Il microscopio a Foglietto di Luce, vede le sue prime applicazioni all’inizio del XX secolo, per lo studio delle proprietà dei colloidi, premiando nel 1925 con il Nobel R. Zsigmondy, inventore dello strumento insieme a H. Siedentopf.Il microscopio a Foglietto di Luce, vede le sue prime applicazioni all’inizio del XX secolo, per lo studio delle proprietà dei colloidi, premiando nel 1925 con il Nobel R. Zsigmondy, inventore dello strumento insieme a H. Siedentopf. Il nuovo microscopio venne subito chiamato ultramicroscopio; permetteva infatti di osservare dettagli ai quali il normale microscopio ottico non poteva arrivare. Quali dettagli invisibili e perchè?Quando si utilizza il microscopio ottico per osservare oggetti in condizioni di affollamento (ad es. cellule, tessuti, ecc), l’immagine che vorremmo a fuoco risulta corrotta da informazioni che provengono da elementi fuori fuoco, questo oscura dei dettagli ed avviene perché la luce è focalizzata nella regione di interesse stimolando simultaneamente le informazioni presenti in tutti i piani attraversati. Con il Foglietto di Luce non viene illuminato tutto il soggetto ma viene prodotto un vero e proprio foglio luminoso che attraversa il materiale da visualizzare; l’osservatore vede solo ciò che è presente in quella fettina ottica illuminata dal foglietto e le restanti parti, intorno al fuoco della lente di osservazione, non vengono sollecitate a produrre l’indesiderato segnale.Le ragioni del successo di questa tecnica sono semplici, anche se lo stesso effetto si potrebbe avere tagliando a fettine il soggetto da analizzare ma con evidenti controindicazioni: il metodo risulta ottimale da un punto di vista tecnico, perché l’abbattimento dei segnali indesiderati permette di “veder oltre” in tessuti o organi (un po’ come riuscire a vedere oltre le fiamme durante un incendio) e ottimale dal punto di vista fisiologico, perché la dose di luce è ridotta rispetto ai metodi convenzionali di microscopia ottica.Questa riduzione della luce, volendo forzare il paragone con la nostra esposizione ad una fonte luminosa come il sole, permette di abbronzarsi più a lungo senza danni alla pelle. Poter stare più a lungo sotto un microscopio per un campione biologico offre la possibilità di seguire i fenomeni nel tempo: dalla evoluzione di una patologia agli effetti di un farmaco per la cura. Il sistema a foglietto di luce è inoltre scalabile in dimensioni fino a quelle di un comune telefono cellulare aprendo nuove prospettive per eventuali autodiagnosi o sviluppo di tecnologie portabili.Alberto Diaspro, Direttore Nanofisica IIT