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Non un ROBOT qualunque

Un algoritmo di machine learning va a caccia di proteine dannose per il cervello

Un gruppo di ricerca guidato da Gian Gaetano Tartaglia, Principal Investigator dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), ha messo a punto un algoritmo di machine learning che studia il comportamento delle proteine all’interno delle cellule e prevede il loro potenziale di scatenare malattie neurodegenerative come Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), Parkinson e Alzheimer. catGRANULE 2.0 ROBOT, questo il nome dell’algoritmo, aiuta a identificare target molecolari per studi e terapie mirate ed è descritto in un articolo pubblicato di recente sulla rivista Genome Biology.

Le patologie neurodegenerative rappresentano una sfida sanitaria e una problematica con ricadute socio-economiche importanti: in Italia si stimano circa 1 milione di persone affette e il costo medio per paziente è calcolato in circa settantamila euro. Il gruppo guidato da Tartaglia sta studiando il comportamento chimico-fisico di alcune proteine collegate all’insorgenza di tali malattie.

Nell’ambiente cellulare queste proteine hanno la capacità di formare condensati biomolecolari, ovvero gomitoli molto intrecciati, che in alcune condizioni diventano insolubili in acqua. In assenza di malattia, questo meccanismo è funzionale per gestire la produzione di altre proteine e per rispondere a situazioni di stress cellulare, ma quando il processo di condensazione subisce un’alterazione, questa dà avvio a uno stato patologico: i gomitoli proteici diventano strutture solide che si accumulano nelle cellule e le portano alla morte.  Esempi di questi aggregati tossici sono i corpi di Lewy associati al Parkinson, gli accumuli di filamenti nel motoneurone collegati alla SLA e le placche amiloidi correlate all’Alzheimer.

Il passaggio da un contesto sano a una situazione di malattia è spesso dovuto a modifiche che avvengono nella struttura proteica e che trasformano i condensati biomolecolari in aggregati di materia solida. Con la supervisione di Tartaglia, i post-doc dell’IIT Michele Monti e Jonathan Fiorentino hanno messo a punto un algoritmo, nominato catGRANULE 2.0 ROBOT (acronimo di Ribonucleoprotein Organization in Biocondensates Organelle Types), in grado di comprendere il legame tra le mutazioni presenti nelle proteine e la formazione dei condensati. L’utilizzo del software permette di rintracciare le proteine potenzialmente dannose, così da identificare target per studi e terapie mirate.

“L’individuazione di caratteristiche biochimiche correlate alle malattie neurodegenerative è cruciale per intervenire precocemente e rallentare il decadimento cognitivo”, dichiara Gian Gaetano Tartaglia, coordinatore della ricerca. “abbiamo addestrato il nostro sistema per riconoscere la formazione di condensati, che in molti casi è un passo iniziale per la formazione di aggregati tossici.  Un contributo fondamentale a questo evento viene dall’interazione proteina-RNA”

Il meccanismo chimico-fisico che porta alla formazione dei condensati biomolecolari è definito separazione di fase liquido-liquido e alcune proteine possiedono la struttura tridimensionale adatta a favorire questo processo. La formazione dei gomitoli è regolata anche dall’RNA, che interagisce con le proteine facilitando o inibendo la separazione di fase.

Il gruppo di ricerca ha puntato l’attenzione sull’interazione RNA-proteina e ha istruito catGRANULE 2.0 ROBOT in modo che usi questo parametro come indicatore per determinare se un condensato biomolecolare ha il potenziale per diventare tossico. L’algoritmo di machine learning è capace di studiare la struttura di una proteina, analizzando le sequenze di amminoacidi di cui è composta e considerando la sua affinità per l’RNA. Da questa analisi i ricercatori possono poi determinare la propensione a subire separazione liquido-liquido e a generare condensati. Il metodo ROBOT permette quindi di studiare l’influenza delle mutazioni sulla separazione liquido-liquido: se queste alterano l’interazione proteina-RNA, è probabile che condizionino anche la formazione dei condensati, portando a conseguenze patologiche.

Lo studio si inserisce nel contesto del progetto internazionale IVBM-4PAP, coordinato dall’Istituto Italiano di Tecnologia che mira a sviluppare il microscopio chiamato In-Vivo Brillouin Microscope (IVBM), uno strumento per individuare nuovi target terapeutici nel contesto delle malattie neurodegenerative. IVBM servirà a misurare le proprietà delle proteine e dei condensati all’interno delle cellule viventi, senza interventi esterni. L’algoritmo catGRANULE 2.0 ROBOT rappresenta la base computazionale su cui il consorzio di ricerca sta sviluppando il progetto: fornisce infatti le previsioni teoriche su quali proteine e mutazioni potrebbero essere rilevanti. I ricercatori possono poi verificare i calcoli con il microscopio, osservando in tempo reale il comportamento delle proteine e la loro interazione con l’RNA nella cellula.

L’integrazione tra il lavoro computazionale dell’algoritmo e le attività sperimentali condotte al microscopio ha il potenziale per identificare precocemente i segnali patologici e sviluppare nuove strategie terapeutiche che rallentino la progressione di malattie neurodegenerative, riducendone così gli impatti a lungo termine.

Il consorzio IVBM-4PAP è composto dal Center for Life Nano and Neuro-Science e dal RNA Systems Biology Lab dell’Istituto Italiano di Tecnologia, dall’Università di Trento, dall’Universidad Zaragoza, dal gruppo ImHorPhen dell’Université Angers e dall’azienda Crest Optics.

L’algoritmo catGRANULE 2.0 ROBOT è a disposizione di tutti al link:

https://tools.tartaglialab.com/catgranule2

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