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Realizzate nano-navicelle che aiutano il sistema immunitario

La ricerca nasce nell’ambito del progetto Potent di Paolo Decuzzi, finanziato dall’European Research Council (ERC)Lo sviluppo di una medicina basata su farmaci “intelligenti” capaci di curare un tessuto malato e limitare i danni collaterali al resto del corpo, dipende dalla possibilità di sviluppare navicelle nanometriche in grado di interagire nel modo più efficace con le cellule del sistema immunitario. I ricercatori dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia hanno realizzato nanoparticelle a rigidità controllata, da soffici come cellule del sangue a dure come porzioni di osso, che possono essere utilizzate come navicelle sia per intervenire direttamente i tumori, sia per sviluppare immunoterapie.Il lavoro è stato pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale ACS Nano e ha coinvolto un team interdisciplinare dell’IIT, tra cui il ricercatore Roberto Palomba, coordinato da Paolo Decuzzi direttore del Laboratorio di Nanomedicina di Precisione di IIT a Genova.  Lo studio nasce nell’ambito del progetto POTENT di Paolo Decuzzi, finanziato dall’European Research Council (ERC). Il progetto, infatti, ha per focus la diagnosi precoce e cura del glioblastoma multiforme, il tumore al cervello più aggressivo, attraverso nanoparticelle in grado di trasportare molecole di farmaco e riconoscere il tessuto malato in cui rilasciarle.Il gruppo di ricerca ha realizzato nanoparticelle polimeriche di differente forma e rigidità per studiarne l’interazione con i macrofagi, le cellule del sistema immunitario che svolgono l’importante compito di rimuovere, tramite fagocitosi, ciò che riconoscono come corpo estraneo. L’obiettivo, infatti, è di sviluppare delle strategie per evitare che le nanoparticelle cadano in tale processo di rimozione, riducendo l’efficacia della nanomedicina, poiché ne limita il tempo di circolo e la biodisponibilità.Al tale fine i ricercatori hanno introdotto una tecnica per modulare la rigidezza dei nanocostrutti e ottenere così nanoparticelle soffici come globuli rossi, che evadono il riconoscimento dei macrofagi e la fagocitosi, e nanoparticelle rigide, che al contrario vengono rapidamente identificate e fagocitate. Le particelle più soffici sono quindi le più adeguate a essere impiegate efficacemente per trasportare il farmaco, o coktail di farmaci, direttamente al tessuto malato. I ricercatori, però, hanno anche individuato un utilizzo per le particelle rigide, le quali, proprio perché vengono riconosciute dai macrofagi, possono essere impiegate per trasportare molecole di interesse direttamente all’interno dei macrofagi, trasformandoli e rendendoli vettori ideali per immunoterapie.Il gruppo di ricerca sta testando entrambi i tipi di nanoparticelle in modelli preclinici di diversi tumori, come per esempio il carcinoma alla mammella e il glioblastoma multiforme, con l’obiettivo di combinare insieme chemioterapia e immunoterapia, così da aprire una nuova frontiera nella lotta contro le neoplasie.

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