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Book Review: The Game

 Una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti ma anche il risultato di un’insurrezione mentale

Nel suo ultimo saggio “The Game” Alessandro Baricco ricostruisce il percorso della rivoluzione digitale. Un avvincente itinerario da ripercorrere alla ricerca delle ragioni profonde e dei presupposti culturali che hanno dato avvio e fornito forza motrice alla trasformazione più profonda del mondo e dell’uomo contemporaneo.

A distanza di oltre un decennio, l’autore riprende il tema della mutazione della nostra società già trattato nel precedente saggio “I Barbari”, dove l’avvento del digitale veniva inquadrato in una nitida cornice interpretativa: il desiderio di una cesura netta con l’eredità della cultura ottocentesca, romantica e borghese e con le esperienze tragiche del novecento e delle due guerre mondiali. Il nuovo libro, pur riprendendo i temi e conservando la chiave interpretativa del precedente, introduce tesi ancora più radicali, ipotizzando che la rivoluzione digitale sia stata creata per un nuovo tipo di esperienza umana.

Il saggio prende avvio con il tentativo di assegnare un chiaro ordine gerarchico, cronologico e geografico alla molteplicità di eventi e innovazioni che hanno generato la rivoluzione digitale, la cui evoluzione viene scandita in quattro archi temporali: il primo comincia nel 1978 con un videogioco, Space Invaders; ad esso segue l’epoca classica – dal 1981 al 1998, dal Commodore a Google – che ha visto la digitalizzazione delle informazioni e lo sviluppo del personal computer e di internet; e poi l’epoca della colonizzazione – dal 1999 al 2007, da Napster all’iPhone – con l’avvento del web 2.0 e infine, a partire dal 2008, l’epoca del Game, l’epoca in viviamo, che vede il dissolversi del confine tra l’esperienza digitale e quella reale.

La tesi di fondo del libro è che a fondamento della trasformazione digitale ci sia una reazione – ragionevole e ineludibile – alle grandi tragedie del novecento, al genocidio e agli orrori delle due guerre mondiali, ai disastri compiuti dalle ideologie forti. Una sorta di insurrezione mentale innescata da uomini, forse sforniti di una strategia complessiva e di una precisa visione dell’umanità futura, ma desiderosi di opporsi alla cultura del passato e di proporre un rovesciamento radicale dei suoi valori e modelli. Una fuga dal novecento nella speranza di rendere impossibile la ripetizione delle devastazioni e delle sciagure di quel tempo.

Una reazione decisa a perseguire la sparizione dei corpi intermedi, la fine delle mediazioni tra le elite e le masse, fino a mettere in discussione ogni muro e confine presidiato, per costruire uno spazio comune, aperto e accessibile a tutti, dove far circolare liberamente le idee e favorire la partecipazione delle persone. Un dissolvimento degli intermediari che tanta sofferenza avevano causato nel novecento, da realizzare confidando nella semplificazione, nello sviluppo di nuovi strumenti e tipi di esperienza. Perché il miglior modo per disfarsi di una casta sacerdotale è mettere tutti in grado di compiere miracoli.

Sull’onda di questa rivoluzione, l’iceberg della conoscenza viene rovesciato: non è più necessario cercare cosa si nasconde in profondità, perché ciò che conta sale sulla punta dell’iceberg e diventa subito accessibile. E’ sufficiente lo sfioramento di un’icona su uno schermo è sufficiente e la facilità del gesto nasconde che l’enorme complessità sottostante. La navigazione in superficie prende il posto dell’immersione, il gioco sostituisce la fatica dell’acquisizione del sapere.

E’ un modo innovativo di ricreare il mondo, replicandolo in forma virtuale, aggirando il presidio e la mediazione di cultori e intellettuali. Una rivoluzione che invece di proporre una visione della realtà, mette a disposizione di tutti strumenti potentissimi per ricostruire il mondo e riappropriarsene. Una salvifica cassetta di attrezzi la cui portata rivoluzionaria è ben sintetizzata nelle parole di Stewart Brand, figura guida della controcultura digitale: ”Molte persone provano a cambiare la natura degli umani, ma è davvero una perdita di tempo. Non puoi cambiare la natura degli umani; quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano, cambiare le tecniche. Allora, cambierai la civiltà”.

È lungo questa prospettiva che prende forma ciò che Baricco chiama il “Game”: il desiderio di privilegiare la semplicità rispetto alla complessità, la facilità d’uso e la piena accessibilità rispetto alle pratiche chiuse degli esperti. Una spinta ideale che porta a “generare cambiamento sfornando strumenti che se non sono giochi almeno gli assomigliano“. E’ “l’elevazione del gioco a schema fondativo di un’intera civiltà”: la superficie diventa il nuovo habitat naturale e, forse, una nuova ontologia. Il Game è il passaggio dall’esperienza alla post-esperienza, “l’esperienza figlia della superficialità”. La post-esperienza è “un movimento, una traccia, un attraversamento, e comunica sostanzialmente una sensazione di impermanenza e volatilità: genera figure che non iniziano e non finiscono, e nomi che si aggiornano in continuazione”.

È una vera mutazione antropologica che porta a ridurre i vincoli della materia, del tempo e dello spazio per soddisfare il desiderio umano, ancor prima che diventi urgente, già nel suo stato latente. È la visione di un mondo rinnovato che l’autore, con grande abilità divulgativa, sviluppa attraverso immagini e metafore assai brillanti: la transizione dei giochi, dalla fisicità del calciobalilla al flipper, fino alla virtualità del videogioco; il diffondersi di una nuova postura uomo-tastiera-schermo, ormai iconica del nostro tempo; fino al suono del click del mouse che, smaterializzandosi in un silenzioso gesto di sfioramento dello schermo, ci introduce a una sensibilità umana fatta di fluidità e leggerezza, figlia della “superficialità”.

Un’umanità e una realtà mutate così profondamente che l’autore per approfondirle è costretto a ricorrere a figure nuove, dall’iperuomo digitale all’oltremondo del Web, neologismi figli di un intreccio crescente tra esperienze digitali e reali, dimensioni che, come ci indica l’autore, ormai non vanno più considerate separate: “Capitemi bene: non sto dicendo che l’habitat dell’iperuomo digitale sia l’oltremondo del Web. La cosa è ben più sofisticata. Il suo habitat è il sistema di realtà a doppia forza motrice, dove la distinzione tra mondo vero e mondo virtuale decade a confine secondario, dato che l’uno e l’altro si fondono in un unico movimento che genera, nel suo complesso, la  realtà. Quello sì che è il campo da gioco dell’uomo nuovo, l’habitat che si è costruito su misura”.

Accanto ad intuizioni davvero brillanti e cambi di prospettiva inediti, il saggio di Baricco offre al lettore un contenuto divulgativo davvero apprezzabile. Nell’affrontare temi di grande complessità, l’autore rinuncia sistematicamente alla prospettiva mentale dell’esperto, mantenendo sempre vivo un coerente intento narrativo, tipico dello scrittore. Ne deriva una struttura espositiva convincente ed accessibile, capace di offrire un quadro solido di eventi e fenomeni per la loro natura complessi e sfuggenti.

Un elemento distintivo del saggio è la scelta di adottare una chiave interpretativa forte, attorno alla quale far gravitare la selezione dei dati, degli eventi e dei protagonisti. Un approccio senza dubbio originale per un saggio sulla rivoluzione digitale, che lo rende non solo efficace sul piano divulgativo ma anche in grado di posizionarsi in modo incisivo all’interno del dibattito culturale. Nello spirito del Game, il libro riesce a conciliare, con grande naturalezza, il lavoro di ricerca e di ricostruzione con una linea di storytelling nitida e coerente.

A volte si ha l’impressione che Baricco, storyteller tra i più avveduti ed apprezzati del panorama editoriale italiano, scelga deliberatamente di proporsi al lettore con frequenti cambi d’abito, che lo vedono a tratti storiografo, antropologo, geologo e persino cartografo. Abili espedienti di scrittura con cui l’autore riveste il proprio intento narrativo. Persino le mappe che disegna appaiono suggerire qualcosa di più di un tracciato. Sono mappe che delineano a una storia, e spesso sottintendo una domanda cruciale per una trama, a cominciare da quella che, più di altre, ispira la parte conclusiva del saggio: quale posizione possiamo assegnare all’uomo nel nuovo universo digitale che lui stesso ha creato?

Di fronte questo interrogativo, Baricco non mostra esitazioni e sceglie di collocare l’uomo al centro della nuova realtà. Perché, per quanto smaterializzato e reso virtuale dalle nuove tecnologie, il nuovo mondo resta soprattutto il frutto dell’immaginazione e del desiderio umano. Una profonda trasformazione che rievoca i grandi punti di svolta del pensiero occidentale, dalla rivoluzione copernicana a quella darwiniana. Una trasformazione che, per quanto segnata dall’avvento di macchine sempre più potenti e intelligenti, va ricondotta nell’orizzonte dell’umanesimo.

Qualcosa che va oltre l’idea ricorrente di un recupero dello spirito perduto dell’umanesimo ed è riconducibile piuttosto a una visione rinnovata di esso: un nuovo umanesimo che Baricco indica con il termine di “Contemporary Humanities”, un umanesimo proteso in avanti, verso il Game.

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SCHEDA DEL LIBRO

Titolo: The Game

Autori: Alessandro Baricco

Editore: Einaudi

Anno edizione: 2018

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