre anche i bambini! La letteratura per i ragazzi permette di toccare più temi rispetto alla letteratura per adulti e con maggiore libertà di toccare grandi questioni, usando più stili e forme espressive. Inoltre, un aspetto che mi affascina molto, è la possibilità di potere ispirare con un mio libro un bambino o una bambina, contribuire a costruire quello che lui o lei sarà, anche se in piccola parte. Mi dà un grande senso di responsabilità, ma anche di forza ed entusiasmo. Tutti noi abbiamo dei libri, letti da piccoli, da ragazzi, che ci hanno fatto cambiare il modo con cui guardavamo le cose, che hanno determinato cosa siamo diventati.