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Barbara Mazzolai, dallo studio delle piante nascono le tecnologie del futuro

In uno studio recente la scoperta che le piante possono produrre l‘elettricità necessaria ad alimentare 100 lampadine a LED.


A fine anno il Corriere della Sera l’ha scelta tra le 70 donne del 2018 insieme ad altre scienziate come Marica Brachesi e Rita Cucchiara, nel 2015 la comunità Robohub la segnalava tra le 25 donne geniali della robotica, Barbara Mazzolai ha la capacità di unire nella sua ricerca la conoscenza della biologia con l’ingegneria e la scienza dei materiali. A livello internazionale è nota per avere realizzato il primo robot pianta al mondo, il Plantoide, grazie a finanziamenti della Commissione Europea. In un’intervista a National Geographic Italia aveva confidato che “all’inizio c’era un po’ di diffidenza, non era facile ottenere finanziamenti per robot apparentemente immobili, non se ne vedeva l’utilità”, ma poi il progetto era stato accettato e partì nel 2012, mostrando alla comunità scientifica internazionale non solo che il regno delle piante rappresentava un punto di riferimento per sviluppare nuove idee in ingegneria, ma che la robotica bio-ispirata poteva andare oltre l’imitazione antropomorfa. Oggi è a capo del progetto europeo GrowBot, per la realizzazione di robot ispirati alle piante rampicanti.

Da un’idea bioispirata arriva il loro ultimo lavoro, pubblicato sulla rivista internazionale Advanced Functional Materials: le piante come fonte pulita di energia elettrica. “L‘idea ci è arrivata da un progetto finanziato dalla Regione Toscana per realizzare dei cespugli totalmente artificiali e creare energia dal vento“, ha raccontato Barbara Mazzolai, “Quindi la domanda è sorta spontanea insieme a Fabian Meder e ad altri colleghi di capire se anche le piante naturali riescono a produrre energia, quando stimolate in maniera opportuna”.

Il gruppo di ricerca ha scoperto che le piante possono generare, per ciascuna singola foglia, più di 150 Volt, abbastanza per alimentare simultaneamente 100 lampadine a LED. I ricercatori hanno, inoltre, dimostrato che un “albero ibrido” fatto di foglie naturali e artificiali può agire come un innovativo generatore di elettricità a partire dal vento. L‘albero è stato ottenuto modificando una pianta di oleandro (Nerium oleander) con l’aggiunta di foglie artificiali, le quali, toccando le foglie naturali, attivano la generazione di elettricità della pianta. In presenza di vento, quindi, l'”albero ibrido” produce elettricità e l’elettricità prodotta aumenta quanto più le foglie vengono toccate.

“In questo caso il materiale delle foglie artificiali è molto importante”, spiega Mazzolai, “se io dovessi toccarle con le mani, l’energia prodotta sarebbe molto minore. Mentre se uso dei materiali soffici come il silicone, la produzione è maggiore”

Nel loro studio, il team di ricerca ha spiegato i meccanismi che determinano la generazione di elettricità da parte delle foglie quando vengono toccate da un materiale o dal vento. Alcune strutture fogliari, infatti, sono in grado di convertire le forze meccaniche applicate sulla loro superficie in energia elettrica, grazie alla loro stessa composizione. Le cariche elettriche vengono raccolte sulla superficie fogliare a causa di un processo chiamato „elettrificazione da contatto“. Le cariche vengono trasmesse dalla superficie al tessuto vegetale interno, il quale agisce come un “cavo”, trasportando l’elettricità nel resto della pianta. Questa elettricità può essere raccolta e trasferita all’esterno della pianta, collegando una sorta di “presa elettrica“ allo stelo della pianta.

“In biologia sappiamo già che esistono delle correnti elettriche all’interno della pianta. Ad esempio negli apici radicali oppure quando si chiudono le foglie di una Venus (Dionaea muscipula), nota come acchiappa mosche. Però in questo caso è diverso perché noi induciamo la generazione di questa elettricità all’interno della pianta” racconta Mazzolai. “Dobbiamo ancora capire il significato biologico di tale fenomeno, e questo è proprio parte del nostro studio, che non si  limita solo a ricerca e applicazione dei risultati, ma anche scienza di base. L’applicazione tecnologica ci aiuta a porci le domande giuste”.

In futuro, la struttura del dispositivo “verde“ potrà essere facilmente trasferita a dimensioni più grandi, sfruttando l’intera superficie del fogliame di un albero o addirittura di una foresta, diventando un generatore di energia elettrica distribuito e di facile accesso in tutto il mondo.

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